Basta

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Pov. Alessandro

Bussai al citofono dell'enorme villa ininterrottamente, qualcuno doveva pur rompersi il cazzo e venirmi ad aprire. Dovevo parlare con Eva, assolutamente. Dovevo vedere come stava, papà mi dissi che se non mi fossi calmato mi avrebbe mandato in clinica seduta stante visto ciò che avevo combinato: slogatura della spalla e 10/15 giorni col tutore, non le avevo rovinato le feste per fortuna.

«Ale basta!» Sbottò Luce, spostandomi il braccio dall'apparecchio. «Dalle tempo!» Continuò stringendomi il braccio. Come potevo darle tempo se doveva partire dopo pochi giorni? «So cosa pensi. Ma lei non rimarrà per sempre in Belgio. Torna per capodanno e là potrai scusarti.» Luce mi guardava dritto negli occhi, l'abbracciai d'istinto e le posai un bacio tra i capelli.

Il cancello si aprì, ci girammo di scatto e vedemmo il folletto affiancato da Reina. Luce si irrigidì al mio fianco quando vide gli occhi del portiere fissarsi su di lei, le strinsi il braccio attorno al fianco e guardai in cagnesco quel ragazzo che l'aveva fatta soffrire, mi aveva raccontato tutto ed ogni volta che lo vedevo, volevo prenderlo a pugni.

Ci avvicinammo ai calciatori e sorrisi strafottente. L'unica persona con cui volevo parlare era nascosta dietro una tenda ad osservarci, ne ero certo. «Falla uscire.» Dissi a Mertens. «E tu.» Mi rivolsi allo spagnolo. «Togli i tuoi cazzo di occhi da dosso a mia sorella altrimenti ti rompo il culo.» Sibilai stringendo gli occhi, il portiere chiuse a pugno le mani e mi sfidò con lo sguardo... come se avessi paura.

Mertens si girò verso la porta, seguì il suo movimento con sguardo e notai Eva appoggiata alla porta mentre portava alle labbra una sigaretta. Luce si allontanò di poco da me, come per darmi il permesso e corsi da lei; volevo solo abbracciarla ma quando incontrai il suo sguardo mi bloccai di colpo.

I suoi occhi di solito color nocciola vivo, pieni di calore, in quel momento mi guardavano assenti, scuri e freddi. Alzai la mano per accarezzarla ma si spostò di scatto, come se avesse paura di me... non poteva succedere di nuovo. «Eva...» Sussurrai, mi sembrò di rivivere quel momento e una morsa mi strinse il cuore, mandando indietro la mia mente fino a quel momento devastante.

...

Eva era stesa sul letto, fissava il soffitto bianco con lo sguardo assente e uno spinello tra le dita. Non riusciva a muoversi, le facevano male le gambe preferiva rimanere immobile in mezzo a tutto quel trambusto lei era di sicuro la cosa più disordinata di tutte: occhi gonfi e rossi, a causa del pianto e dell'erba; labbra gonfie, rotte, secche, quasi violacee; lividi sul corpo, specialmente tra le gambe e sul seno; capelli elettrici, pieni di nodi e sparsi sul cuscino, li aveva corti altrimenti sarebbe stato un dramma sistemarli, ma a lei in quel momento non importava.

Alessandro le aveva fatto male, un male che una donna non dovrebbe mai provare, a nessun'età, in nessun momento. Non le veniva da piangere, almeno non più. Le lacrime le erano corse sul viso nel momento stesso in cui il suo ragazzo entrò in stanza per cercare dei soldi che lei non aveva. Si accorse troppo tardi dei residui di polvere sotto il naso del ragazzo che lei amava, amava così tanto da essersi annullata per lui, fino a perdere la verginità contro la sua volontà.

Preferiva morire in quel momento. Preferiva annullarsi per davvero, così fece un altro tiro e sbuffò il fumo denso e bianco nella stanza. Ad ogni tiro il suo dolore fisico si alleviava, ma quello mentale e sentimentale le impedivano di alzarsi dal letto e provare qualsiasi altra cosa che non fosse un vuoto lancinante nel petto.

La porta si aprì di scatto, mostrando la figura del ragazzo moro da cui veniva presa solamente in giro. Lui non la voleva davvero, gli serviva solo per vendere l'erba, nient'altro.

Eppure Alessandro in quel momento si sentiva uno schifo, il petto si alzava e abbassava ad un ritmo estenuante e la sua mente lottava per non vedere quella macchia scura sulle lenzuola candide. Cosa aveva combinato?!

«Eva...» Sussurrò avvicinandosi a lei. «Scusami. Ti prego, scusami. Cercherò di finirla con quella merda.» Singhiozzò. Alessandro non piangeva mai avanti alle persone e per la prima volta lo fece avanti a quella ragazza per cui non provava nulla, o almeno così diceva. Notando che la piccola non rispondeva si avvicinò al suo viso e la guardò negli occhi e ciò che vide fu il nulla, esattamente ciò che sentiva lei.

Lei lo guardò solo un istante facendogli capire ciò che provava: aveva paura di lui.

...

I miei occhi si riempirono di lacrime e cercai di avvicinarmi ancora una volta ma ad ogni passo avanti lei ne faceva uno indietro.

«Vattene.» Sussurrò guardandomi negli occhi.

Non so cosa fece più rumore se il mio cuore o l'urlo che cacciai quando spinsi a terra Dries Mertens. Era colpa sua, solo colpa sua! «COSA CAZZO LE HAI DETTO?!» Urlai, diventando rosso in volto, sentendo un dolore in petto. Luce mi teneva per il braccio per tenermi fermo accanto a lei.

«Io non le ho detto un cazzo.» Disse con la mascella serrata.

«Non mi vuole parlare! Sei tu che l'hai portata via da me!» Lo spinsi ancora e ancora, Luce aveva perso la presa sul mio braccio visto tutti gli strattoni che davo per liberarmi. Sentivo gli occhi bruciarmi e avrei ucciso qualcuno in quel momento.

Mentre stavo spingendo per l'ennesima volta Dries, il calciatore si mise di lato e caddi a terra. Serrai la mascella e il pugno, pronto a tirargliene uno. Vidi Eva correre da noi, aveva gli occhi lucidi e le guance arrossate, era così tenera in quel momento che tutta la rabbia scemava per quella visione.

L'unico a non accorgersi di lei fu Mertens, visto che mi fissava con gli occhi in fiamme. «Sai perché ha paura di te? Sai perché non vuole parlarti o si allontana quando le stai accanto? Lo sai?!» Sibilò freddo, era teso. Non risposi e mi accigliai. «Pensi che tutto ti sia dovuto, vero? Che lei ti debba aspettare sempre? Non vi siete parlati per quasi una settimana da quando abbiamo scoperto tutto! Chi ti è venuto a cercare? Chi ha fatto il primo passo? SEMPRE E SOLTANTO LEI! TU SAI SOLO DELUDERLA!» Gridò esasperato le ultime frasi. Guardai il volto di Eva diventare pallido, lui stava dicendo la verità, una verità che faceva male anche a lei. «Da 9 anni le ripeti sempre la stessa cosa: "non mi drogherò più. Lo giuro che smetto." E ogni volta che ritorni a farti la fai male. Non capisci che la stai uccidendo?!» Questa volta parlò più calmo, ma la rabbia nella sua voce era palpabile.

Il mio cuore aveva smesso di battere, io facevo male ad Eva senza volerlo. Lei non era una bambola, lei era l'unica ragazza che mi stava affianco nonostante tutto.

«Eva...» Mormorai di nuovo. «Scusami.» Abbassai lo sguardo cercando di non piangere. C'era troppa gente e solo lei poteva sapere come mi sentivo in quel momento: una merda.

«Alessandro.» Era avanti a me, sfiorava il calciatore con la spalla sana e mi guardava stringendo le labbra. «Lo vuoi capire che non puoi fare promesse da marinaio? I-io non ce la faccio più!» Singhiozzò. «Non avrei mai pensato di dirlo perché, cristo se ti voglio bene! Ma basta, basta ti prego. Basta.» Abbassò la testa così come abbassò la voce, poi corse dentro. Lontano da tutti.

Lontana da me.


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ALLORA SIAMO ARRIVATI A 1K DI VISUALIZZAZIONI! GRAZIE MILLE!

All'inizio pensavo che questa storia non sarebbe arrivata neanche a 100 visite e invece mi avete fatto ricredere, GRAZIE MILLE DAVVERO ♥

Spero che vi piaccia... ♥

Into my eyes || Dries MertensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora