Capitolo 11.

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Aprii lentamente gli occhi, ero ancora dentro quella cella. Mi guardai intorno  ero ancora seduto sulla sedia davanti alla finestra. La cella alla luce sembrava più piccola e più polverosa. Mi affacciai ancora stordito alla finestra e cercai Aveline nell'altra cella ma non vidi nessuno. Mi alzai e mi sdrai di pancia su una minuscola brandina che stava in un angolo.
Il mio corpo non ci stava tutto la dentro, infatti le mie gambe penzolavano fuori. Chiusi gli occhi cercando di dormire un altro po', ma non ci riuscivo dalla finestra entravano troppe voci. Mi rigirai più volte cercando una posizione comoda ma più mi muovevo più la schiene mi faceva male quindi decisi di alzarmi. Non c'era molto da fare in quella cella. Le pareti sembravano restringersi intorno a me.

Devo uscire di qui

Mi guardai intorno per vedere se c'era qualcosa si utile

Non posso stare con le mani in mano

Nell'angolo della stanza c'era un piccolo pezzo di qualcosa che rifletteva la luce. Mi avvicinai e lo presi sembrava vetro ma molto più solido. Lo misi in tasca e mi rialzai per vedere se trovavo qualcos'altro , ma la mia concentrazione era sul quello che accadeva fuori. Dalla finestra entrava un rumore assordante che era un misto tra grida di bambini e quelle di alcune donne che avevano deciso di alzarsi presto per rovinarmi la vita. Alzai gli occhi al cielo infastidito e ,a quanto pare, non ero il solo. Infatti vidi Aveline affacciarsi ed urlare con tutta la sua gentilezza

"Io giuro che appena esco di qui vi cercò e ci faccio così tanto male che neanche la scienza saprà dire come ho fatto a trasformare delle persone in una poltiglia blu"

Risi e scossi la testa.

"Cosa ridi tu che sei il prossimo?!"

Urlò verso la mie direzione. Sorrisi ma per poco perché da quel minestrone di voci riuscii a coglierne una interessante. Solo allora notai che tutti quei bimbi urlanti con le loro madri snervanti stavano intorno ad un ragazzo che cercava di muoversi tra tutte quelle persone. Aveva un mantello blu che gli cadeva sui suoi occhi impedendomi di vedere il viso e dei sandali alla schiava che terminavano appena prima dei pantaloni lacerati. Alla sua camicia mancavano dei bottoni nella parte superiore , era logora e sporca di sangue nella parte sinistra più o meno sull'ultima costola e uno squarcio all'altezza dello sterno, sembra un tipo che ne ha passato davvero tante. Parla perfettamente la lingua degli esserini ma intuisco dalla sua pelle color rosa pallido che non è uno di loro, ma rimasi comunque stupito quando sentii la sua vera lingua

"No cosetti, non toccate"

Disse quando vide uno dei bimbi rubare un vaso dal cesto che portava sulle spalle. Era Italiano quello che parlava. Subito mi posi una domanda

Quel ragazzo é italiano o si parla la nostra lingua in tutto il resto di Karthasia tranne che in questo paesino dimenticato da Dio?

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