Non succede, ma se succede

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Cristina mi guarda saltellare per tutta la stanza. Rimbalzo da destra a sinistra: non ricordo giorno in cui sia mai stata così eccitata.
"Ehi calmati! Finirai per rompere qualcosa." Mi ferma ridendo.
"Come posso stare ferma?! Insomma, sembra un sogno! Fin da piccola ho immaginato di poter parlare con lui, di poterlo abbracciare." Cristina mi guarda sorridendo. Le brillano gli occhi.
"Lo so, ma non puoi di struggermi camera!" Esclama. Mi scuso e torno seduta sul letto.
"Dove faranno le Convention?" Le chiedo impaziente.
"Verranno fatte a Torino, Roma e Firenze, i luoghi delle riprese, ed una a Milano." Risponde spulciando qualcosa nel telefono.
"Devi solo resistere un paio di settimane e potrai conquistarlo." Continua ironica.
"Ci vorrebbe un miracolo." Dico malinconica. Ho spesso pensato che potremmo essere una bella coppia, se solo non avessimo quasi vent'anni di differenza. Decisamente troppi.
"Non succede, ma se succede?" Domanda la mia amica.
"Beh, e se succede non svegliarmi." Sento una strana sensazione sul corpo, come se avessi la pelle d'oca. Che strano.
"Beatrice, tutto bene?" Cristina mi richiama. Scrollo la testa, annuisco e le sorrido, mi sono incantata ancora una volta. Mi succede spesso, sono capace di rimanerci anche per ore.
"Cristina, Beatrice! Il pranzo!" Ci interrompe sua madre.
"Arriviamo!" Replica la figlia dal piano di sopra, con la testa mi fa cenno di seguirla: scendiamo le scale bianche, ci ritroviamo nel salotto e successivamente in cucina, dove la donna ha preparato un piatto di pasta al pomodoro.
"Tenete. Se posso chiedere, perché tutto quel casino? Hanno cancellato la maturità?" Domanda servendoci gli spaghetti. Io e Cristina ci guardiamo e scoppiamo a ridere, mentre sua mamma ci osserva interrogativa.
"In effetti non sarebbe male, ma no." Le risponde la figlia.
"Va bene, tenetevi i vostri misteri."
Dopo pranzo torniamo in camera di Cristiana e passiamo il pomeriggio tra un film ed una serie tv: spaziamo fra i generi più disparati, dal fantasy al thriller. Ho sempre apprezzato il cinema, ma solo negli ultimi anni è diventato una vera e propria passione: mi ha portata a seguire anche un corso di teatro e recitazione per qualche mese.
Durante l'ultimo film ho la testa altrove, nonostante la trama sia avvincente. Non faccio altro che pensare alle parole della mia migliore amica: non succede, ma se succede? Siamo abituate a scherzare e prenderci in giro, ma questa frase mi ha turbata più del solito. Non succede, ma se succede? Pensare a questa evenienza è totalmente assurdo e privo di qualsivoglia logica, ma perché continuo a farlo? Cosa mi prende?
Non succede, ma se succede? Che diavolo si fa se succede? Come ci si deve comportare se succede? Troppe, troppe domande...
"Bea ti senti bene?" Mi richiama Cristina. Torno immediatamente con i piedi per terra.
"Ehm, si sto bene. Molti pensieri, sai come è..." Possibile che un mucchio di qualche lettera mi mandi così in confusione? O forse è qualcos'altro? O meglio...qualcun altro.
"Guarda che so perfettamente a cosa stai pensando." Afferma sicura.
"Ah sì?" Domando dubbiosa e colpevole di essere stata scoperta.
"Certo! Stai pensando a come conquistare il più affascinante dei dottori." Risponde scoppiando un una fragorosa risata. Io non ho voglia di sorridere, sono così confusa...
"Ehi, c'è qualcosa non va?" Continua la ragazza mettendomi una sua mano sulla mia.
"No no, sono solo confusa...scusa, non ho voglia di parlarne." Ho paura che possa prendermi in giro, alla fine è una cosa così sciocca. Sono solo una ragazzina a cui piace fantasticare.
"Va bene..." Conclude lei amareggiata. Sa perfettamente che non mi sento bene, ma rispetta comunque le mie scelte e la ringrazio per questo.
"Sai, sembri quasi innamorata." Aggiunge tornendo a guardare il film al computer.
"Come?" Replico facendo finta di non aver capito. Innamorata, io?
"Ho detto, che sembri quasi innamorata." Ripete scandendo bene le parole.
"E di chi dovrei essere innamorata?" Chiedo sarcastica e disorientata.
"Ah, non lo so! Dovresti dirmelo tu." Ci fissiamo un istante negli occhi, per poi tornare con lo sguardo sul monitor. Di chi dovrei essere innamorata?

La sera arriva presto, nonostante le giornate si stiano allungano. Saluto Cristina e sua madre, mentre piano mi avvio verso casa fra le note di Iris dei The Goo Goo Dolls. Fuori fa freddo, molto più di questa mattina. Tira vento, mi scompiglia i capelli e gli occhi rossi lacrimano, sembra che pianga da ore. Nella testa mi riecheggiano ancora le parole della mia migliore amica: sembri quasi innamorata. Se fosse davvero così, sarei curiosa di sapere di chi.
Sul finire del viale, poco prima di una svolta a destra, intravedo casa mia: davanti al cancello c'è una macchina scura, sembra blu, ma nella notte non ne sono sicura. Dubito sia mio padre, non viene a trovarci da mesi: ha divorziato da mia madre più di sei anni fa. Non ne ho fatta una colpa a nessuno dei due, con il crescere ho imparato a vedere la persona che sta dietro al genitore. Ognuno ha i suoi limiti: i miei genitori hanno i loro ed io ho i miei.
Fra un pensiero e l'altro, la buia automobile si fa vicina: è nera, di un modello non troppo recente. È sporca di fango ai lati, come se fosse passata per una strada sterrata. Apro il cancello di casa e continuo a fissarla, chissà di chi è? Percorro il vialetto ed apro la porta.
"Sono tornata!" Urlo una volta entrata. Dentro si sta bene ed immediatamente passa il freddo.
"Nanetta che ti gridi, siamo tutti qui." Risponde mio fratello in panciolle sul divano bianco. Ha in mano un joystick e fissa intensamente la tv con le immagini di macchine e moto.
"Serata movimentata vedo...ah, ciao Marco." Saluto l'amico di Roberto: un bel ragazzo. Ha qualche hanno meno di mio fratello, sebbene sia nettamente più alto di lui. Ha i capelli lunghi che incorniciano la mascella pronunciata, con occhi marroni e bocca carnosa.
"Ciao Bea, ti trovo bene." Ricambia scrutandomi da testa a piedi. Non mi piace essere guardata.
"Non mi lamento. La mamma?" Chiedo a Roberto.
"La mamma torna fra due giorni. C'è stata un'emergenza all'aeroporto: sostituzione Firenze-Milano Malpensa." Risponde velocemente prima di sorpassare la macchina da corsa di Marco.
"Perfetto." Sbuffo. Mia madre fa la pilota all'aeroporto di Firenze, e per guadagnare qualche soldo in più si segna come possibile sostituto durante le urgenze. Lo fa per noi, per non farci mancare niente.
"Io vado in camera." Comunico ai due amici. Salgo le scale e mi chiudo nella stanza, buttandomi sul letto. Abbraccio i cuscini, mi giro per fissare il soffitto e nel mentre l'occhio cade sull'armadio aperto di fronte a me. Il poster di Matthew sorridente mi fissa: non succede, ma se succede...
"Non di nuovo!" Esclamo coprendomi la faccia con il guanciale. Ancora quella dannata frase, perché deve crucciarmi così tanto? Alla fine, era solo ironia, perché Cristina era solo ironica...spero.
Combatto con quelle parole, finché non riesco ad addormentarmi profondamente.

"Ehi Bea." Sussurra qualcuno nella stanza, ma sono troppo assonnata per vedere chi sia.
"Beatrice svegliati." Di nuovo, non ho voglia di svegliarmi.
"Lasciami dormire." Mi lamento con la voce impastata al sonno, mentre con la testa mi rintano sotto il grande peluche a forma di orso bianco.
"Andiamo Beatrice svegliati, ho un aereo da prendere!" Adesso distinguo perfettamente la voce di Roberto che mi rimprovera. Mai che abbia un minimo di tatto.
"Oddio, si può sapere che vuoi?" Dico arrabbiata e mettendomi seduta sul letto.
"Sei sorda per caso? Ho detto che ho un aereo da prendere." Ripete scocciato.
"Il padre di Gianni ha offerto a me e Marco un piccolo lavoro a Londra per qualche settimana, sono qui per salutarti. Fra due ore abbiamo l'aereo." Spiga calmandosi.
"Oh...allora, buon viaggio." Gli auguro, prima di essere abbracciata. Per noi è una cosa piuttosto strana, non siamo abituati a dimostrarci affetto fisico. Di solito, ci crea imbarazzo.
"Grazie, ci vediamo ragazzina." Si alza dal letto sorridente e mi scompiglia i capelli ricci. Nella penombra, anch'io rido facendogli ciao con la mano.
Londra deve essere bellissima: se ho un sogno nel cassetto è quello di viaggiare. Mi piacerebbe vivere mille avventure, da sola o in compagnia poco importa, basta volare via.
Controllo l'orologio sul comodino: 22:17. Non è particolarmente tardi, ma decido comunque di tornare a dormire...sono troppo stanca.

"La sveglia sta suonando ma fatela tacere perché di andare a scuola proprio voglio non ne ho..."
La solita buffa canzoncina mi risuona nelle orecchie. Devo cambiarla...appena ne trovo la voglia.
Mi alzo e scendo velocemente le scale per fare colazione: prendo latte e biscotti, mangiandoli in gran quantità. Nel mentre controllo le notifiche nel telefono: ci sono un paio di messaggi nel gruppo WhatsApp di famiglia, dove mia madre e mio fratello informano di essere arrivati; ed uno di un numero sconosciuto: mi dispiace per ieri mattina, possiamo parlare?
"Lorenzo..." Bisbiglio sospirando. Non credevo che avesse conservato il mio numero. Ho sempre pensato che mi avesse dimenticata...e se così non fosse? Decido, comunque, di non rispondere per il momento, ho altro per la testa.
Mi sistemo ed esco di casa. Ripercorro la solita routine di tutti i giorni ed arrivo alla fermata del bus: Lorenzo è lì, in piedi davanti alla panchina fredda. Si guarda intorno come se cercasse qualcosa o qualcuno. Imbarazzata mi avvicino e noto che il suo sguardo si posta immediatamente sulla mia figura.
"Non hai risposto al messaggio." Si affretta a dire senza salutare. Non ho mai visto quegli occhi su di lui. Sembra quasi...insicuro? Che strano, Lorenzo è sempre stato uno sicuro di se.
"Non ho avuto tempo." Mi giustifico. Adesso sembra abbattuto, perché?
"Che volevi dirmi?" Chiedo impassibile.
"Oh beh ecco...io volevo solo chiederti scusa per come mi sono comportato ieri e soprattutto per quello che ti ho fatto in passato. Mi dispiace." Confessa. Cosa?
"Io...beh, non me lo aspettavo. Scuse accettate comunque." Metto insieme le prime parole che mi balenano in testa. Non capisco, e se prima ero confusa per conto mio, ora lo sono ancora di più.
"Ti prego, dammi un'altra possibilità." Scoppia all'improvviso.
"Cosa? No...insomma, non lo so. Lorenzo apprezzo molto le tue scuse, ma non posso prendere una decisione così, su due piedi. Adesso mi chiedi troppo...scusami." Non gli lascio il tempo di controbattere che mi allontano. Ho le lacrime agli occhi e non voglio che mi veda piangere, sarebbe troppo persino per me.

36 anni... Bel casino! (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora