Capitolo 10.

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Dietro di noi c'erano gli omini schierati in fila e davanti a noi il capo che ci guardava come se fossimo scarti della società. Mi fecero sedere ma prima di accasciarmi a terra mi accurai di poggiare lentamente Aveline senza svegliarla, era ancora molto stanca. La sdraiai vicino alla parete e poi mi inginocchiai accanto a lei appoggiando accuratamente la sua testa sulle mie ginocchia. Iniziai pensare mentre giocherellavo con i suoi capelli, dovevo trovare qualcosa che mi tenesse sveglio, non potevo permettermi di addormentarmi, non in quel momento. Mi guardai intorno. Davanti a me c'erano una ventina di piccole case che sbucavano da ogni parte della piccola grotta illuminata dalle chiare luci dell'alba che filtravano attraverso un foro alla fine del monte. Aveline mosse leggermente la testa e poi aprì piano piano gli occhi

"Buongiorno"

Le sussurrai. Lei accennò un sorriso e io sorrisi di rigetto. Poi spalancò gli occhi.

"C-come sono arrivata qui?!"

"Ti ci ho portato io. Hai dormito tutta la notte sulla mia schiena, eri davvero stanca...principessa"

Risposi io alzando il sopracciglio

"Senti, tutti hanno la propria croce. Lo so cosa pensi, non pensavi che un essere così perfetto come la sottoscritta potesse crollare sotto la dura forza della notte. Ebbene, mio caro è così, ma non pensare che le cose cambino, rimango sempre e comunque più virile di te, principessa"

Risi e lei mi seguì. Avevamo totalmente rimosso dalla testa che eravamo prigionieri in un piccolo villaggio dentro una cascata. Ci fecero alzare e ci strattonarono fino ad una cella.

"Armuhacroftenon"

Disse l'esserino blu che si era piazzato davanti a noi.

"Anche a lei"

Rispose Aveline mettendo le mani sui fianchi. Ormai non le dico più niente, anche se sono convinto che le sue battute prima o poi ci metteranno nei casini. L'omino aggrottò la fronte e allungo le mani come se stesse aspettando qualcosa.

"Dovete dare i vostri effetti personali"

Tradusse l'aiutante del capo. Aveline si voltò verso di lui

"Mamma mia, google traduttore fatti da parte che ora c'è il cugino brutto del puffo Quattrocchi"

Lasciai passare una risata. L'omino in questione aggrottò la fronte.

"Oddio e fatevela una risata. Siete la rappresentazione del mai 'na gioia"

"Gli effetti personali, madame"

Aveline sbuffò e iniziò a cercare nelle tasche. Io non avevo nulla da dare quindi non mi preoccupavo. Tolse una pistola e una scatola di proiettili dalla tasca interna del giubbotto e le posò sulle mani dell'omino. Poi tolse un coltellino dalla tasca del pantalone. Non ero sorpreso che avesse delle armi appresso, c'era da aspettarselo.

"Sono tutti?"

Disse l'esserino. Lei sbuffò di nuovo e si tolse un cacciavite da sotto la maglietta, devo essere sincero non ho mai invidiato un cacciavite così tanto prima d'ora. Posò anche quello sulle mani ancora tese dell'omino.

"Ora sono tutti?"

"Quante armi credi che possa nascondere una ragazza?"

L'omino la guardò dalla testa ai piedi con gli occhi socchiusi poi disse storcendo il naso

"non mi fido di te"

"fai bene"

Dissi io a voce bassa, ma a quanto pare non abbastanza perché quando mi voltai vidi Av guardarmi così tanto male da farmi gelare il sangue.

"Perquisitela"

Lei allargò le gambe e alzò le braccia. E due esserini iniziarono a perquisirla. Tolsero un altro coltellino dal pantalone e un taglierino nascosto nell'altra scarpa. Non trovavano più nulla e si stavano per arrendere finché uno dei due non senti qualcosa di duro nella tasca di Av che mi guardava agitata e mi mimava con le labbra qualcosa che non capii subito

"Non devono vedere il taccuino"

poi indicò il giubbotto per farmi capire che era la sotto. Stavano per toglierglielo quindi dovevo agire in fretta. D'impulso afferrai una delle armi che poggiate sul tavolo attirando l'attenzione di ogni persona/cosa blu dentro quella piccola stanzetta, compresa quella di Aveline che mi guardava con un sopracciglio alzato consapevole quanto me che ero negato con ogni tipo di arma. Guardai quello che avevo preso: era il cacciavite. Gli omini presero le loro armi e si avvicinavano sempre più pericolosamente a me mentre Av approfittava di quel momento per nascondere il taccuino nei pantaloni. Io muovevo a vanvera il cacciavite anche se ero più che certo che da quella situazione non ne sarei uscito. Un omino srotolò una frusta e io sentii un brivido percorrermi le schiena.

Merda

Pensai. Av tentò di bloccarli ma la spinsero via. Mi girai arreso sperando che fosse una cosa veloce.

"Ma che fai Noah?!"

Disse Aveline con tono preoccupato. Ma la interruppe il mio urlo disumano una volta ricevuta la prima frustata. Cado a terra, mi manca il fiato. Mi alzarono la maglietta per fare in modo che la frusta toccasse la mia pelle. Pochi secondi dopo c'è stata la seconda. Urlai di nuovo, non pensavo facesse così tanto male. Alzai lo sguardo su Aveline e che stava tappando gli occhi. La terza frustata. Il dolore arrivò dopo come un bruciore, gemetti ma questa volta non urlai non volevo che Aveline sentisse. La quarta, nonché ultima, frustata. Mi abbassarono la maglietta e mi alzarono di peso dalle braccia.

"Aspetta, che fate?"

Disse Av mentre un omino le legava nuovamente i polsi. Ci trascinarono fuori entrambi. Portarono Aveline dalla parte opposta. Guardai il suo viso allontanarsi e diventare sempre più sfocato. Iniziò a girarmi la testa. Poi tutto buio. Mi svegliai in una cella umida e soffocante illuminata solo dai raggi della luna. Avevo dormito un giorno intero. Sentivo la mia schiena pulsare e friggere. Mi alzai a stento e mi avvicinai alla porta. Accanto c'era una sedia che teneva un vassoio con del pane. Strisciai la sedia fino alla finestra poi mi sedetti e iniziai a mangiare. Ripensai a quello che era successo quella mattina e pensavo se ne fosse valsa la pena. Mi tolsi la maglia piena di sangue poi mi sfiorai la schiena. Gemetti.

"Ne è valsa la pena?"

Guardai fuori dalla finestra e notai che Aveline mi stava guardando dalla cella di fronte alla mia. Mi sorrideva. Mi dimenticai completamente del dolore e sorrisi di rigetto. Era bellissima. Mi fece vedere il taccuino e poi mimò "grazie" con le labbra e si allontanò dalla finestra. Sorrisi e iniziai a guardare il cielo.

"Ne è valsa la pena".



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