Ricordati di guardare il tramonto
Capitolo I
Roma, 2004.
Esiste un momento, nella vita di ogni essere umano, in cui bisogna scegliere.
Ma non una scelta come quella del liceo, dell'università, del matrimonio o dell'avere figli, scelte importanti ma quasi banali e scontate in una società che fa il possibile per omologare tutti gli individui.
No, la scelta che tutti prima o poi fanno è quella che spacca il mondo in due strade; da una parte il proprio passato, dall'altra un futuro troppo diverso per essere la sua naturale conseguenza.
Molti il momento di questa scelta neanche lo vivono ufficialmente, perché quando si scontrano con la possibilità di scambiare il passato per il futuro fanno finta di non vederla, convinti che sia un errore del destino o, se sono più cattolici, una trappola del Diavolo.
Si vanteranno poi per tutta la vita di non esserci caduti, sicuri che il loro percorso si stato l'unico moralmente ed umanamente possibile.
Altri, invece, sono affascinati e spaventato insieme da questa opportunità e provano in ogni modo possibile a far conciliare passato e futuro per la durata di tutta la loro esistenza. Fallisce nell'impresa oltre il novanta percento della popolazione, e il restante dieci non andrà mai a letto felice per due sere consecutive.
In fine c'è chi ha il coraggio di fare questa scelta sapendo che o la va o la spacca, che indietro non si potrà mai tornare e che non esisteranno mai più le mezze misure.
Sono poche le persone così coraggiose da affrontare il futuro o così codarde da volersi scordare completamente del loro passato, ma sono anche le uniche che non avranno mai rimorsi o rimpianti. Perché quando prendi in mano la tua vita, quando decidi per te a costo di andare contro tutti, allora sai che la scelta è giusta a prescindere dal dopo.
Claudia Petrolini aveva ventuno anni appena compiuti quando aveva deciso di fare parte di quest'ultima categoria.
Era estate e Roma assomigliava a una bambina, piena di colori, rumori, luci e cose da scoprire.
O almeno questa era la situazione nel centro, in quelle vie sempre affollate di cittadini romani e turisti.
Nel quartiere di Claudia la storia era diversa. Quando era bambina passava le estati nel cortile che congiungeva il suo palazzo e gli altri dello stesso isolato, un posto ombroso e fresco dove non c'erano pericoli ma solo altri ragazzini con cui passare il tempo.
La maggior parte dei genitori, lì, faceva il possibile perché i loro figli non si muovessero mai da quel cortile.
I piccoli che giovavano in quella zona venivano spesso da situazioni familiari complesse, erano bambini difficili e irrequieti, ed era facile venissero alle mani per questioni da poco, facendo presagire un futuro lontano da un qualsiasi tipo di scalata sociale o miglioramento delle condizioni di vita rispetto a quella delle famiglie di origine.Certo, c'erano anche ragazzini che malgrado le disagiate condizioni socioeconomiche da cui venivano volevano riscattarsi, magari studiando, ma erano considerabili mosche bianche.
A quattordici anni, nell'estate tra la terza media e la prima superiore, iniziava l'esodo.
Dal cortile al mondo lì fuori, pochi passi che cambiano per sempre le vite di quei ragazzini.Nascevano, lontano dal cortile, nuovi gruppi, nuove compagnie, e spesso bastava scambiarsi uno o due anni di età, lasciarsi giusto il tempo di qualche stagione, per ritrovarsi in strada troppo diversi da prima, separati per sempre pur continuando a vedersi ogni giorno nelle vie del quartiere o addirittura nell'androne di casa.
Lì di licei non ce ne erano, solo un paio di istituti tecnici e, ovviamente, le scuole elementari e medie che tutti quei ragazzini si erano trovati a frequentare.
Il fratello maggiore di Claudia, Gianluca, aveva passato gli anni delle superiori proprio come tutti i suoi coetanei della zona, studiando in uno di quei due istituti e girando a vuoto nei pomeriggi - forse troppi - in cui non c'era nulla da fare.
Solo dopo la maturità, vedendo la fine poco auspicabile che stavano rischiando i suoi amici, aveva deciso che no, quella vita non gli sarebbe piaciuta.
Si era iscritto ad ingegneria e sognava di fare un lavoro qualsiasi ma appagante.
I due ragazzi erano stati cresciuti dal padre, Oreste Petrolini, dopo che la madre era scappata da quel modo di vivere e da quel quartiere con un facoltoso avvocato quando Gianluca aveva otto anni e Claudia solo quattro.
La bambina era stata iscritta a scuola con un anno di anticipo nella speranza del padre che, stando più vicina al fratello durante gli studi, il rapporto tra i due figli potesse crescere con loro.
Fortunatamente era successo, anche se forse il merito non era stato della scelta del padre, ma per Claudia era stato meglio così.
Il signor Oreste aveva una piccola libreria, una bella sfida in un posto come quello.
Eppure con ciò che portava a casa era riuscito a tirare su i due figli, a farli studiare e a regalare loro una vita dignitosa.
Nell'estate del 1996, a tredici anni, anche Claudia - naturalmente un anno prima rispetto agli altri - aveva superato gli esami di terza media e aveva avuto la libertà di uscire dal cortile.
Ma non ne aveva poi approfittato così tanto, almeno non quanto facevano gli altri ragazzi di solito.
Stupendo, ma neanche troppo, tutti quelli che la conoscevano si era iscritta per l'anno scolastico seguente al liceo classico, malgrado non fosse comodissimo rispetto a casa sua, e così aveva deciso di passare i mesi estivi a riposare e preparasi, anche iniziando a studiare, all'avventura che avrebbe intrapreso dal settembre successivo.
Non erano mancate certo giornate al mare con parenti e amici, ma per il resto della stagione Claudia si era chiusa in casa o nella libreria del padre a preparare se stessa per la quarta ginnasio.
STAI LEGGENDO
Ricordati di guardare il tramonto
Chick-LitClaudia ha poco più di trent'anni ed è gravemente malata. E lo sa. Lo sa solo lei, e lo sa perché è laureata in medicina, non perché abbia fatto visite o analisi di alcun tipo. Per quelle non ha tempo, tra la famiglia, il lavoro in politica, la cam...