Capitolo XI

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Capitolo XI


Di amiche femmine, da bambina, Claudia ne aveva avute diverse.
Poi, con l'inizio delle scuole medie e del rapporto quasi esclusivo con Oscar, aveva smesso di frequentare le ragazzine della sua età, e quella scelta, volente o nolente, era andata avanti fino all'inizio del ginnasio, quando tra tante conoscenti aveva finalmente trovato qualche amica.
Era ancora in contatto con quasi tutte, tempo permettendo, ma quella che alla lunga era rimasta la sua vera migliore amica si chiamava Isabella.
Era stata la sua prima vicina di banco alle superiori e non solo, visto che come lei aveva preso medicina e poi la specializzazione in neuropsichiatria infantile.
Quella di Isabella, in realtà, era stata una scelta dovuta più ad un accordo che a una vocazione.
Il padre, il nonno e i due fratelli maggiori erano tutti medici del cervello, tra un neurologo, due neurochirurghi e uno psichiatra, e lei, a cui la medicina era sempre piaciuta, sarebbe voluta diventare pediatra.
Nessuno l'avrebbe mai ostacolata, non lo avrebbero fatto neanche se avesse scelto un'altra facoltà, ma lei si era sentita quasi in soggezione e alla fine, forte anche del fatto che avrebbe avuto la sua migliore amica con sé, aveva optato per quella scelta.
Un accordo, appunto, un compromesso tra ciò che lei amava, i bambini, e ciò che sembrava scorrere davvero nei geni di famiglia.
Quando Claudia le aveva telefonato la sera di martedì tre Giugno, Isabella, madre di un bambino di un paio di anni, era intenta a mettere a letto il figlio e aveva così richiamato l'amica alcuni minuti dopo.
Avevano avuto una lunga conversazione in cui avevano parlato un po' di tutto, politica compresa, vista la vicinanza delle elezioni, e solo alla fine la Deputata le aveva detto di aver bisogno di vederla e parlare di persona il prima possibile.
Si erano date appuntamento per un caffè nel pomeriggio seguente in un bar dello stesso centro commerciale dove era stata Claudia alcuni giorni prima di ritorno da Ostia, e non era stata una scelta casuale.
Avevano potuto infatti passeggiare a lungo tra le vetrine distraendosi un poco prima di sedersi al tavolo di un bar per il caffè e la pesante confessione che la comunista aveva da fare.
Parlarne con la migliore amica era stato difficile proprio come farlo con suo padre, suo fratello e suo marito, e Isabella, che era una donna e poteva permettersi di farlo anche in pubblico, si era messa a piangere.
Leggera, senza dare nell'occhio né singhiozzare troppo forte, ma aveva pianto.
- Scusa.- Aveva poi detto a Claudia asciugandosi gli occhi. - Scusa, dovrei sostenerti e farti sfogare se ne hai bisogno, non piangere io. Ma è così assurdo.-
Come suo solito l'altra donna sorrise e si finse forte, perché il dolore e la debolezza li trovava privati, così privati da doverli mostrare il meno possibile anche alle persone che le volevano bene.
- Quando comincerai le terapie?-
- Entro una decina di giorni, appena possibile ma dopo le elezioni.
- Sei preoccupata?-
Claudia tacque un attimo.
- Sono stranita, più che altro. Non ci pensi mai al fatto che possa capitare a te. Non voglio che chi amo mi veda stare male e oltretutto non ho ancora detto nulla a mio figlio.-
- Coraggio, tesoro. Guido è un bambino intelligente, capirà la situazione e saprà anche aiutarti a modo suo, vedrai.-
Isabella riuscì a strappare un sorriso all'amica, anche se per Claudia non era semplice togliere il pensiero dal suo piccolo.
- A Settembre inizierà la scuola elementare e continuo a chiedermi se andrà tutto bene e sarà come gli altri o se scopriremo che qualcosa non va, magari perché ha un disturbo dell'attenzione, una dislessia o non so cos'altro, e ho paura di non essere in grado di accorgermene né di saperlo aiutare. Senza contare la paura degli effetti che la mia malattia potrà avere su di lui...- Isabella strinse forte le mani sudate d'ansia dell'amica.
- Anche se hai smesso da più di tre anni di lavorare sul campo credo tu abbia ancora gli strumenti per scacciare queste paure, lo sai. Chi di te può capire meglio se tuo figlio ha di queste problematiche? E poi se ci fosse bisogno non pensare due volte a chiamarmi, per lui, per te e per qualsiasi altra ragione, lo sai. Io ci sono sempre, e ti voglio bene.-
- Lo so Isa, lo so. E ti voglio bene anche io, grazie davvero.-
Si alzarono per lasciare il bar, e Claudia pagò dicendo che era il minimo che potesse fare.
Ancora scossa dalla notizia, Isabella decise di fare un altro giro per negozi assieme all'amica.
Per caso passarono di nuovo davanti al negozio dove la donna ammalata aveva acquistato i due foulard qualche giorno dopo, e decise di prenderne un terzo facendosi consigliare dall'altra.
In quel modo erano riuscite a sorridere entrambe, in quel momento, ridendo anche della malattia. Si trattava, forse, di un piccolo traguardo, soprattutto per la parlamentare.
Prima di scendere verso il parcheggio sotterraneo a riprendere le macchine e salutarsi Claudia decise di fare un'ultima tappa in un negozio di giocattoli dove aveva acquistato uno di quei kit per far giocare i bambini al dottore.
Voleva regalarlo a suo figlio nella speranza di poter rendere un gioco anche quel periodo, facendo il possibile per adattare tutto al suo modo di vedere le cose.
- Ci credi che non ha mai avuto nulla di simile?-
- Tuo figlio? Tuo figlio non hai mai giocato al dottore? No, direi che non ci credo!-
Claudia rise. - Non ha neanche sei anni, è piccolo per giochi simili. Ma visto che la situazione lo richiede preferisco cercare di non farglielo pesare, cercando di rendere adeguata alla sua età anche la malattia.-
- Sei una donna coraggiosa, amica mia, e quando Guido sarà più grande e potrà capirlo sarà orgoglioso di essere tuo figlio.- Le disse Isabella abbracciandola forte.
Mentre si trovava tra le braccia della migliore amica la donna assunse un'espressione triste, domandandosi se ci sarebbe ancora stata quando suo figlio sarebbe diventato grande.
Non voleva la compassione di Isabella, la quale con gli occhi magari lucidi le avrebbe detto di non fare quei pensieri perché, lo sapeva benissimo, aveva molte speranze di guarire e continuare la sua vita felice, non voleva rassicurazioni piene di parole di speranza e buoni sentimenti, preferiva tenere per se stessa le riflessioni sul futuro che, forse, non avrebbe mai avuto.
In fondo Claudia aveva accettato la sua situazione e avrebbe fatto il possibile per comportarsi sempre in modo razionale, e se un giorno Francesco le avesse detto o fatto capire che non vi erano più speranze lei avrebbe accettato quella prognosi, cercando di essere forte sempre, tenendo fino alla fine in mente il fatto che ciò di cui solo le importava erano i suoi cari, primo fra tutti Guido.
Non sapeva se ci sarebbe riuscita, la consapevolezza di una morte imminente era difficile per tutti, ma ci avrebbe provato.
Salutò Isabella con un altro lungo abbraccio, promettendole di dirle tutto quello che le sarebbe accaduto da lì in poi, e si diresse verso casa.
Nascose il regalo per il figlio e andò a parlare col marito per decidere come spiegare al bambino della situazione.
Ignaro di tutto, il piccolo giocava nella sua cameretta, e quando vide i genitori entrare insieme gli venne il dubbio che ci fosse qualcosa di strano.
Ma era solo un bambino, e non poteva capire tutte le cose dette silenziosamente dagli adulti.
- Amore vieni un attimo di là con noi?- Gli disse con dolcezza la madre.
- Va bene.- Rispose lasciando i suoi giocattoli.
Claudia prese il figlio in braccio e si andò a sedere sulla poltrona della sala. - Amore mio ti dobbiamo dire una cosa brutta ma molto importante.- Iniziò la donna, e il bambino fece una faccia strana.
- È successo qualcosa al nonno?-
- No, il nonno sta bene. È della mamma che dobbiamo parlare.- Spiegò il padre.
Guido girò la testa verso la madre e la guardò con gli occhi tristi.
- Devi partire ancora?- Le chiese. Ma la donna scosse la testa.
- No, amore mio. Io sono molto malata, e purtroppo per me adesso inizia un periodo molto difficile.-
- Hai ancora la febbre? Devi prendere l'antibiotico?-
nel sentire l'infantile ingenuità del figlio Claudia sorrise e si chiese se non sarebbe stato meglio non dire niente a un bambino così piccolo.
Ma visto che oramai aveva iniziato decise di andare fino in fondo.
Non gli disse propriamente di avere il cancro e di dover fare la chemioterapia, lui non avrebbe capito e sarebbe stato difficile spiegare, ma gli raccontò di come avrebbe dovuto fare delle cure molto pesanti per cui sarebbe dovuta andare in ospedale e lì sarebbe rimasta a lungo.

Ricordati di guardare il tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora