La verità

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************* MI SCUSO IN ANTICIPO PER GLI ERRORI O IL TESTO TROPPO LUNGO! È SCRITTO IN MODO DIVERSO DAL RESTO DEL LIBRO!  BUONA LETTURA! *****************


Eva Rossini, Dries Mertens, José Manuel Reina, Alessandro, Luce e Stefano Iodice.

Eva ancora non riusciva a crederci, non c'aveva mai pensato, non aveva mai collegato i cognomi. Lei era all'oscuro di una parte importante della vita di Alessandro: sapeva che era figlio unico, che il padre l'aveva abbandonato anzi peggio: morto! Era per questo che iniziò a fumare, a tirare, a fare tutto ciò che l'aveva portato ad essere ciò che è oggi: un tossico... innamorato di lei. Sospirò appoggiandosi al muro, guardò i volti dei presenti e si sentì tremendamente fuori luogo, esattamente come si sentiva fuori luogo a casa sua durante quei due anni in cui era fidanzata con Alessandro.

«Avete intenzione di spiegare?» Stefano ruppe il silenzio che si era creato, voleva delle spiegazioni e di sicuro non sarebbe stato Alessandro ad iniziare. Lui odiava il padre, lo sfidava con lo sguardo e la mascella contratta, la sua debolezza era Eva, la vedeva piccola con le braccia conserte sotto il seno e la faccia pensierosa. Aveva mentito sulla sua vita, sulla sua famiglia, ma a lui serviva quella ragazza, la voleva.

«Perché te ne sei andato da me?» Chiese poi Luce. Luce la sua bellissima sorellina, aveva l'età di Eva quando successe tutto. L'aveva nascosta a quella ragazza dalle iridi color nocciola, proprio come aveva nascosto il padre, lei sapeva un'altra storia. Sorrise amaro a quel pensiero e si accasciò su una sedia.

«Non so da dove incominciare.» Parlò acido. Nella voce del ragazzo c'era rammarico, aveva così tante cose da dire eppure non sapeva da dove iniziare. Non sapeva se la ragazza, ormai lontana da lui, voleva rivivere tutto ciò che gli aveva fatto.

Lui era innamorato di lei fino al limite dalla pazzia.

«Da come hai conosciuto Eva. Dal perché te ne sei andato.» Rispose semplicemente il portiere. Una persona che non aveva voce in capitolo, proprio come il folletto al suo fianco ma sapeva che non se ne sarebbero andati. Loro facevano parte della vita delle due ragazze.

«Non so cosa posso dire.» Ammise sussurrando, Eva doveva dargli conforto, doveva dirgli che andava tutto bene, che se ne avesse parlato non l'avrebbe odiato ancora e di più.

Eva si sentì chiamata in causa con quella frase, le fece male il cuore, lui si stava preoccupando per lei, non voleva ricordasse. Sorrise amara e mise una mano sulla spalla del ragazzo seduto avanti a lei, per farlo parlare, per dargli forza.

Erano l'uno la roccia dell'altro.

Entrambi sapevano i punti deboli dell'altro; Eva si chiamava il punto debole di lui, Alessandro era il punto debole di lei.

Alessandro sospirò sentendo quel contatto che fece infuriare, invece, 2 persone all'interno della stanza: Luce e Dries.

Il secondo provava un'immensa gelosia verso il moro, verso la "persona importante" di Eva, lui la picchiava e lei non si ribellava, lo proteggeva, gli veniva la nausea a pensare tutto ciò. Invece la prima odiava la ragazza, le aveva portato via un pezzo di cuore, pensava fosse colpa sua, colpa di quella che chiamava la "sua migliore amica".

Dio quanto si sbagliava.

La colpa non era di Eva, ma bensì di Alessandro. Ma lo capì troppo tardi, lo capì solo dopo la storia che ancora doveva raccontare.

«Mamma era appena morta.» Parlò Alessandro. «Tu lavoravi e non c'eri mai, Luce era piccola e la portavi sempre dai nonni...» Si rivolse al padre. «...io avevo 15/16 anni, neanche ricordo, e mi sentivo escluso. Mamma era l'unica a capirmi in quella casa che diventava giorno dopo giorno più stretta. Così iniziai a fumare e a spacciare. Eva frequentava ancora le medie, aveva 13 anni, esattamente come te, Luce.» Si leccò le labbra e guardò negli occhi la sorella, prima di volgersi a guardare Eva, aveva lo sguardo rivolto verso terra e la mano gli accarezzava la spalla. «Non la conoscevo e Andy, un mio amico, mi disse di trovare qualcuno in quelle scuole medie che spacciasse della roba per conto del gruppo, così andai fuori quell'edificio; trovai un sacco di ragazzini snob, dalla famiglia ricca e con il naso all'insù. Poi vidi lei...» Prese la mano della ragazza e l'accarezzò lasciandoci un bacio sul palmo e cercò il suo sguardo, che trovò poco dopo. «...aveva i capelli corti, a caschetto, con la frangetta e delle ciocche azzurre. Portava un jeans strappato e una camicia di jeans. Sì ricordo ancora com'eri vestita la prima volta che ti ho vista.» Rispose allo sguardo sorpreso della sua amata. «Era perfetta. Era la ragazzina ribelle che mi serviva. Così iniziai a farmi avanti, a parlarle e ogni giorno cercavo di fare colpo su di lei e ci riuscì. Riuscì a farla innamorare di me e a farle spacciare la roba che mi serviva. Un anno, bastava che lo facesse per un anno e poi avrei avuto i soldi da dare al capo e l'avrei potuta lasciare.» Sussurrò le ultime parole che lo trafissero come se fossero coltelli.

Into my eyes || Dries MertensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora