Capitolo XXI
Fu la notte più lunga della sua vita, ancora più lunga di quando era in terapia intensiva.
Vedeva i medici che l'avevano portata via andare e venire, ma nessuno gli diceva nulla.
- Dobbiamo fare un'altra Tac, un'altra lastra, un altro esame.- Queste furono le uniche parole che si sentì dire per diverse ore, e ogni volta avrebbe voluto avere la forza per controbattere e chiedere cos'altro dovevano capire sulle condizioni di sua moglie.
Chiamò Gianluca appena si fu calmato e, scusandosi mille e più volte, gli chiese la cortesia di andare a casa sua per verificare se Guido e il signor Oreste stessero bene, stupendosi del fatto che il suocero non lo avesse chiamato.
Il cognato accorse senza farsi pregare e gli domandò anche se non volesse poi essere raggiunto in ospedale, ma su quello il magistrato fu irremovibile; voleva stare solo, anche se fosse accaduto il peggio.
Gli tornavano costantemente in mente gli attimi in cui Claudia era stata male, quel colpo di tosse e la successiva espressione che il volto della sua amata aveva assunto.
Paura, terrore, la disperata richiesta di aiuto di chi fino ad un attimo prima era felice, sorridente nonostante tutto.
Ripensava ai giorni precedenti, cercando nella sua memoria qualche piccola avvisaglia di quella terribile crisi respiratoria, ma rivedeva sua moglie felice il giorno del suo compleanno e in ogni momento passato con l'adorato figlio, nulla che facesse presagire quell'improvviso peggiorare della situazione.
Si chiese se ancora una volta lui non fosse stato troppo disattento o se lei non avesse nuovamente mentito sulle sue condizioni, ma tutte quelle domande rimanevano senza risposta, aggiungendo dolore alla preoccupazione.
L'unica certezza era la stessa di quando aveva avuto l'infezione dopo la prima chemio; nessuna nova, buona nova, almeno finché qualcuno non gli avesse detto qualcosa lui poteva sperare che, poco per volta, le condizioni di Claudia stessero migliorando.
Poco prima delle due, quando oltre a quella emotiva iniziava ad accusare anche una forte stanchezza fisica, fu raggiunto al pronto soccorso, dove attendeva da ore, da Francesco, quale era stato chiamato d'urgenza subito dopo l'arrivo della donna in ospedale.
L'oncologo gli chiese semplicemente di seguirlo e lo guidò tacendo fino al reparto di rianimazione, dove finalmente parlò.
- È ricoverata qui, per il momento di nuovo intubata. È stata male perché aveva i polmoni pieni di liquido, liquido che ora stiamo provando a drenare via. Se il drenaggio andrà a buon fine si stabilizzerà di nuovo, anche se dovremo a quel punto fare nuove analisi per capire se ci sia stato o meno un peggioramento delle condizioni dei polmoni come causa, o conseguenza, di ciò che è accaduto stasera.-
Il magistrato sobbalzò. - Potrebbero essere peggiorate le metastasi o potrebbe avere problemi permanenti ai polmoni?- Chiese agitato.
- È possibile, ma al momento attuale lo definirei improbabile. Certo è che il peggioramento di stasera dà da pensare.-
- Poteva essere in qualche modo prevedibile?-
Il medico scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. - Quando l'ho visitata lunedì ho sentito i polmoni più affaticati del previsto, e infatti le ho ordinato l'utilizzo della mascherina durante la notte.-
- Ed è stato ciò che abbiamo fatto, anche perché rendeva più tranquillo pure me. Ma a quanto pare non è stato sufficiente...-
- Se dovessi essere sincero da come stava a inizio settimana non mi sarei proprio aspettato una cosa simile. Forse sarebbe stato meglio passare a visitarla una volta in più in questi giorni, ma lei, testarda, mi aveva detto di no visto il nuovo ricovero incombente.-
- Pensi che lasciarla fare di testa sua continui ad essere un errore?-
- Probabilmente sì, ma forse sarebbe anche peggio toglierle quel minimo di controllo che ha sulla sua condizione a partire dalle sue conoscenze mediche, non lo so.-
Davide tacque un attimo, poi chiese al medico se potesse stare un pochino con lei e, dopo aver scritto un lungo messaggio a Gianluca per spiegarli la situazione, entrò nella stenzetta, cercando di trattenere tutto il possibile dai dieci minuti che gli erano concessi al capezzale della sua amata.
Le condizioni di Claudia, infatti, erano tali da non poter permettere a nessuno di starle accanto a lungo, così il marito fu costretto a passare il resto della notte seduto davanti alla porta chiusa lottando contro il sonno.
I giorni che seguirono non furono molto diversi da quelli che già avevano vissuto durante il primo ricovero; ore lunghe, interminabili, in cui per quanto gli era concesso si alternavano al fianco della donna mentre lei, a fatica, si riprendeva.
Guido era rimasto profondamente turbato nel vedere la madre stare male, e la diretta conseguenza era stata un aumento degli incubi notturni, delle paure, del bisogno di sentire Claudia al telefono malgrado questa non potesse parlare.
La speranza di una vita normale malgrado la malattia, la speranza che li aveva accompagnati dal momento in cui lei era stata dimessa a quello della crisi respiratoria, era completamente svanita, e a volte gli appariva impossibile anche credere che un giorno lei sarebbe guarita e la loro vita sarebbe tornata alla normalità.
Claudia rimase a lungo intubata, una sicurezza in più che continuò anche dopo che ebbe cominciato a riprendere conoscenza, mentre il drenaggio, sempre attivo, provava a tirare via il liquido che sembrava riformarsi costantemente nei suoi polmoni.
Ma non era peggiorata, spiegava Francesco, perché le analisi non mostravano un aggravamento di nessun tipo.
Semplicemente tutto, tanto la malattia quanto il processo di cure, rimanevano stazionarie in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa.
Davide, che tolta qualche visita al figlio non si era staccato dalla moglie finché lei non era stata in grado di sorridere e dire qualche parola, aveva iniziato ad informarsi per la richiesta di invalidità della donna durante il periodo della malattia, invalidità che, se accettata, avrebbe consentito all'uomo di starle vicino senza dover utilizzare troppi giorni di ferie.
Ma i lunghissimi tempi della burocrazia lo costringevano sempre più spesso ad andare a lavoro controvoglia, lasciandola sì tra mani esperte, quella di medici e infermiere, e amorevoli, quelle di Gianluca e del signor Oreste, che però non erano le sue.
Dal giorno dopo quel ricovero urgente e terribile si era infatti deciso che la donna non rimanesse mai sola in ospedale, neanche una volta che le sue condizioni fossero migliorate.
Anzi, soprattutto in quel caso, perché una volta tornata cosciente sarebbe stato ancora più importante farle compagnia, starle vicino durante i giorni in ospedale, sicuramente utili ma anche estremamente monotoni, tristi e deprimenti.
Il rischio che la malattia condizionasse in modo negativo il suo spirito c'era, era reale e non poteva assolutamente passare in secondo piano, perché il modo in cui affrontava quella sfida, se con forza e voglia di guarire o passivamente, facendosi passare addosso le cure e sopportando i loro effetti più per gli altri che se per se stessa, poteva in parte pregiudicare davvero le sue possibilità di guarigione.
Iniziava a farsi più chiusa, apatica, e non era un buon segno.
La sua insofferenza all'ospedale, che, se da medico non si era ovviamente mai manifestata, da paziente era sotto gli occhi di tutti, portava chi le voleva bene a sentirsi ingabbiato tra la voglia di dirle che sarebbe tornata presto a casa e la consapevolezza di non poterle mentire, perché lei stessa sapeva che di dimissioni all'orizzonte non ce ne erano.
La crisi respiratoria aveva obbligato i medici a interrompere la regolarità dei cicli di chemioterapia, e due violenti episodi di febbre, uno dei quali tanto preoccupante da fare temere degenerasse in polmonite, avevano contribuito a ritardarne la ripresa, con il risultato che Claudia sarebbe dovuta rimanere ricoverata ancora a lungo.
Una volta, mentre dopo la notte passata al capezzale della sua amata cercava ristoro con l'acquoso caffè delle macchinette, Davide aveva confessato a Francesco che, in fondo, vedere la moglie in ospedale per certi versi era quasi meglio. - Non fraintendermi, vorrei averla a casa, saperla in condizioni migliori sia a livello fisico che a livello mentale, ma continua a venirmi in mente il momento in cui è stata male, l'assoluta impotenza che ho provato mentre lei mi chiedeva aiuto con lo sguardo disperato, e davanti al rischio che ciò si ripeta preferisco mille volte che sia ricoverata.- Sospirò.
- Ti capisco benissimo, non è una situazione facile; da un lato sai che qui sta male, soffre la lontananza da casa e questo non le fa bene, ma dall'altro è chiaro anche a voi come qui sia più seguita e come si possa intervenire più facilmente nel caso le accada qualcosa.
Lo so, è difficile, e lo sarà ancora di più quando le sue condizioni miglioreranno e potrà tornare a casa, ma la cosa importante è che non vi facciate prendere dal panico e vi godiate i momenti insieme, sia a casa che qui.
Lei ha bisogno di cure non solo a livello medico, e lo vediamo sempre di più.-
Davide annuì. - Non vedo l'ora che questo incubo finisca, e pensare che se lei non avesse atteso tanto per farsi visitare forse non saremmo arrivati a questo punto mi fa rabbia, ma non posso darle colpe che non ha, sarebbe terribile, mi viene da sentirmi un mostro solo a pensarci.-
- Non possiamo tornare indietro e cambiare il passato, e hai decisamente ragione nel dire che darle delle colpe non sarebbe utile. Vedrai che andrà tutto nel migliore dei modi, il fatto che abbia superato bene sia l'infezione che la crisi respiratoria è un ottimo segnale, ora dobbiamo attendere che la chemioterapia sortisca il suo effetto, per poi procedere con gli interventi e la radioterapia per scongiurare il più possibile rischi di ricadute future.-
Il magistrato fu percorso da un brivido lungo la schiena, e fu la prima volta che ebbe paura anche pensando al futuro.
- È un rischio molto alto?-
- Non lo possiamo sapere per ora, ma è un rischio presente e che, in parte, potrà scemare nel tempo. Ma mai del tutto, purtroppo. Sarà molto importante fare i controlli con puntualità e stare attenti, questo sì, ma riavrete la vostra vita indietro, non dovrete farvi condizionare dalla paura, anche se capisco che potrà essere difficile.-
- Temo di sì. Ho cercato su internet qualche testimonianza, un po' per prepararmi a questo periodo e un po' per pensare positivo riguardo al futuro, e ciò che ho letto spesso è che dal cancro si guarisce ma dalla paura no, e di paura non si ammala solo il paziente. Ciò che temo, conoscendo me e conoscendo lei, è che io sarò troppo spaventato e le darà fastidio, fino al punto in cui tutto ciò minerà il nostro rapporto o, peggio ancora, fino a farle fare lo stesso errore che ha fatto in questi mesi, sottovalutare i segnali che le invia il suo corpo pur di mostrarsi forte, e sarebbe terribile.-
Francesco fermò il concitato discorso dell'uomo con un gesto della mano e gli sorrise nella speranza di tranquillizzarlo rispetto a tutte quelle nefaste previsioni che stava facendo.
- Stai correndo troppo con la fantasia, davvero. Sì, la paura rimarrà, e forse ogni influenza e ogni lieve malore di Claudia saranno fonte di preoccupazione, è vero. Ma lo saranno per tutti, lei per prima, perché sicuramente questa esperienza modificherà molte cose, e dunque dubito prenderà sottogamba la sua salute, d'ora in poi.
È vero, detta così sembra quasi che tutto quello che vi sta accadendo sia una punizione, ma spero si intenda che non sto assolutamente dicendo una cosa simile; neanche il peggiore dei criminali si meriterebbe il cancro come punizione, figurati una donna che voleva solo continuare la sua vita normalmente.
Riguardo al vostro rapporto, invece, non posso dire nulla, se non che, come sai, spesso momenti simili sono dure prove anche per le coppie, e troppe ne ho viste non reggere lo stress. Stalle vicino, cerca di capirla, è importante, là dove ti pare dica o faccia cose impossibili da capire non attaccarla, piuttosto prova a spiegarle dove stia sbagliando. Se ci sarà bisogno potrà indicarti il nome di qualche psicologo esperto in pazienti oncologici, ma anche quella di intraprendere una psicoterapia di supporto deve essere una sua scelta libera.
Soprattutto ricorda che non solo lei è fragile adesso; probabilmente lo sei anche tu, e non te ne devi vergognare. Ogni tanto prenditi del tempo per te stesso, stacca, vai a casa per rilassarti.
Hai bisogno di star bene tu per aiutare lei a stare meglio.-
- Hai ragione, anche se sembra tutto così difficile... comunque non voglio farti perdere altro tempo, e inoltre devo tornare da Claudia, magari si è svegliata e mi sta cercando.-- Nessuna perdita di tempo, anche questo fa parte del mio lavoro, inutile dirlo.
Però sì, vai da lei che ne ha bisogno, e se c'è qualche problema sapete dove trovarmi. -
- Sì, grazie davvero.-
I due uomini si salutarono e Davide si avviò verso la stanzetta della moglie.
Era ancora in rianimazione, per quanto poco per volta stesse migliorando, e attraversare quel reparto, passando davanti a camere occupate da pazienti molto gravi e, in alcuni casi, con poche speranze, era doloroso, difficile, ma il magistrato si impegnò a dipingersi un falso sorriso sul volto prima di entrare dalla moglie, convinto che questo le avrebbe fatto bene.
Fu però tutta un'illusione.
Claudia era nel suo letto in lacrime, scoperta, col tubo del drenaggio che usciva da sotto il pigiama e una mano sopra al seno.
- Amore...-
- Chiama Francesco, ti prego.-
- Amore, che succede? Stai male?-
- No, no... ti prego, chiama Francesco.-
Davide le si avvicinò preoccupato, non certo di cosa fosse giusto fare, se chiamare il medico come lei gli stava chiedendo o cercare di capire qualcosa in più sulla ragione di quel pianto.
Lei, allora, gli prese la mano, gliela poggiò sul suo petto e, finalmente, l'uomo capì.
Piccolo e solido, quasi fosse una noce, qualcosa premeva come volesse uscire dal seno della donna.
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Ricordati di guardare il tramonto
ChickLitClaudia ha poco più di trent'anni ed è gravemente malata. E lo sa. Lo sa solo lei, e lo sa perché è laureata in medicina, non perché abbia fatto visite o analisi di alcun tipo. Per quelle non ha tempo, tra la famiglia, il lavoro in politica, la cam...