«Aspetta – lo fermo, prima che parta – ho lasciato la lettera in camera dei miei, ci metto un minuto, vado a prenderla». Chiudo la portiera della macchina e corro in casa. Salgo le scale e mi fondo in camera dei miei e solo ora mi rendo conto che ho lasciato tutti i vestiti per terra. M' inginocchio per raccoglierli, ma il mio sguardo intercetta un bagliore di luce proveniente dal cassetto ancora aperto. Mi avvicino e nel pezzo di legno ritagliato dove era nascosta prima la lettera noto una collana. Più che una collana è un medaglione: deve essere scivolato dalla busta mentre la prendevo. Sistemo tutti i vestiti e torno sul letto, dove giace la lettera. Oltre alla parte frontale, mio nonno ha scritto anche sul retro del foglio: non me ne ero accorta prima.
Il medaglione che trovi ha come figura un altro simbolo celtico: è la Stella dell' Eire, uno dei simboli più antichi del popolo celtico. Simboleggia l'eternità, la fedeltà e l'unità. È molto potente, tienilo con cura e soprattutto non dire a nessuno che ce l'hai, nemmeno al tuo Protettore. È molto importante che tu lo tenga nascosto, ma deve essere sempre con te. Non lasciarlo mai, ti potrebbe salvare la vita.
Dopo aver letto le parole di mio nonno, fisso il medaglione. È un simbolo particolare. Chissà quale sarà mai il suo potere. Decido di infilarmelo al collo in modo da usarlo come collana, ma infilandolo dentro i vestiti, così c'è un minor rischio che qualcuno lo veda. Prendo la lettera e m'incammino verso le scale, scendo fino all' ingresso e chiudo la porta e il cancello. Derek è ancora in macchina che mi aspetta.
«Ce ne hai messo di tempo» dice.
«Scusa, stavo mettendo a posto i vestiti».
Derek parte e smetto di pensare al medaglione. Una cosa più pericolosa sta per arrivare: Derek ed io a casa sua. Da soli.
Siamo in macchina da un quarto d'ora e nessuno dei due ha ancora rotto il silenzio: sono troppo nervosa, ho paura di dire qualcosa d'insensato e d'impertinente. Ma dove abita che ci stiamo mettendo così tanto?
«Dove abiti?» decido di chiedergli.
«Impaziente?» mi chiede lui con un sorriso malizioso.
Arrossisco. «No, solo che ci stiamo mettendo un sacco di tempo e sto cominciando a pensare che tu abiti nelle paludi o chissà in quale altro posto strano» ecco, come non detto, sto parlando a vanvera.
Derek ride. «Abito dalla parte opposta della città da dove abiti tu, ma siamo quasi arrivati. E, tranquilla, non abito in una palude» dice, trattenendo una risata.
Dopo altri cinque minuti interminabili di viaggio, Derek accosta. Siamo dall' altra parte della città, in un complesso abitativo piuttosto grande.
«Come fai a mantenerti da solo?» gli chiedo.
«Qualcosa me lo dà il museo, essere un Protettore è un lavoro a tutti gli effetti per loro, il resto ... - fa una pausa – viene da l'eredità che mi ha lasciato la famiglia di mia madre». Non riesco a trovare nessuna emozione nel suo sguardo. Niente. È impressionante il modo in cui riesce a non far capire ciò che prova agli altri. Io non ne sono capace, sono un libro aperto per tutti.
Scendiamo dalla macchina e Derek mi guida verso una delle case più piccole della zona. È una casa a due piani, bianca, con un piccolo giardino che si estende anche sul retro.
All' improvviso un cagnolino sbuca da un cespuglio e comincia ad abbaiare.
«Ciao Buddy» dice Derek. Apre il cancello e Buddy si fionda su di lui. Derek ride e s'inginocchia e comincia ad accarezzarlo dietro le orecchie. A parte quando eravamo al Luna Park, questa è una delle pochissime volte in cui vedo Derek spensierato. È bello vederlo rilassato una volta tanto. Si sposta e Buddy si avvicina a me. Comincia ad annusarmi le caviglie e dopo qualche secondo comincia a muovere freneticamente la coda e ricomincia ad abbaiare.
«Buddy ti presento Emma, Emma questo è Buddy».
«Ciao» dico sorridente. Buddy mi guarda dalla sua altezza con la lingua in fuori, sembra quasi che rida, cosa che mi fa ridere.
«È un meticcio, vero?» chiedo accarezzandolo.
«Sì – mi risponde Derek – ha due anni».
Buddy piega la testa di lato e mi osserva. Lo faccio anch' io e lui tira fuori la lingua e "ride".
«È davvero buffo».
«Già. Su, entriamo».
Faccio un respiro profondo e trovo coraggio. Cosa mai può essere passare qualche giorno a casa di Derek?
L'ingresso è accogliente, con pareti beige e mobili moderni. Davanti a me ci sono le scale e più avanti il bagno, alla destra il salotto e la cucina e alla mia sinistra una porta chiusa, forse uno cantina o una lavanderia. Appoggio lo zaino all' ingresso e seguo Derek che sta andando in cucina. È ampia, con una grande isola al centro. L'occhio mi cade sull' orologio appeso alla parete e noto che è quasi l'una di notte. Com' è volato il tempo.
«Gradisci qualcosa?» mi chiede Derek.
«Dell' acqua va bene».
Prende due bicchieri e apre il frigo, tira fuori l'acqua e ne versa un po' su entrambi i bicchieri. Me ne porge uno e beviamo in silenzio. Quando ho finito l'acqua, mi avvicino al lavandino e lo poso lì. Faccio uno sbadiglio, segno della mia profonda stanchezza.
«Vieni – dice Derek – ti mostro la camera degli ospiti».
Vorrei fargli delle domande sulla casa, ma sono troppo stanca, gliele farò domani. Saliamo le scale e subito vedo un corridoio con tre porte. Derek apre la prima e mi fa vedere il bagno, la seconda è la camera, dove dormirò e m'indica la terza dicendomi che quella è la sua. La camera degli ospiti è accogliente e semplice, con un letto matrimoniale, un armadio di media grandezza e un piccolo comodino di fianco al letto. Una finestra si affaccia sul giardino sul retro. Appoggio lo zaino sul letto e mi giro verso Derek. In questo momento c'è un silenzio imbarazzante tra di noi nella stanza. Derek si schiarisce la voce: «Vai prima tu in bagno, fatti una doccia se vuoi» mi dice.
«Sì, mi serve proprio».
«Gli asciugamani sono nel mobiletto sotto il lavandino».
«Ok» dico, fiondandomi in bagno. Chiudo la porta velocemente e sospiro. Dio, che storia!
Aziono il getto d'acqua della doccia e, mentre aspetto che si scaldi, mi spoglio e tiro fuori gli asciugamani, uno grande per il corpo e uno per i capelli. Osservo il medaglione che ho al collo: mi arriva fino in mezzo ai seni, è molto particolare. Me lo sfilo e lo infilo in mezzo al vestito che indossavo. Entro nella cabina della doccia e mi lavo: lascio che le gocce d'acqua calda mi rilassino e lascio che i pensieri corrano. A che cosa serve il medaglione? Dove l'ha preso mio nonno? Che cosa dovrei farci?
M'insapono tutta e mi lavo i capelli, con lo shampoo di Derek: ha un profumo buonissimo, intenso, proprio come lui. Finisco di sciacquarmi ed esco dalla doccia. Avvolgo il mio corpo nell' asciugamano e tiro via l'acqua dai capelli con l'altro. Solo adesso mi rendo conto di aver lasciato il pigiama e la biancheria intima ancora nello zaino in camera. Senza pensarci troppo, anche se sono vestita solo con un semplice asciugamano, prendo il vestito, me lo metto sul braccio ed esco dal bagno. Stupido errore. Derek è nel corridoio e appena sente la porta aprirsi si gira verso di me. Spalanca gli occhi e mi trapassa tutto il corpo con lo sguardo. Non stacca gli occhi da me.
«Ehm, il bagno è libero. Ehm ... beh ... buonanotte» dico entrando in camera. Oddio, ma cos' ho per la testa? Mi stacco dalla porta e mi affretto a mettere il pigiama. Mi faccio una treccia per raccogliere i capelli bagnati e mi stendo sul letto. Faccio un sospiro profondo. Devo provare a dormire.
Anche se so che sarà impossibile farlo.
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L' Amante del Tempo ||Winner #Wattys2016||
Teen Fiction**** WINNER WATTYS 2016 **** ||Completa|| Emma McKarty è una ragazza semplice, ma con grandi potenzialità. Quello che non sa, però, è che il suo futuro, e forse anche il suo presente e il suo passato, stanno per cambiare. Quando la realtà dei suoi p...