Epilogo

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LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE SOTTO, GRAZIE!
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Metto piede nel San Paolo e guardo gli spalti vuoti, un senso di tristezza mi attraversa in pieno il petto. Quanti ricordi ho lasciato in questo luogo, su questo campo, su quella panchina da cui guardavo la mia squadra giocare e dove osservavo Dries senza paura.

Si, il mio Dries, mi fa strano a dirlo. Sono passati due anni da quando ci siamo messi insieme e poco meno di un anno da quando mi ha fatto la proposta di matrimonio, proprio qui: su questo campo verde dove ha gioito, pianto e amato. Ha amato così tanto da rimanere in questa squadra, con i colori che ogni giorno vediamo, nel cielo e nel mare. Perché è facile restare quando tutto va bene, ma lui con i suoi compagni, sono restati a buttare sangue e sudore per far vivere un sogno a noi tifosi.

Mordo forte il labbro e mi siedo al mio posto, non sulla panchina ma, bensì, nei posti della Curva A, il settore che mi ha cresciuto e protetto durante periodi difficili. Dove spacciavo, fumavo, cantavo e mi innamoravo.

Guardo verso le scale che portano i giocatori dagli spogliatoi al campo e sorrido. Quante volte ho vissuto in prima persona l'entrata nel campo assieme alla squadra? Assieme alle persone che mi hanno fatto loro figlia, sorella, moglie.

Sorrido e ripenso al momento della proposta di matrimonio, a quante lacrime ho versato per la felicità e il boato che si diffuse per questo "tempio" napoletano.

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Napoli-Juventus. 02/04/17

La partita era ferma sul pareggio 2-2, ormai mancavano pochi minuti ai tre fischi finali e l'ansia si sentiva, volevamo quella vittoria, soprattutto per far vedere che il Napoli non era Higuain. La squadra voleva far esplodere lo stadio in un boato di felicità. Si sentivano i cori anti-Juve della Curva A, ogni tanto canticchiavo qualche parola ma poi mi concentravo sulla partita, senza pensare ai cori anti-Napoli che venivano dal settore ospiti.

D'un tratto vidi il capitano correre a tutta velocità verso la porta avversaria, ormai era una questione di secondi e l'arbitro avrebbe fischiato, Hamsik passò la palla a Mertens che la prese e fece goal.

Il San Paolo non si conteneva più, sarebbe potuto venir giù all'istante per via dei salti, urli e pianti di gioia. Avevamo vinto contro la nostra diretta avversaria. Tutti abbracciarono Dries, autore del 3° goal e corsero, poi, verso la panchina per abbracciarsi tra loro.

Dries, però, non si andò dai compagni e corse da me, ormai l'arbitro aveva fischiato, era finito tutto. Ma lui non voleva aspettare di scendere nel tunnel, mi prese in braccio facendomi volteggiare davanti agli occhi dei presenti e di chi guardava la partita da casa.
Ero restia a far sapere a tutti la mia vita privata ma non mi importava, in quel momento l'importante era lui.

«Sei bella come un goal al 90°.» Sussurrò prima di lasciarmi andare.

Tutti erano girati verso di noi, sorridevano e alcuni avevano il cellulare in mano, registravano qualcosa, ma non sapevo cosa. Lo capì, solo, quando Insigne lanciò una scatolina a Dries e, dopo averla presa al volo, si inginocchiò ai miei piedi.

Il cuore iniziò a battermi forte, come ogni volta che mi baciava, accarezzava, parlava, guardava. Lui era musica per me, per il mio spirito. Il mio eroe.

Dries si leccò le labbra prima di parlare, ormai avevo la vista appannata per via delle lacrime. «Amore, lo so che forse è presto per chiedertelo, che non ne abbiamo mai parlato, che magari mi odierai per aver fatto questa pazzia, così, d'avanti a tutti. Lo sai che non sono bravo nelle parole, i gesti mi vengono meglio quindi te lo chiedo con tutto l'amore che provo verso di te: vuoi sposarmi Eva Rossini?»

Into my eyes || Dries MertensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora