Capitolo 21. Il ritorno della Strega

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Prego affinché questo cuore non si spezzi, 

ma senza di te tutto quello che sto per diventare è

incompleto...


Seduto nel suo ricco salotto, l'Imperatore Tisroc fissava il cielo notturno attraverso la grande finestra della terrazza, facendo scorrere i pensieri uno dopo l'altro. Tante erano le faccende di cui doveva occuparsi: il benessere della sua famiglia, soddisfare le richieste dei nobili, le piccole rivolte del popolo per le imposte troppo alte, e il viaggio di suo figlio.

Tisroc era imperatore di Calormen dall'età di trent'anni. Al pari di tutti i suoi antenati, fu addestrato lungamente per ricoprire tale titolo secondo la tradizione: preparato nella politica, ottimo combattente, devoto a Tash. Era un uomo avvezzo a non mostrare mai le sue emozioni, così freddo e impassibile da non sembrare neanche umano, a volte. Nulla lo scalfiva, non un gesto o una parola sgarbata. In realtà, era un attento osservatore, pronto a colpire non appena l'ignaro nemico si avvicinava. Astuto, paziente e calcolatore, c'erano voluti anni per convincerlo ad attaccare Narnia, nonostante le pressanti insistenze dei suoi consiglieri e del suo primogenito. Il principe Rabadash aspettava da tre anni di scalzare quel ragazzino di Caspian X dal trono e consegnarlo a suo padre.

Tisroc sarebbe partito volentieri con il figlio, ma ormai era vecchio e non credeva di poter sopportare le fatiche di un viaggio tanto lungo. Sperava solo che Rabadash non agisse d'impulso. L'Imperatore rammentava le pressioni del figlio per partire verso le Isole Solitarie e rivendicarle in nome di Calormen; ancor più l'ossessione di Rabadash verso la Regina Susan.

Al contrario del padre, Rabadash era un tipo fin troppo emotivo, bellicoso e difficile da gestire per il genitore.

La pazienza è una virtù, era una delle frasi preferite di Tisroc, che preferiva la certezza di una vittoria sicura piuttosto che gettarsi allo sbaraglio. La pazienza era una qualità che suo figlio non possedeva, ma che l'Imperatore di Calormen aveva dimostrato più che pienamente una notte simile a quella di oggi, quando era stato necessario cambiare i loro piani iniziali per venire a patti con una nuova realtà...

Tisroc si alzò dalla sua poltrona, portando i ricordi indietro di alcuni mesi: quando aveva dato il permesso a Rabadash di partire per inseguire Caspian, permesso che gli aveva accordato dopo aver ricevuto la visita di qualcuno di assolutamente inaspettato nel cuore della notte. Una notte scura e senza luna, fredda, come tante altre nel Grande Deserto, simile a quella che stava ammirando ora dalla finestra della terrazza. Ricordava come fosse ieri, ma erano passati mesi...

Quella notte, le grandi finestre dalla stanza da letto imperiale erano rimaste aperte per lasciar entrare l'aria della notte, a volte gelida ma assai piacevole dato il caldo insopportabile di quei giorni estivi. L'Imperatore si era alzato dal letto che divideva con la prima delle sue tre mogli. Direttosi verso il tavolino di cristallo sul quale era posata la brocca dell'acqua, ne aveva versata un po' in un bicchiere ed era uscito sul balcone. La città di Tashbaan si estendeva sotto di lui con i suoi tetti bianchi e squadrati. Le alte cupole del Gran Tempio di Tash, che sorgeva poco lontano dal palazzo imperiale, svettavano verso il cielo quasi potessero toccarlo.

Era stato nel rientrare in camera che Tisroc si era accorto di non essere solo.
Aveva lanciato un'occhiata al grande letto nuziale, dove l'Imperatrice dormiva tranquilla. Gli era venuta la pelle d'oca e un brivido aveva percorso la sua schiena. Ma non era per il freddo, era qualcos'altro. Avvertiva una presenza oscura. Era nascosta lì, da qualche parte. Tisroc era corso alla porta che divideva la camera da letto dal resto delle stanze che comprendevano i suoi appartamenti, con l'intenzione di chiuderla a chiave, quasi potesse costringere la presenza a rimanere fuori. Nel lanciare una veloce occhiata al salotto, però, aveva visto una figura uscire dalle ombre accompagnata da una strana foschia vorticante di colore verde. Ella si era messa a fissarlo con occhi neri come pozzi di tenebra.

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