Capitolo 6. Il quadro e il veliero

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E ricorderò sempre
La parte di te così dolce
Sarò lì ad afferrarti quando cadrai
Ogni volta che mi chiamerai

Come regalo di benvenuto, quella sera stessa, Eustace infilò quattro bei ragni finti nella minestra dei cugini. Dove li avesse presi era un mistero, probabilmente aveva un qualche diabolico laboratorio segreto in cantina, dove faceva esperimenti ancora più diabolici.
Susan, Lucy e Alberta cacciarono un urlo da far venir giù il soffitto. Harold scoppiò in una risata vedendo la moglie saltare in piedi sulla sedia. Peter si astenne da qualsiasi commento, cercando di mantenere la calma ma iniziando silenziosamente a meditare vendetta. Edmund avrebbe voluto strozzare il cugino – il quale sghignazzò come un matto per il resto della cena – e non gli mise le mani al collo solo perché c'era la presenza degli zii ad ostacolarlo. Ma una buona dose di calci sotto al tavolo non gliela tolse nessuno.  
Eustace ed Edmund, come c'era da aspettarsi, iniziarono da subito una guerra. Dapprima silenziosa, nei giorni a venire si sarebbe trasformata in una serie di vere e proprie battaglie a più riprese, cioè quando i signori Scrubb non erano nei paraggi o non guardavano.
Quella sera andarono tutti a dormire molto presto. Lucy e Susan occuparono insieme la stanzetta degli ospiti, non molto grande ma davvero accogliente. Peter e Edmund, invece, vennero letteralmente pigiati in quella di Eustace (c'era da chiedersi se i signori Scrubb avessero calcolato che tale sistemazione sarebbe stata a rischio di risse notturne). Nella cameretta erano state aggiunte un paio di brande piuttosto comode, ma non c'era quasi più spazio per camminare e a Eustace questo non andava affatto bene. Come al solito, quando c'erano i Pevensie nei paraggi, le cose andavano storte, e di mezzo ci andava sempre e solo lui. In ogni caso, Eustace avrebbe guadagnato un po' di respiro dalla presenza nefasta di Peter e Edmund, perché i due ragazzi erano soliti passare quasi tutta la sera nella stanza dalle sorelle, a chiacchierare di chissà quali sciocchezze com'era loro consuetudine.
Proprio mentre il cugino se ne stava sdraiato nel suo letto a pensare queste cose, nell'altra camera Susan e Lucy raccontavano ai fratelli la conversazione tenutasi in taxi durante il tragitto verso casa Scrubb. Poi fu il turno di Peter e Edmund dire alle ragazze della sospetta idea dello zio Harold di voler portare Peter al lavoro con lui.
«Di solito ci lasciano fare quello che volgiamo» disse quest'ultimo pensieroso, «purché non li disturbiamo. Non sopportano averci intorno, di solito, per questo sono rimasto tanto sorpreso dalla proposta. Sembra quasi che vogliano coinvolgerci in una sorta di...non so...che abbiano qualcosa in mente, ecco. Ma non so cosa».
«Probabilmente vogliono solo farci sentire a nostro agio» disse Susan, che non pensava mai male di nessuno.
«Ne dubito. C'è sotto qualcosa».
«Zia Alberta dice che mamma approva queste iniziative».
«Allora perché non ci siamo anche io e Lucy in questi loro 'iniziative' ?» chiese Edmund un po' seccato.
Peter alzò le spalle come a dire che non lo sapeva. «Andrai con la zia, domani?» chiese poi, tornando a rivolgersi a Susan.
«Sì» rispose lei con un breve sospiro. «Credo sia meglio assecondarla, così la farò contenta. Se rifiutassi, ho idea che diventerà ancora più insistente. Dopotutto, è solo una seduta dal parrucchiere».
«Così, di nuovo, io e Edmund siamo tagliati completamente fuori» aggiunse Lucy stancamente. Parlava più per sé che per Ed, in realtà: lui non appariva in alcun modo infastidito dal fatto che lo zio Harold non avesse minimamente pensato di portare anche lui al suo negozio; Edmund era solo infastidito dall'atteggiamento discriminatorio degli zii. Nel complesso, la faccenda non lo toccava più di tanto. Lucy, al contrario, era ancora piuttosto risentita per essere stata ignorata a quel modo da Alberta: perché non poteva accompagnare Susan a farsi i capelli e a fare compere? La zia la considerava davvero tanto piccola da non sentire la necessità di apparire carina e in ordine? Lucy non lo avrebbe mai ammesso davanti agli altri e un po' si vergognava ad ammetterlo anche a sé stessa ma, talvolta, desiderava essere al posto di Susan, essere considerata abbastanza grande da poter fare cose che le erano invece ancora precluse. La mamma le diceva: "il prossimo anno...Il prossimo anno potrai andare a quella festa, potrai stare alzata fino a tardi, potrai iniziare a mettere un vestito da signorina". Ma quel momento non arrivava mai. Susan, ormai sedicenne, era considerata la bella di casa. Per il suo compleanno aveva ricevuto una splendida collana di perle e Lucy era stata felicissima quando gliel'aveva fatta provare, sentendosi in colpa per le piccole fitte di gelosia che ogni tanto provava nei suoi confronti.
«Quando potrò averne una anch'io? A me non fanno mai regali così belli».
«Quando sarai un po' più grande, Lu».
Non era sempre stato così tra loro. Susan era la sua migliore amica, la confidente ideale, e non ne era mai stata invidiosa in alcun modo, neanche per tutti i premi che vinceva nelle gare di nuoto a scuola, né per altro. Perché, nonostante i complimenti che le venivano rivolti, Susan non se ne vantava mai, quasi non si accorgesse di essere com'era. Per Lucy, era bellissima.
Lucy aveva tredici anni, e quando si guardava allo specchio vedeva il suo corpo ancora piuttosto acerbo (anche se negli ultimi mesi si era alzata di statura e aveva cominciato a fiorire). Susan, a tredici anni, a differenza di lei, era già una signorina nel vero senso della parola. Quando si cambiavano, Lucy osservava le linee armoniose del corpo della sorella, desiderando tanto diventare presto come lei. La sua non era vera e propria gelosia, però...
Proprio mentre rimuginava su questi pensieri, Susan le sedette accanto, circondandole le spalle con un braccio. «Non fare così, Lu» la consolò. «Non è la fine del mondo non venire in giro per negozi. Senza contare che, probabilmente, sarà una noia totale».
Lucy sospirò ed emise un debole «Mmm» di assenso, ma senza troppa convinzione.
«Puoi venire a farmi compagnia da zio Harold» scherzò Peter facendole l'occhiolino.
«No, no! Per carità!».
I ragazzi sorrisero.
«Ci divertiremo molto di più qui, noi due» intervenne Edmund. «Pensa Lu, potremmo architettare un bello scherzetto a Eustace per ripagarlo di quello di stasera».
«Edmund...» lo ammonì Susan, rabbrividendo al ricordo del ragno.
Edmund non l'ascoltò, continuando a rivolgersi alla sorella minore. «E ascolta la parte migliore: Eustace deve andare a scuola, mentre noi no! Avremo la casa tutta per noi!».
Finalmente, Lucy sorrise.

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