Capitolo XVII

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Capitolo XVII

Il campanello dei vicini di casa di Davide e Claudia strimpellò forte ben prima delle otto di mattina, e la padrona di casa passò in fretta dall'avere gli occhi pieni di sonno all'avere uno sguardo iracondo pronto a fulminare chiunque fosse l'artefice di quel suo brusco risveglio.
Ma quando aprì la porta tutta la sua -motivata- rabbia lasciò spazio stupore e tristezza.

Davanti a lei, con l'aria di chi era distrutto più dal dolore che dalla stanchezza e il piccolo Guido tra le braccia, si trovava il magistrato.
- Mi perdoni davvero, ma mi ha chiamato mio cognato dall'ospedale meno di mezzora fa; mia moglie è peggiorata improvvisamente e devo andare da lei.-
Mentre parlava alcune lacrime avevano cominciato a scendergli lungo il volto.
- Ho svegliato il bambino, l'ho lavato e cambiato ma non ho fatto in tempo a fargli fare colazione perché si è riaddormentato. Sono mortificato, se non fosse strettamente necessario non lo farei, ma devo chiederle se posso lasciarlo qui e se lei può portarlo all'asilo. So che sua figlia e il mio bambino frequentano la stessa scuola materna.-
La donna annuì e li fece entrare.
Misero subito il piccolo a riposare sul divano mentre i due adulti si scambiavano i numeri di telefono e altre informazioni utili in quel momento delicato
- Allora rimaniamo che io riporto il bambino qui da me oggi pomeriggio, se invece, come mi auguro, la situazione migliora lei mi avvisa, giusto?-
- Sì, certamente. Grazie mille, davvero, e mi perdoni per il disturbo...- Salutò ancora mortificato.
- Non si preoccupi, adesso pensi a sua moglie.-
Davide lasciò un'ultima carezza al figlio addormentato e uscì.
Scese le scale di corsa, come se fosse per lui fondamentale recuperare anche pochi secondi, e si buttò in macchina.

Il viaggio fu terribile, perché ad ogni semaforo rosso gli pareva di sentire la moglie più lontana, come se avesse la certezza di arrivare in ospedale tardi e fare la peggiore delle scoperte.
In realtà, fortunatamente, quando vi giunse trovò il suocero in lacrime e il cognato tra un pugno al muro e una bestemmia, però Claudia era ancora viva.
Gravissima, ma viva.
Gianluca lo prese da parte.
- La situazione è precipitata; da stamattina alle cinque la febbre è sopra ai quaranta e non accenna a scendere.
In più lei non dà segni di coscienza, non parla e probabilmente non capisce neanche ciò che le accade intorno.
Adesso l'hanno intubata e portata in terapia intensiva, dove le misure per starle accanto sono ancora più restrittive.-
- I medici cosa dicono?-
- Cosa vuoi che dicano? È terribilmente grave, neanche loro si spiegano la situazione e non vogliono darci nessun tipo di falsa speranza, ma questo mi pare sia stato chiaro fin da ieri, no?-
Il magistrato annuì. - Tuo padre cosa sa?-
- Ufficialmente poco, i medici hanno chiare disposizioni di parlare solo con me o te, ma non è difficile capire quale sia la situazione. E poi si tratta di sua figlia, forse lo sente dentro quanto sia grave.- Si fermò un secondo, poi riprese a parlare guardando il cognato. - L'unica cosa buona, per così dire, che mi ha detto l'oncologo su Claudia è che le danno forti antidolorifici, quindi non soffre, o comunque soffre meno di quanto soffrirebbe altrimenti. È una magra consolazione, lo so, ma non abbiamo altro.-
- Tu cosa pensi? Non in base a quello che dicono i medici, ma proprio quello che pensi tu su Claudia e su questo suo peggioramento.-
- Io... io penso che ce la farà, che mia sorella è forte, che non può lasciarci così. Il medico ha stimato che il tumore si sia insediato nel suo corpo da almeno cinque o sei mesi, quindi minimo da Gennaio se non da Natale, eppure lei ha continuato a fare quello che faceva, ha portato avanti prima il lavoro come ministro, poi la crisi di governo, la campagna elettorale, i suoi compiti da parlamentare, e nel frattempo mi pare non via abbia mai fatto mancare nulla neanche come moglie e madre, no?-
- Assolutamente no, è stata la stessa fino al momento del ricovero... io vorrei avere la tua capacità di pensare positivo, ma al momento purtroppo non riesco a sperare che andrà tutto bene, anzi...-
La giornata passò lenta, si alternavano al capezzale di Claudia e Davide continuava a parlare con i medici in attesa di qualche novità positiva, ma da parte di Francesco e dei suoi colleghi non arrivava nulla.
Il magistrato tornò a casa poco prima di cena, alla fine avevano deciso che sarebbe stato Gianluca a fare la notte in ospedale, di nuovo.
Era difficile, inutile negarlo, perché lui aveva un lavoro, una moglie e dei figli e da oltre ventiquattro or non si muoveva da quella stanza, ed era dura anche per l'altro, perché una parte del suo cuore era ormai certa che Claudia non sarebbe sopravvissuta a quella maledetta infezione.

Ma c'era Guido, e non se l'era sentita di lasciarlo solo nella notte più lunga della loro vita.
Aveva salutato la moglie dandole, con in mezzo la mascherina chirurgica, un bacio sulla fronte bollente, chiedendole di lottare ancora e non fare scherzi, poi era uscito con le lacrime agli occhi domandandosi se durante quelle interminabili ore appena passate lei avesse sentito qualcuna delle mille dolci parole che lui e gli altri due uomini le avevano sussurrato.
Invitò il signor Oreste da lui e recuperò il figlio dalla vicina.

Guido era decisamente tranquillo; forse aveva capito che qualcosa alla madre era successo, ma di certo non poteva comprendere quanto grave fosse.
Vedere il bambino calmo rincuorò un minimo il padre ed il nonno, i quali, ormai certi di star per perdere la donna più importante della loro vita, cercarono in lui una piccola consolazione, soprattutto sapendo che avrebbero dovuto crescerlo loro se lei davvero non ce l'avesse fatta.
Cenarono con il televisore spento e i telefoni, quello di casa e i due cellulari, sul tavolo, il volume della suoneria al massimo per non perdere neanche un minuto nel caso Gianluca li avesse chiamati.
Non squillò nulla, e furono loro a cercarlo più tardi sperando in qualche buona nova.
Ma era tutto uguale, Claudia stava male e la notte sarebbe passata lentissima.
Misero a letto Guido all'ora di sempre, ma sia Davide che il signor Oreste tirarono tardi in cucina.
Parlarono, bevvero un poco, alla fine giocarono addirittura a carte per ridurre la tensione.
In quel momento più che mai si sentivano estremamente fortunati ad andare d'accordo l'uno con l'altro, perché altrimenti quel periodo sarebbe stato ancora più difficile per tutto, altro nervosismo in casa era l'ultima cosa di cui avevano bisogno tanto loro quanto lei.
Il telefono riprese a tacere e nei due uomini si instaurò la sicurezza che ogni minuto passato senza chiamate da parte di Gianluca era per la donna un minuto in più non solo di vita, ma soprattutto di lotta e possibilità di vittoria.
Si coricarono vero l'una, entrambi con vicino il proprio cellulare.
Quando arrivò la mattina Davide controllò il telefonino come prima cosa e notò un SMS da parte del cognato.
Non seppe spiegare neanche a se stesso la sensazione positiva che provò mentre il messaggio si apriva, ma quando lesse le poche righe fu felice di scoprire d'aver ben riposto la sua istintiva speranza: "Temperatura alle OO:O6 39.1°. Il medico ha detto di non essere ancora troppo ottimisti, ma possiamo iniziare a riporre il pessimismo di ieri."


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