Capitolo 36. Inseguendo la felicità

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Tutti questi giorni inseguendo un sogno ad occhi aperti
Tutti questi anni vivendo in una massa indistinta
Tutto quel tempo senza mai vedere veramente
le cose nel modo in cui erano
Ora lei è qui a brillare nella luce delle stelle
Ora lei è qui, improvvisamente so
Se lei è qui è chiaro come il cristallo
Sono dov'ero destinato ad andare



Il boccaporto si aprì con un colpo secco e chi era nei paraggi non poté fare a meno di trasalire per quel rumore e il movimento improvviso. Tutti gli uomini dell'Occhio di Falco si voltarono uno dopo l'altro mentre tra loro si faceva largo una donna, altissima, di una straordinaria e glaciale bellezza. I lunghi capelli biondi erano acconciati in una complicata pettinatura, era avvolta da un lungo abito bianco con strascico, le braccia nude, il portamento regale, gli occhi azzurri come ghiaccio ma che un attimo dopo apparivano neri come tenebra tanto esibivano un'espressione minacciosa. Molti chinarono la testa al suo passaggio, non riuscendo a guardarla, altri invece erano incantati. Ma tutti, nessuno escluso, capirono di chi si trattava. Gli unici che sembravano quasi immuni da lei erano Aréf tarkaan e i pirati, i quali la osservavano con un misto di odio e paura.
Jadis si fermò al centro del ponte e nel silenzio più completo – poiché tutti si erano ammutoliti per la sorpresa – iniziò a parlare.
«Ascoltatemi tutti molto attentamente» esordì «Il vostro principe sta molto male. Durante l'ultima battaglia, una strana maledizione l'ha colpito e a nulla servono le cure dei vostri medici. Pertanto prenderò io il comando della vostra nave fino a che Rabadash non si sarà ristabilito. Ubbidirete a me come ubbidireste a lui»
Nessuno osò replicare, anche se dai volti dei marinai era chiaro che non li aggradava per nulla dover prendere ordini da una donna.
Aréf tarkaan fece un passo avanti, seguito da Ader il pirata.
«Signora» esordì il capitano della guardia, «perdonate la mia reticenza nei vostri confronti ma... sono io ad avere la responsabilità dell'Occhio di Falco, ora»
Jadis lo squadrò da capo a piedi. «Non credo proprio»
«Vorrei sentirlo dire dallo stesso principe, se non vi dispiace, perché proprio ieri mi ha incaricato di...»
Jadis lo interruppe. «Ieri, Rabadash era ancora convinto di poter guarire, ma dopo la nostra conversazione ha capito che ci vorrà del tempo e che non può assolutamente affidarsi soltanto a voi, capitano. Se volete comunque disturbarlo...chiedetegli tutto quello che volete, ma non credo ne sarà felice». Jadis fissò il capitano con insistenza, ma egli sostenne il suo sguardo.
«È stato Sua Altezza, dunque, a ordinarvi di prendere il comando della spedizione al posto mio?» chiese Aréf.
Gli occhi della Strega Bianca divennero ancor più cattivi dopo quella domanda. «Io non prendo ordini da nessuno; io do gli ordini. I vostri Rabadash e Tisroc si sono affidati a me già da tempo e ora tocca a voi. Se non volete rimanere qui a morire di fame, visto che il vostro veliero non può muoversi, farete ciò che vi dirò. E ora non perdiamo altro tempo e rimettete subito questa nave in mare!»
«Ma signora!» intervenne un marinaio dall'aria disperata. «È troppo mal ridotta per riprendere a navigare»
«Sciocchi!» sbottò Jadis, estraendo la sua bacchetta magica dalle pieghe dell'abito e battendo una volta la punta dorata sul ponte.
I calormeniani si ritrassero quando l'incantesimo si attivò. In pochi secondi, l'Occhio di Falco tornò come nuova.
«Al lavoro!» esclamò la Strega. «Raggiungiamo la nave di Narnia, in fretta! Se volete salvare il vostro principe, avremo bisogno del sangue di un figlia di Eva»


***


L'alba irruppe in una vampata di oro e bianco dando il benvenuto al nuovo giorno. Quando Gael si svegliò si stropicciò gli occhi, si stiracchiò e sbadigliò, volgendo lo sguardo al cielo dove vide brillare più splendente che mai una grande Stella Azzurra proprio davanti a lei.
«Lucy! Lucy sveglia!» Gael scosse forte l'amica per un braccio, impaziente di mostrarle ciò che per prima aveva visto.
«Eh? Co-cosa c'è?» fece la giovane Regina, trasalendo leggermente per essere stata svegliata in quel modo.
«Guarda! Guarda!» indicò la bambina puntando un dito contro il cielo.
«Oooh!» esclamò Lucy, sorridendo felice e mettendosi a sedere sulla sabbia dov'era sdraiata fino a un attimo prima.
Gael si alzò svelta in piedi, correndo a svegliare tutti gli altri. «Vostre Maestà, padre, guardate: è la Stella Azzurra! È apparsa di nuovo! Ragazzi, svegliatevi!»
Caspian, Susan, Edmund, Emeth, Peter, Miriel, Eustace e Ripicì, uno dopo l'altro aprirono gli occhi e osservarono con un sorriso l'astro lucente davanti a loro che non sbiadiva nemmeno con la luce solare sempre più forte. Ma superata la meraviglia iniziale, vi fu un pensiero comune: era quella vera?
Risalendo a bordo della nave, i cinque Sovrani e gli amici discussero su questo. C'era chi ancora non voleva credere all'ipotesi di un imbroglio, primo fra tutti Edmund e con lui Miriel. C'era chi, come Peter, Emeth e Lucy, voleva arrivare a capire cosa stesse succedendo prima di tirare conclusioni affrettate e fidarsi o meno della Stella. Ma c'era infine chi, come Caspian e Susan, avrebbe preferito pensare che la Stella Azzurra fosse qualcuno da cui guardarsi.
«Non possiamo essere così maligni, non è giusto» affermò Susan, quando Caspian la lasciò sulla soglia della sua camera.
«Non puoi negare di averci pensato, però, come ci ho pensato io» ribatté lui. «Se si rivelasse diversa da Miriel, se non fosse apparsa per aiutarci ma per sviarci, vorrebbe dire che non è dalla nostra parte, che è una nemica come Jadis, e allora chiunque concorderebbe sul fatto che una nemica di Narnia non potrà mai divenire regina»
Susan scosse il capo, inquieta. «Stai dicendo cose che non pensi. Dopotutto, lei non ha colpe, sono io quella che ha scombinato ogni cosa»
Il Re lasciò cadere il discorso. «Ora devo tornare di sopra»
«Caspian, non sono fiera di te quando fai certi discorsi, nonostante anch'io vorrei che...»
"Che lei non esistesse", pensò la Dolce, ma non poteva dirlo, non doveva pensarlo neppure!
Lui non le rispose, invece le prese una mano e ne baciò il dorso. «A dopo»
Lei sospirò, rassegnata. «A dopo».

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