Capitolo 41. Un dono di Aslan

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Rabadash si svegliò nel bel mezzo della notte e si alzò dal letto con fatica. Doveva uscire di lì. Non era più sopportabile andare avanti in quel modo. Gli sembrava di essere prigioniero sulla sua stessa nave, ora sotto il comando della Strega Bianca.
Assolutamente intollerabile!
Udiva spesso le voci dei suoi uomini più fedeli, Aréf tarkaan e il capitano dell'Occhio di Falco sopra tutti, venire a chiedere sulla sua salute. Ma ecco che subito rispondeva la voce odiosa della Strega, che fredda come ghiaccio, diceva loro che l'unica cosa che potevano fare era spingere la nave alla massima velocità.
«Signora» aveva udito il capitano ribattere con rispetto «anche se riuscissimo a navigare più svelti dei nodi consentiti, non raggiungeremo mai il Veliero dell'Alba. Ormai sono troppo avanti rispetto a noi, è impossibile»
« 'Impossibile' è una parola che non conosco» aveva ribattuto a sua volta Jadis con stizza, e poi li aveva allontanati tutti di nuovo.
Ovviamente, pensò Rabadash, i suoi uomini avevano ragione: non avrebbero mai potuto intercettare la nave di Narnia, ma la Strega Bianca continuava ad insistere che, presto, sarebbero giunti sulla sua isola mobile, la quale era ancora più lontana.
Rabadash fece un ghigno: un'altra magia malefica di quella creatura? Senz'altro. E non a caso.
Jadis aveva un patto con Tisroc: a Calormen serviva la Regina Susan, per cui avrebbe trovato il modo di farla avere al principe. E per quanto riluttante alla presenza della Strega, con questa prospettiva Rabadash aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco.
Uscì sul ponte che il sole era ormai prossimo al tramonto. I marinai gli si fecero subito intorno, felici di vedere il loro signore dopo tanti giorni.
«Dovei siamo?» volle subito sapere Rabadash.
Il capitano dell'Occhio di Falco gli si accostò. «Fino a oggi pomeriggio abbiamo seguito la solita rotta, ma la Strega Bianca ci ha ordinato di fare una breve deviazione verso nordest»
Rabadash si volse con sguardo fiammeggiante. «Avete dato ascolto a quella donna? Conto ormai così poco a bordo della mia nave, ora che sono malato?»
Il capitano s'inchinò ossequiosamente. «No, mio signore, no, ma...»
Rabadash fece un verso sprezzante, a metà con un gemito. Si sistemò meglio il mantello sulle spalle e poi chiese: «Dov'è quell'orribile donna?»
A rispondere fu Aréf tarkaan. «Ha lasciato l'Occhio di Falco quasi un'ora fa. Ha raccomandato di lasciare i comandi ai pirati»
Il principe lanciò uno sguardo al timone, dove stava Ader: quell'uomo e i suoi scagnozzi non erano mai stati ai suoi ordini, non del tutto almeno, e quasi certamente non ascoltavano Jadis più di quanto facevano con lui. Tuttavia, un dubbio gli salì alla mente: potevano i pirati di Terebinthia vendersi alla Strega? Sì, potevano. Essi erano lì solo per un tornaconto personale, solo perché Tisroc aveva assicurato loro oro e protezione. Ma se Jadis avesse dato loro qualcosa di più, sicuramente non ci avrebbero messo molto a cambiare bandiera.
Rabadash si volse verso il capitano e Aréf tarkaan. «Ho la vostra piena devozione, signori?»
Il primo chinò subito il capo; il secondo sostenne lo sguardo del principe e poi imitò il suo compagno. «Sempre, mio principe» disse, per non destare sospetti nel giovane.

Ma in realtà, Aréf pensava a Emeth.
Da quando l'aveva rivisto e aveva capito che il figlio era felice in mezzo ai narniani, aveva iniziato a riflettere e a dubitare dei suoi servigi verso Rabadash e Tisroc.
Forse aveva sempre avuto ragione sua moglie...
Tuttavia, Aréf non poteva mostrare queste sue titubanze, perché se Rabadash avesse avuto anche solo un sospetto su di lui lo avrebbe di sicuro giustiziato per tradimento, e si sarebbe accanito anche sulla su Emeth e sua madre.
Rabadash non sapeva nulla del ragazzo, il principe era ancora convinto fosse morto tragicamente durante lo scontro sull'Isola delle Voci. Da quando il principe era stato ferito, nessuno si era potuto avvicinare alla sua cabina dopo che era arrivata la Strega Bianca. Aréf era più che sicuro che nessuno avesse avuto il tempo di riferire che Emeth tarkaan non era morto come credevano, bensì passato dalla parte del nemico.
E in mezzo alla preoccupazione per il figlio, Aréf aveva un altro pensiero: lo strano comportamento di Ader. Il pirata non aveva aperto bocca nemmeno con i suoi uomini, ma Aréf era più che sicuro che avesse capito che era stato lui a far fuggire il ragazzo, tradendo il principe.
«Perché non avete parlato?» gli aveva chiesto il tarkaan.
Il pirata si era limitato a rispondere così: «Ognuno di noi fa quello che deve»
Aréf davvero non capiva...
Rialzò il capo e vide Rabadash mostrare un'espressione soddisfatta sul viso tirato. «Vi siamo tutti ancora fedeli, Altezza» ribadì.
«Così deve essere!» esclamò il principe del sud.
D'un tratto, l'ufficiale di bordo si avvicinò e annunciò che avevano avvistato terra. «Ma è molto strano, mio signore: non ho mai visto qualcosa di simile. Sembra che l'isola si muova, che ci stia venendo incontro»
Rabadash si portò accanto al parapetto e si accorse improvvisamente che il braccio non gli faceva più male come prima. Avvertiva uno strano sollievo. Si scostò il mantello, alzando la manica della camicia, spostò appena il bendaggio e vide che la ferita rossa come il fuoco si era come 'spenta'. Non bruciava più. Allora alzò il capo e osservò la massa di nubi temporalesche che vorticavano tutto intorno a un'isola brulla e buia, la quale a malapena si distingueva nell'oscurità: la famigerata Isola delle Tenebre.
«Siete in piedi, Altezza Reale? Mi fa piacere» disse una voce alle sue spalle.
Rabadash, Aréf e il capitano dell'Occhio di Falco si voltarono e guardarono Jadis uscire dalle ombre. Sembrava più minacciosa che mai e i marinai si ritrassero.
«Dove siete stata?» chiese subito il principe.
«A sbrigare una piccola faccenda sulla mia isola» rispose lei, fissando lo sguardo sulla massa di nubi nere.
«La vostra isola?» chiese Rabadash dubbioso. «Non avevate detto che si trovava quasi alla Fine del Mondo?»
«Sì, è così» rispose ancora lei con un sorriso soddisfatto. «Vi state chiedendo come abbia fatto la vostra nave a giungere così velocemente fino a qui?»
Rabadash la fissò con un certo disgusto. «No, non ve lo chiederò. Lo so già: la vostra isola si muove»
«Diciamo che ci siamo incontrate a metà strada» disse Jadis con superiorità, poi si voltò a guardarlo molto seriamente. «Ringraziatemi, perché se state meglio è tutto merito mio. E ora che siete giunti alla mia terra, dove l'oscurità del mondo intero si concentra, starete ancora meglio fino a che non avremo il sangue della Figlia di Eva»
Il principe congedò in fretta gli uomini e prese la Strega da parte.
«Ascoltate, signora» calcò sulla parola con sarcasmo, «Susan è mia, avete capito bene?»
«È una Pevensie, e io li voglio tutti morti»
Rabadash annuì. «Siete già giunta a questo accordo con mio padre, lo so bene. Ma la voglio io! Lei il Liberatore devono morire per mano mia. Voi non la toccherete. Voglio essere io a torcere il suo bel collo»
«In che senso, la volete?»
«In tutti i sensi» ghignò il giovane, con una luce di pura follia nello sguardo.
«Non dovrete farle nulla prima che vi abbia guarito, ricordate» lo redarguì Jadis.
«Sì» annuì il giovane. «Prima mi darà quello di cui ho bisogno, poi quello che da lei desidero da tempo per salvare il mio regno. E poi potrà raggiungere il suo caro Caspian all'inferno!»
Jadis represse un sorriso. «Allora dobbiamo affrettarci, perché il Veliero dell'Alba sta per arrivare alla Tavola di Aslan». Indicò con un lungo dito spettrale un alto promontorio a mala pena visibile in quell'oscurità.
Rabadash si mosse appena, ma lei lo fermò.
«Non siate ansioso. Saranno i Sovrani a venire da noi»
«Sembrate molto sicura»
«Li conosco da più di mille anni»
Rabadash e la Strega rimasero fianco a fianco senza parlare per un po'.
L'Occhio di Falco avanzava ora tra scogli appuntiti che circondavano l'isola, contro i quali le onde s'infrangevano con violenza. D'improvviso, dall'acqua salì una strana nebbia verde, molto simile a quella che avevano visto sulle Isole Solitarie. Immediatamente, tutti i marinai e i soldati ricordarono l'episodio e molti gridarono spaventati: «La maledizione di Tash! La maledizione di Tash!»
«Zitti!» esclamò Jadis alzando un braccio. «Non è mai stata opera di Tash, stolti uomini»
Entrarono nella nebbia e tutti si chiesero cosa mai avrebbero trovato al di là. Cosa c'era su quell'isola? Quali spaventose cose dovevano aspettarsi di vedere?
Rabadash tornò a guardare verso il mare, e sentì un brivido percorrergli la schiena quando vide qualcosa affiorare in superficie.
Anche il resto dell'equipaggio lo notò: sembravano collinette che salivano e scendevano, sopra e sotto il livello dell'acqua. Poi si udì uno strano rumore ma nessuno seppe identificarne l'origine e la provenienza.
«Ricordatevi una cosa, principe Rabadash» disse poi Jadis, quando furono vicini alla costa. «Fate quello che vi dico, e niente e nessuno vi farà del male. Traditemi, e vi darò in pasto alla mia isola con tutta la nave»
Rabadash si volse a guardare la Strega e di nuovo provò un brivido di terrore. Sembrava un fantasma nella strana luce della sera, e solo in quel momento si rese pienamente conto che non era umana.
Ma quel terrore fu nulla in confronto a ciò che provò quando vide riflesso sull'acqua un bagliore rossastro. Una nuova collinetta più grande delle altre emerse in superficie, e due occhi giganteschi brillarono nella notte.
«Che cos'è?!» gridò il principe del sud, tentando malamente di non mostrare la sua impressione.
«Ciò che fa muovere l'sola» disse tranquillamente Jadis.


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