Cap. 11

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- Ma sei sicura di aver letto bene? - Angelo parlava al telefono.

Era davanti al chiosco, quello in cui Francesca si era incontrata con la poliziotta. Lei gli aveva detto di aver visto un cartello in cui si richiedeva l'aiuto di un tuttofare. L'annuncio diceva di telefonare e prendere appuntamento e così aveva fatto, ma del barista, nessuna traccia. Era quasi ora di pranzo e decise di tornarsene a casa.

I quattro amici avevano deciso di vedersi per mangiare un boccone tutti insieme. Non che avessero voglia di festeggiare, ma potevano almeno ricordare la loro amica, tra una forchettata e l'altra.

Non appena Angelo mise piede in casa, Federica e Francesca finirono di apparecchiare, nell'attesa che gli spaghetti si cuocessero.

- Allora? -

- Niente! Quello scansafatiche mi ha dato buca! Riproverò nel pomeriggio. -

- Ma cosa ti frega di andare a fare un turno, sottopagato probabilmente, invece che stare con noi? Siamo in vacanza, cavolo! - Giorgio si accomodò al tavolo. Accanto a lui prendeva posto Federica, poi Marco, Francesca e infine Angelo. La comodità di avere un tavolo rotondo è quella di non litigare per occupare il posto di capotavola.

- La poliziotta mi ha detto che oggi sarebbero venuti i genitori di Matilde. Voi li avete visti? - Chiese Francesca.

- Io, quando sono andata a correre, non li ho visti, ma sono uscita presto, magari Angelo li ha incontrati. - Fece Federica versandosi dell'acqua.

- Io? Ma io non li conosco proprio! Come avrei potuto riconoscerli? -

- Beh, chiunque abbia incontrato sua madre, difficilmente se ne dimentica... - Giorgio fece l'occhiolino all'amico.

- Sempre a giudicare, voi maschi! È una bella signora, e le piace mostrare il proprio corpo, non ci vedo niente di male. - Disse Francesca.

- Niente di male? - Ribattè Federica - ma se lo sanno tutti che quando successe il fattaccio, lei era solita intrattenere ospiti in casa... -

- Erano solo voci! -

- Certo! Come vuoi... Mangiamo, dai. Buon pranzo. -

*******

- C'è qualcosa che non mi torna. - Gemelli continuava a guardare i documenti relativi al primo omicidio, quello di tredici anni prima - non capisco perché le due sorelle se ne stavano fuori tutti i pomeriggi, alla stessa ora. -

Novelli, concentrata sull'ultima vittima, non prestò particolare attenzione al collega. Anche lei non era del tutto convinta di quel finto suicidio. Chiunque aveva deciso di eliminare un testimone, doveva aver capito che i due poliziotti si stavano avvicinando alla verità.

- È fin troppo facile, non credi? - Nadia aprì il suo taccuino.

- Se fosse stato facile lo avrei capito, non credi? -

- Cosa?!? - Questa volta era Novelli a non capire.

- Ma tu di che parli? -

- Del finto suicidio, e tu? -

- Lascia stare... Cosa credi sia troppo facile? - L'Ispettore mise da parte i documenti su cui stava lavorando per dare ascolto alla collega.

- Mi pare fin troppo facile che l'unico testimone di un possibile sospettato sia stato ucciso, inscenando un suicidio. Insomma, credo che chiunque sia stato ad ammazzare il barista, sia implicato nell'omicidio di Matilde. E non credo sia stato il ragazzo... -

- Perché no? -

- Vedi, uno che non ha lasciato tracce sul corpo della prima vittima, pensi sia così stupido da compiere un passo falso? Continuo a pensare che ci troviamo di fronte a due complici. -

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