Capitolo IV
La stazione di Roma Termini alle sette meno un quarto del mattino era quasi considerabile vivibile.
Claudia vi si era avviata da sola con un taxi da casa sua dopo aver salutato Davide e dato un bacio al piccolo Guido che ancora dormiva.
Non avendo più grosse cariche se non quella di parlamentare aveva potuto fare tutto in completa solitudine, portando comunque un paio di occhiali scuri anche a quell'ora per evitare incontri spiacevoli e non desiderati.
Si fermò dal giornalaio per comprare "Il Manifesto", il quotidiano che per ovvi motivi preferiva, e si mise al bar per aspettare la partenza e fare una seconda colazione di certo più abbondante rispetto al caffè preso di corsa e con gli occhi ancora pieni di sonno nella cucina di casa.
Il treno sarebbe partito, se puntuale, alle otto precise, per arrivare poi alla stazione di Torino Porta Nuova poco dopo le undici e trenta.
Lì ci sarebbero stati due compagni ad attenderla. Sarebbe stata portata in albergo per darsi una sciacquata dopo il viaggio e poi avrebbe pranzato con alcuni dirigenti locali.
Nel pomeriggio avrebbe visitato la sede provinciale del partito e si sarebbe trovata nuovamente a cena con dei colleghi.
Il giorno seguente, invece, la mattinata sarebbe stata libera per avere così il tempo di riposare e preparare l'intervento al comizio del pomeriggio prima del quale, sempre in compagnia, avrebbe fatto un pranzo leggero.
Per l'ultima serata aveva educatamente declinato l'invito a cena e aveva proposto di salutare tutti con un aperitivo, sicura che si sarebbero rivisti o comunque sentiti dopo le elezioni, a prescindere dal loro risultato.
Il mercoledì mattina sarebbe partita di nuovo presto, nella speranza di riuscire a tornare a Montecitorio nel pomeriggio.
Sì, sarebbero stati tre giorni molto pieni.
Si accomodò nella prima classe del treno dieci minuti precisi prima della partenza, con in mano una bottiglietta d'acqua e il giornale che non aveva ancora terminato di leggere.
In viaggio non dormiva mai, forse per l'assurda paura di essere derubata o, forse più razionalmente, perché non ci riusciva, come in fondo capitava a molti.
Aveva con sé praticamente tutti i suoi dispositivi elettronici, durante quel viaggio; il computer, il tablet, lo smarphone e il lettore musicale, l'unico che non aveva attinenza alcuna con il suo lavoro ma di certo quello che, come donna e non come deputata, considerava il più importante.
Se qualcuno avesse guardato dentro a quello non avrebbe mai immaginato che potesse appartenerle, tra le canzoni vecchie di anni – talvolta decenni – e quelle più moderne che molti dei suoi colleghi più anziani avrebbero potuto considerare solo rumore.
Inoltre, ben nascosta, teneva una playlist di canzoni per bambini. Le faceva ascoltare a suo figlio quando dovevano affrontare un lungo viaggio e ogni tanto, benché se ne vergognasse e non lo avesse mai detto a nessuno, quando stava lontano da casa per parecchi giorni le ascoltava anche lei, per sentire in qualche modo il suo piccolo più vicino.
Passò il viaggio con le cuffie nelle orecchie, tentando comunque di riposare un minimo e dando talvolta uno sguardo al tablet per i soliti motivi, controllare la mai e sistemare qualche appunto.
Stava leggendo, in quel periodo, un libro di antropologia molto interessante sulle conquiste operate tra i vari popoli nei secoli – invasioni, guerre e così via -, volume consigliatole da un'amica.
Lo aveva con sé anche in quell'occasione, ma durante il viaggio di andata non lo aprì.
Verso Milano, quando ormai all'arrivo mancava poco più di un'ora, sentì di nuovo quello strano e violento dolore al fianco che tanto l'aveva stranita il giorno precedente, anche se questa volta le fu risparmiato il mal di schiena.
Tentò di mettersi più comoda sul sedile ma tutti i suoi gesti furono rallentati da una improvvisa assenza di respiro.
Aveva letteralmente fame d'aria, le pareva di annaspare in mare dopo essersi trattenuta troppo a lungo sotto l'acqua.
E se la situazione fosse stata quella non ci sarebbe stato nulla di strano.
Ma era su un vagone di un Frecciarossa Roma-Torino e tutta quella mancanza di fiao non era facilmente spiegabile, come non lo era stato il pomeriggio della domenica, quando per la prima volta aveva fatto i conti con quella che le pareva l'inizio di una crisi respiratoria.
Nuovamente dovette attendere diversi minuti prima che la situazione tornasse alla normalità, provando a fare respiri lunghi e profondi come quando dopo aver corso molto a lungo le doleva la milza.
Appena si riprese del tutto fu proprio pensare a quell'organo che le mise quasi una pulce nell'orecchio, facendole aprire in fretta il tablet per andare a fare una ricerca su internet.
Arrivó su Google e iniziò a digitare ciò che desiderava trovare, ma si fermò dopo poche lettere.
Cosa stava facendo? Formulava diagnosi sulla base di ciò che si sentiva e controllava su internet i sintomi per non far altro che accrescere un'ansia che tutto le faceva meno che bene?
Quello lo facevano gli ipocondriaci o comunque quelli che di medicina non sapevano molto. Lo avrebbero potuto fare suo marito o suo padre, arrivando alla drammatica conclusione che avesse chissà che terribile malattia.
Ma lei no, lei era un medico e di stupidi siti in rete non aveva bisogno.
Era semplicemente stanca, e presto avrebbe avuto tempo per riposare e tornare in forze.
Quando il treno arrivò a Torino Porta Nuova, naturalmente con cinque minuti di ritardo, Claudia stava meglio e aveva anche scacciato tutti i pensieri che l'avevano portata, poco prima, ad accendere così repentinamente il tablet.
Riconobbe subito le due persone che erano andate a prenderla, perché facevano parte di quel gruppo di colleghi che nel corso del tempo erano diventati anche qualcosa di simile a degli amici.
Li salutò calorosamente e poi rispose in modo positivo alle canoniche domande sul viaggio, omettendo ovviamente ciò che le era accaduto.
Andarono subito in albergo, una bella struttura del centro città, e la donna fu lasciata sola per sistemarsi e riposarsi un attimo prima del pranzo.
Ne approfittò per inviare un messaggio a Davide chiedendogli se fosse impegnato o potessero parlare.
Per risposta ricevette una telefonata dal marito.
- Amore! Come è andato il viaggio?-
- Bene, tutto a meraviglia. Tu come stai?-
-Io bene, ma non è per me che sono preoccupato ultimamente. - Dall'altro capo del telefono Claudia sorrise, con Davide era inutile tentare di non farlo impuntare, se pensava una cosa quella era.
- Sto bene, te l'ho detto. E poi lo sai; sono un medico, se qualcosa non andasse bene lo saprei.-
Il tono di Davide si fece più serio e preoccupato. - Il problema è proprio questo, Cla'; sei un medico, se qualcosa non andasse bene saresti perfettamente in grado di nasconderlo.-
La donna lasciò perdere, tanto non l'avrebbe avuta vinta contro i pensieri negativi del suo amato.
Cambiò discorso, chiese del figlio, raccontò del viaggio e parlò degli impegni che aveva in quei due giorni, senza però far capire quanto fossero pesanti per non farlo tornare alla discussione di partenza.
- È ora di andare, amore, devo salutarti.- Disse una decina di minuti dopo Claudia accorgendosi di essere quasi in ritardo.
- Sì, anche io tra poco ho un'udienza. Ci sentiamo questa sera? -
- Sì. Ti chiamo dopo cena così saluto anche Guido.-
- Va bene, amore. Ti amo.
- Ti amo anche io.-
Si salutarono e a Claudia venne subito voglia di buttarsi sul letto, distrutta dal viaggio e da quella stanchezza cronica che da settimane la perseguitava.
Ma ovviamente non ebbe che il tempo di riposare qualche attimo, perché l'orologio non perdonava e in breve si sarebbe dovuta trovare nella hall dell'albergo per andare a pranzo.
Si dette una sistemata cercando di apparire al meglio e abbandonò la stanza.
Il pranzo fu piacevole, conosceva di vista o nome tutti i dirigenti regionali, era vero, ma trovarsi a tavola con loro fu tutt'altra cosa.
Benché l'occasione fosse abbastanza formale per Claudia condividere un pasto significava, da sempre, abbattere un poco il muro di serietà che tipicamente esisteva tra gli uomini in giacca e cravatta.
Uomini metaforicamente parlando, ovviamente, perché per fortuna era sempre maggiore il numero di donne come lei.
Non parlò molto, l'ex ministro, ma ascoltò tutto ciò che si discuteva tra i commensali, rispondendo solo quando veniva interpellata o si sentiva in dovere di dire la sua su qualche argomento.
Poteva non sembrare, a leggere la sua biografia, ma in realtà era una donna molto timida, sempre attenta a non dire una parola di troppo o rischiare di offendere qualcuno.
Aveva un buon carisma, a dire il vero, e spesso in quegli anni si era trovata a fronteggiare colleghi anche più anziani tendendogli sempre testa con fermezza, educazione e anche un pizzico di eleganza tipicamente femminile, dimostrando costantemente come non ci fosse bisogno di volgarità e insulti per avere la meglio in una discussione.
Malgrado quello, però, preferiva sempre ascoltare ed intervenire raramente, solo a proposito e con poche parole corrette.
Mangiarono fresco anche quel giorno, nulla di troppo cucinato o elaborato visto che il caldo si faceva sentire anche lì, e si trattò di piatti appartenenti alla tradizione piemontese che lei non aveva mai sentito nominare. Fu però felice di poterli assaggiare, questo era uno dei lati positivi del suo lavoro.
Appagata dal pranzo ebbe la possibilità di tornare per un paio d'ore in albergo e finalmente riposare davvero.
Non dormì per paura di non svegliarsi poi in tempo, ma rimase sdraiata sul letto appoggiando comodamente la schiena sul materasso nella speranza di dare un po' di conforto ai dolori che da giorni la colpivano sempre meno sporadicamente.
Si mise in piedi poco prima delle diciassette per prepararsi nuovamente ad uscire.
Non era mai stata una di quelle donne così fissate con l'aspetto fisico da passare ore davanti allo specchio, né tanto meno capace di fare trucchi esagerati e vistosi così da essere sempre al centro dell'attenzione.
No, lei ci teneva ad essere curata il giusto e solo per se stessa, per non vedersi mai come appena sveglia.
Uno spettacolo, quello, che aveva sempre considerato poco gratificante, malgrado Davide le ripetesse da anni quanto considerasse dolce l'aria da bambina che aveva nel momento in cui apriva gli occhi alla mattina.
Fu rapidamente pronta e si trovò, ancora una volta, nella hall con un leggero anticipo.
"Sempre meglio essere in anticipo che in ritardo", pensò accomodandosi su una delle poltroncine rosse che si trovavano lì nell'atrio.
Poco meno di due minuti dopo fu raggiunta da un collega piemontese che conosceva da parecchio tempo, Martino Ozzano.
- I sondaggi non sono positivi.- Le disse sbattendo la copia di un giornale, che Claudia non riconobbe, sul piano formato dall'unione dei braccioli delle due poltroncine.
- I sondaggi non sono mai generosi con chi ha appena governato, figuriamoci se lo sono con chi il governo l'ha fatto pure cadere.- Sospirò la donna.
Sì, non si prospettava un buon risultato per le elezioni in vista, era già tanto se si fosse arrivati a percentuali definibili decenti senza risprofondare nel buio di alcuni anni prima.
- Tu pensi di tornare in Parlamento, immagino.-
- Sì, se si entra dovrei farcela. E tu? So che ti hanno proposto la candidatura qui nelle liste del Piemonte ma hai rifiutato, perché?-
L'uomo sorrise. - Qui abbiamo un ottimo bacino elettorale, è vero, e mi era stato proposto di essere capolista, praticamente sarei stato certo di entrare. Ma non ho trent'anni, e anche in Senato c'è gente molto più capace di me. No, io è tutta la vita che mi occupo del piccolo, del locale, e non voglio cambiare adesso.
E poi Roma è così caotica-
Risero entrambi.
In effetti aveva ragione, anche se Claudia era troppo affezionata alla sua città per ammettere tutti gli svantaggi che poteva avere vivere nella Capitale.
Mentre parlavano non si accorsero dell'arrivo delle ultime persone che aspettavano per uscire, ma ci misero poco a recuperare il gruppo.
La sede provinciale del Partito non era molto distante dal punto del centro di Torino dove era sito l'albergo, e ci arrivarono a piedi in pochi minuti.
Ad aspettarli vi erano altri colleghi e parecchi ragazzi iscritti alla giovanile del partito.
Claudia era sempre affascinata dai giovanissimi che si avvicinavano alla politica, a prescindere dal loro orientamento.
Vedeva in loro una speranza e, malgrado non fosse poi così grande di molti di quelli, li guardava con fare quasi materno, senza però mai sentirsi in qualche modo superiore o migliore solo per la rapida carriera che aveva fatto.
Per quei ragazzi, inoltre, lei rappresentava un esempio, soprattutto per quelli che smanettando un po' con internet erano riusciti a scoprire qualcosa in più sulla vita della donna.
Fu un bel pomeriggio; ci furono discussioni sul futuro del partito e del paese, molte domande su cosa sarebbe accaduto nel momento in cui sarebbero andati all'opposizione e qualche uccello del malaugurio che chiedeva quale comportamento avrebbero dovuto tenere se non avessero superato la soglia di sbarramento.
I più anziani, memori degli scarsi risultati dei decenni passati, consideravano quello che era accaduto tre anni prima un miracolo che non sarebbe mai più ricapitato.
Qualche ragazzo, invece, era molto più positivo e diceva che, non quella volta ma di certo quella successiva, sarebbero tornati al governo.
- E chissà, forse proprio qui c'è qualche futuro ministro.- Aveva scherzato Martino Ozzano.
Claudia si era messa a ridere e in breve si era trovata di nuovo a combattere contro il dolore al fianco e la mancanza di fiato, facendo come al solito il possibile per non mostrare nulla.
Solo l'uomo si accorse della strana smorfia comparsa sul volto della donna, e la guardò cercando di capire cosa le stesse accadendo.
Ma ottenne come risposta un normale sorriso, sincero ed educato, che lo spinse a non fare altre occhiate o domande.
Salutarono tutti quando mancavano pochi minuti alle sette, e tornarono verso l'albergo per prepararsi alla cena.
Sarebbe stato un pasto molto meno formale di quello precedente; avrebbero mangiato sushi in un noto ristorante giapponese del centro e sarebbero state davvero poche persone, forse neanche una decina.
La donna si diede una rapida sistemata e telefonò a casa, dove con sua grande sorpresa trovò anche il padre.
Se era riuscita a calmare il marito quella mattina, quando ancora una volta lui si era preoccupato per la sua salute, con il signor Oreste non era stato facile porre fine alla discussione che andava avanti dalla mattina precedente.
Lo capiva, era vero, anche lei era sempre attenta alle condizioni di Guido, e non avrebbe di certo smesso il giorno in cui – già sapeva che sarebbe successo troppo presto – il suo bambino sarebbe diventato un uomo, ma trovava eccessivo quel suo continuare a pressarla.
Anche perché non le faceva bene, la portava a porsi domande che non voleva farsi e ad agitarsi, senza contare che non le piaceva discutere con quella che era una delle persone più importanti della sua vita.
Fortunatamente riuscì a non alzare troppo la voce e a dargli la buonanotte senza nuovi screzi, per poi passare a salutare il bambino, che le domandò se ci sarebbe stata a fine mese per la festa del suo diplomino alla scuola materna.
Lei disse che sì, a prescindere dai suoi impegni ci sarebbe stata quella sera, e fu contenta di sentirlo felice, almeno lui che non nutriva nessun tipo di preoccupazione per lei se non quella che non ci fosse nei momenti dei suoi piccoli ma importanti traguardi.
Chiuse la telefonata col sorriso sulle labbra.
Aveva una famiglia splendida, dopo tutto, e anche quel loro continuo preoccuparsi per lei eri un modo per manifestare affetto.
Guardò l'orologio e si accorse di avere ancora diversi minuti liberi, così sospirò e decise di accendere il tablet e fare la ricerca che aveva iniziato quella mattina sentendosi sciocca.
Più il tempo passava più iniziava, segretamente e facendo il possibile per ostentare il contrario, a pensare che forse stava davvero male, forse non era solo stanca e, sempre forse, avrebbe dovuto fare qualcosa.
Ma era davvero impegnata, in quel periodo, e per quanto la salute potesse essere importante non aveva proprio il tempo di preoccuparsene. Né tanto meno avrebbe avuto il tempo di mettere in pausa tutta la sua vita per una cosa simile.
Lasciò perdere quei pensieri assurdi, stava decisamente fantasticando.
Sì, poteva essere che fosse malata se lo stress fosse stato classificato come una vera e propria malattia organica, altrimenti non vi potevano essere altre spiegazioni logiche.
Quando quella mattina aveva di colpo spento il tablet considerandosi una stupida aveva sentito uno strano brivido freddo, come se avesse davvero paura di qualcosa.
In quel momento, invece, i sentimenti che provava erano totalmente opposti; la ricerca che stava per fare le serviva per stare tranquilla, confermare che le sue farneticazioni non fossero altro che tali.
Mentre si caricava il sito che cercava accese la televisione per guardare il telegiornale e aggiornarsi su ciò che era accaduto nel paese durante il giorno, compito oltretutto necessario dato il suo lavoro.
Pochi attimi dopo sentì bussare alla porta della sua stanza e, aprendola, si trovò davanti Ozzano.
- Scusa, è che non ti vedevo scendere e ho pensato che ti fossi scordata di guardare l'orologio.- Sorrise alla donna.
Claudia ricambiò il sorriso e ammise il suo essere in ritardo.
Si scusò un attimo e finì rapidamente di prepararsi.
Prima di uscire dalla stanza spense il televisore e guardò il tablet sul letto.
Ancora una volta non era riuscita a fare quella ricerca, e si convinse che fosse un segno di qualcosa che le diceva di stare tranquilla.
Scese chiacchierando assieme al collega pensando a tutt'altro, e allo stesso modo fecero la strada verso il ristorante.
Claudia aveva raramente mangiato Giapponese, benché non fosse mai stata restia ad assaggiare cibi di tradizioni diverse dalla sua.
Non le dispiacque, tanto che si promise di trovare un ristorante simile a Roma e portarci una volta Davide e il piccolo Guido.
Come aveva immaginato erano pochi, sette persone totali di cui tre donne, e questo aveva facilitato il nascere di una discussione unica e non di tanti piccoli discorsi tra due o tre commensali.
Inoltre erano stati fatti accomodare in un tavolo di forma circolare che di certo aiutava a parlare con poco ordine, ma almeno tutti assieme.
Forse anche grazie a quello Claudia aveva parlato più che a pranzo, talvolta iniziando anche lei qualche discussione.
Verso le dieci, quando ormai avevano tutti finito di cenare e molti non avevano ancora voglia di tornare a casa, uscirono dal locale e fecero quattro passi per il centro, in direzione Piazza Vittorio Veneto.
Si sentirono lievemente a disagio nel mischiarsi alla folla dei giovani che, benché fosse lunedì sera, giravano senza meta per le vie della movida torinese.
Quando però superarono il ponte sul Po e si trovarono davanti al piazzale della Gran Madre si sentirono come se fossero in pace col mondo, lontani da ogni preoccupazione.
Martino Ozzano indicò a Claudia la Basilica di Superga, che lei già di nome conosceva per la tragedia dei giocatori del Torino accaduta diversi anni prima, e le disse che, a parer suo, sarebbe dovuta tornare a visitare la città con più calma, una volta o l'altra.
- È bella davvero, potresti venire su con tuo marito e tuo figlio, prima o poi. Se non ricordo male hai un bambino piccolo, vero?-
- Sì, ha quasi sei anni.- Rispose pensando a Guido e a come ne sentisse la mancanza.
- In effetti Torino è una bella città, elegante. Chissà, forse quando il bimbo sarà più grande e io avrò un po' più di tempo potremmo tornare davvero.- Commentò.
Le piaceva viaggiare, e se avesse potuto scegliere un'altra vita avrebbe fatto la viaggiatrice o qualcosa del genere.
Tra una cosa e l'altra si era ormai fatta quasi mezzanotte quando Claudia salì sul taxi che l'avrebbe riaccompagnata in albergo.
Ozzano le aveva proposto di accompagnarla ma lei aveva cortesemente rifiutato; l'uomo viveva dall'altra parte della città e sarebbe rincasato troppo tardi. Il giorno seguente si prospettava impegnativo e non sera il caso ci arrivassero stanchi.
Inoltre la Deputata aveva preferito rimanere sola per fare un'ultima telefonata al marito e augurargli la buonanotte.
In camera rivide il tablet ancora pronto a chiarire i suoi dubbi ma lasciò perdere, era troppo stanca.
E vista la giornata appena trascorsa fu felice, per una volta, di poter giustificare tutta quella stanchezza.
Ripensò, prima di dormire, a quegli ultimi giorni; il dolore, il sudore notturno, la stanchezza, la febbre, le discussioni in casa e le sue strane ricerche incompiute.
Rifletté a lungo su ciò che le stava succedendo e su cosa dovesse pensare a riguardo, fino a che il sonno non ebbe il sopravvento su ogni pensiero.
Sognò poco, quella notte, e furono sogni agitati che non ricordò mai.
Quando era più piccola, all'università o ancora prima, al liceo, le capitava spesso di avere periodi di notti convulse, soprattutto in momenti della sua vita molto pieni.
Crescendo, forse anche grazie alla vicinanza costante di Davide, erano man mano sfumate, e quando alle sei del martedì mattina si svegliò ancora con il cuore in gola sentì dentro di sé la voglia di piangere e maledirsi per le sue scelte di vita.
Avrebbe voluto buttare tutto all'aria, lasciar perdere ogni cosa, dal suo lavoro a quella laurea in medicina tanto sudata.
Sudata come quelle lezioni in cui si rigirava desiderosa di riaddormentarsi il prima possibile e risvegliarsi in un'altra vita.
Andò in bagno e si buttò sotto la doccia fredda, cercando di ragionare e scindere i suoi incubi e le sue paure dai suoi reali pensieri.
Si sentì confusa, persa, sola.
Come se tutto quello fosse un oscuro presagio di qualcosa che non capiva e non voleva capire.
Stava forse impazzendo? Magari la ragione era davvero in chi le diceva di prendersi una pausa?
Ma da cosa? In quella notte terribile avrebbe voluto prendersi una pausa dal vivere, non dal lavoro o dalle sue occupazioni di moglie e madre.
Dalle persiane chiuse si intravedeva l'alba pronta a risvegliare Torino.
La luce soffusa le parve la speranza di riprendere in mano il suo essere, annientato dalle quelle ore buie molto più della notte appena passata.
Ma ricadde addormentata in accappatoio poco dopo, stringendo il cuscino come da bambina stringeva il pupazzo senza il quale non dormiva.
Erano passate da poco le nove quando aveva riaperto definitivamente gli occhi.
Si era sentita immediatamente più tranquilla, come se quello che era successo fino a poche ore prima fosse stato un incubo anche nei momenti in cui era sveglia.
Fece una seconda doccia e si preparò con calma, fortunatamente aveva la mattinata libera.
Uscì verso le dieci, fece colazione fuori e si concesse un giro per i negozi di via Roma, una tra le vie più commerciali di Torino.
Non acquistò quasi nulla ma si rilassò molto, e dopo una nottata simile ne aveva davvero bisogno.
Tornata in albergo sentì Davide, omettendo ovviamente quello che era accaduto, e poi sai concentrò sul discorso del pomeriggio.
Si mise ad abbozzarlo sul suo tablet stando sdraiata sul letto, cercando quindi di riposare ancora un poco senza però togliere tempo al lavoro.
Nel corso degli anni era diventata bravissima a fare più cose contemporaneamente o a dividersi le ore del giorno così meticolosamente da riuscire a svolgere tutti i suoi compiti per bene e senza tralasciare nulla.
Era stato solo grazie a quei metodi che non aveva smesso di fare la mamma per fare il ministro o viceversa, e anche in quelle ultime settimane, mentre le forze le venivano meno, la sua organizzazione era stata il punto forte della sua vita, ciò che le aveva permesso sempre di quadrare il cerchio.
Non avrebbe parlato che pochi minuti, e doveva essere precisa, andare dritta al punto.
Iniziò facendo una scala dei contenuti, buttando giù un testo come bozza, correggendone la forma e ripetendolo davanti allo specchio calcolando i tempi.
Per sua fortuna non era poi così fuori dalla tempistica prevista, e ci mise meno di mezzora a mettere tutto a posto.
Nel ripeterlo per perfezionarlo si trovò nuovamente a doversi fermare a causa della mancanza di fiato e per un attimo riprovò la sensazione della notte e della giornata appena passati, la paura di qualcosa che non capiva.
Lasciò che il momento passasse provando a pensare ad altro e poi andò a farsi l'ennesima doccia per prepararsi per il pomeriggio.
Come la sera precedente decise di accendere il televisore sul notiziario mentre sistemava le ultime cose, ma quella volta stette ben attenta all'ora, perché non voleva ripetere l'imbarazzante incontro con Martino Ozzano avuto prima della cena Giapponese, quando l'uomo aveva bussato alla porta della sua camera.
Si guardò allo specchio subito dopo essersi truccata e sorrise.
Si trovò bella, riposata, non di certo ammalata.
Spense la televisione ascoltando distrattamente la notizia di un suicidio avvenuto a Roma.
Uscì dalla stanza pensando a quanto fosse fortunata ad avere una famiglia e un lavoro così soddisfacenti da non farle mai credere che valesse la pena smettere di vivere.
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Ricordati di guardare il tramonto
ChickLitClaudia ha poco più di trent'anni ed è gravemente malata. E lo sa. Lo sa solo lei, e lo sa perché è laureata in medicina, non perché abbia fatto visite o analisi di alcun tipo. Per quelle non ha tempo, tra la famiglia, il lavoro in politica, la cam...