Capitolo 32. Lacrime, amore e un sogno

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Io volevo stare con te
Perché ne avevo bisogno
Ho bisogno che sentissi che dicessi che ti amo
Ti ho amato tutto il tempo...


Quando Susan si svegliò il mattino seguente, non riuscì a ricordare tutto e subito di quanto successo la sera precedente. Era come se il suo cervello si rifiutasse di accettare l'inevitabilità dei fatti. Rimase a lungo sdraiata ad ascoltare attorno a sé le voci e i suoni dei marinai al lavoro, passi tonanti sopra di lei di gente che si muoveva sul ponte. E quei rumori risvegliarono l'improvvisa comprensione che quell'incubo di pianti e grida era stata la realtà. Non aveva nessuna voglia di alzarsi. Si sentiva incredibilmente stanca, la testa pesante, causa la notte praticamente insonne passata a singhiozzare sul cuscino, il più silenziosamente possibile per non essere notata dagli altri, stringendo le coperte della branda che di solito occupava Caspian.
Odorava di lui.
Era stato assurdo voler dormire proprio nel suo letto, così da non poter smettere di pensarlo nemmeno per un secondo, ma in quel modo lo sentiva vicino anche se non era lì con lei. Una sola volta aveva dormito lì insieme a Caspian, poco prima che la Strega Bianca attaccasse la nave. Erano così felici in quei giorni, fatti di promesse e speranze. Riuscivano a essere spensierati nonostante le incertezze e le difficoltà.
Ma quei momenti ormai erano lontani e non era nemmeno sicura che sarebbero tornati.
Quali sarebbero state le conseguenze del loro litigio? Cosa si sarebbero detti? Cosa avrebbero fatto adesso?
Lei era stata stupida a fuggire via così, senza nemmeno cercare altre spiegazioni, ma Caspian le aveva parlato e l'aveva cacciata così duramente che l'unica cosa che era riuscita a fare era stato voltargli le spalle e uscire dalla sua stanza per non udirlo più gridare.
Si era sentita tradita, presa in giro, e lui non aveva smentito nulla, aveva detto solo che non si voleva sposare. Ma cosa cambiava? Ormai era tutto deciso.
Volere una cosa non significa farla. Lei lo sapeva bene.
Desiderava vederlo, per chiarirsi di nuovo, o almeno provare a farlo. Però...però non se la sentiva, perché aveva paura. Lo aveva visto arrabbiato diverse volte, per svariate ragioni, ma mai veramente, e soprattutto non in quel modo. Il solo pensiero di scorgere di nuovo quell'espressione dura nei suoi occhi scuri e penetranti la spaventava, perché la rabbia dentro di essi era per lei.
Avrebbe tanto voluto passare sopra ogni cosa, dirgli che le dispiaceva e che voleva che tutto tornasse come prima. Ma come? Come riuscirci? Non poteva tradire Aslan, ma non poteva tradire il suo cuore. Amare Caspian significava disubbidire di nuovo, rischiare- stavolta per sempre- di non rivedere Narnia mai più; non amarlo- o per lo meno rinunciare a lui, perché di amarlo non avrebbe smesso mai- significava rinnegare il suo amore ma fare ciò che era giusto per Narnia.
Ancora una volta, si trovava davanti a un bivio. Lei sapeva già quale parte avrebbe scelto, tuttavia...
«Susan, non vieni a fare colazione?» la chiamò piano piano la voce di Lucy.
La Dolce si voltò appena. «No, non mi va».
La ragazzina avanzò tra le brande vuote fino a raggiungere la sorella maggiore. «Che cosa è successo?»
«Niente, Lu. Lasciami sola, per piacere» fece Susan, dandole le spalle.
«Non stai bene?»
Susan non rispose, facendo cenno di no col capo.
Lucy aggrottò la fronte. «Non è meglio che ti fai vedere ancora dal dottore?»
«No, non serve. Non sono malata, sono solo...». Susan lasciò la frase a metà, non sapendo bene come definire il suo stato d'animo. Era assediata da emozioni che la consumavano dentro e si sarebbe messa gridare ancora se ne avesse avuto la forza.
«Ne vuoi parlare?» provò a chiedere la Valorosa.
La Regina Dolce scosse ancora la testa, voltandosi verso di lei. «No. Grazie lo stesso. Ma adesso davvero non mi va»
Lucy rimase un po' delusa e restò per un istante a fissare la sorella.
«Come l'hai capito?» domandò la Dolce poco dopo.
«Da che sia tu che Caspian avete due facce da funerale, stamattina»
Susan accennò un debole sorriso.
La piccola Pevensie fece per andarsene. «Ti lascio sola. Scusa se ti ho disturbato»
«Non mi hai disturbato, Lu»
Le due sorelle si guardarono e si sorrisero.
Quando Lucy se ne andò, Susan rimase a pensare a tutto e a niente.
Ormai era passato un giorno da quando aveva parlato con Drinian. Un giorno soltanto. Sembrava tanto di più.
Chissà cosa avrebbe detto Caspian non vedendola. Si sarebbe preoccupato? Avrebbe chiesto di lei oppure no? Di certo era ancora molto arrabbiato. Le bastava pensarlo, chiudere gli occhi e immaginarlo, per vedere chiare davanti a lei tutte le sue espressioni, tutti i suoi gesti. Il vizio che aveva di passarsi una mano sulla nuca o tra i capelli quando era imbarazzato per qualcosa. Il modo di stringere le labbra e contrarre il viso quand'era arrabbiato. Il movimento delle sue labbra mentre si schiudevano in un sorriso.
Caspian. Caspian. Caspian.
Il suo nome era come il rimbombo del tuono nel cielo cupo che era il suo cuore.
Aveva sempre saputo di dover pagare il prezzo della sua disobbedienza, ebbene lo stava scontando ora. Non vederlo, non toccarlo, non sentirlo vicino a lei. Era una tortura alla quale era impossibile sottrarsi, e sarebbe stato sempre così d'ora in avanti, fino a che non fosse tornata di nuovo sulla Terra. Non poteva più abbracciarlo, baciarlo, stringerlo. Lui era di un'altra e lei doveva tirarsi indietro.
Si assopì di nuovo, per quanto tempo non seppe dirlo. Si risvegliò quando avvertì il peso di qualcuno che si sedeva accanto a lei sulla branda, facendola leggermente inclinare.
Già sapeva chi era senza bisogno di aprire gli occhi o voltarsi.
La mano di lui le sfiorò i capelli e la schiena.
«Hai intenzione di rimanere chiusa qui dentro ancora per molto?»
Il tono di Caspian era indecifrabile. Lei avrebbe voluto vedere la sua espressione ma non si mosse. Sembrava quasi comportarsi come se non fosse successo nulla.
«Susan?»
La Dolce mosse appena le spalle, in modo che lui scostasse la mano da lei. «Lasciami stare» mormorò, rannicchiandosi ancor più nelle coperte.
«No, non ti lascio stare». Caspian la fissò qualche istante. Dannazione a lei e alla sua assurda testardaggine!
«Susan, guardami» disse il Re, e sembrava quasi un ordine.
«No»
Lui imprecò sottovoce e allungò le braccia sollevandola senza tanti complimenti, costringendola a sedersi di fronte a lui.
Lei emise un piccolo grido di stupore sentendosi afferrare in quel modo un po' brusco.
«Cosa...?»
«Smettila di fare la bambina viziata e alzati!»
Lei lo fissò con rabbia e cercò di liberarsi dalla sua presa.
«Vuoi fare l'ostinata? Non mi vuoi parlare? Va bene! Ma smettila di comportarti in questo modo, stai facendo preoccupare tutti»
«Perché non spieghi tu agli altri perché sto così? È colpa tua!» le uscì detto, con un tono che non avrebbe voluto assolutamente usare.
Caspian la lasciò andare e si alzò, sentendo riaffiorare tutta la rabbia della sera prima.
«Non dare tutta la colpa a me! Io ho cercato di spiegarti! Tu non sei stata a sentire!»
«Non c'era niente da ascoltare se non le tue bugie!»
«Non ti ho mai detto bugie!»
«Invece sì, continuamente!»
Ecco che avevano ricominciato a gridare senza rendersene conto. Susan era in piedi.
«Bene» disse Caspian guadandola e annuendo, con una vaga nota di soddisfazione. «Almeno ti sei alzata. Se vuoi litigare ancora, io sono disponibile. Ma prima vestiti e mangia qualcosa. Sei pallida»
La Regina si accigliò un poco ed entrambi continuarono a fissarsi in silenzio.
«Potesti uscire, per favore?» chiese a un tratto la ragazza.
«Scusa?»
«Mi devo cambiare»
Il giovane sorrise leggermente. «Non dirmi che ti vergogni di me?»
Susan arrossì un poco. «No, ma...non mi sembra il caso che tu rimanga»
«Perché?» Caspian le si accostò piano, avvicinando il volto a quello di lei.
La Dolce indietreggiò un poco e si ritrovò contro il muro. Caspian alzò le braccia e le posò ai lati del suo viso.
«Se solo tu mi lasciassi spiegare, allora capiresti perché non ti ho detto nulla» sussurrò lui, provocandole brividi lungo tutto il corpo. «Non ti ho mai mentito. Non su di noi. Non su quello che provo per te»
Susan puntò un dito contro il nulla. «Mentre dicevi di amare me, sapevi che là da qualche parte c'era un'altra donna che ti aspettava! E se questo non è mentire, dimmi tu che cos'è! Ieri sera non hai screditato le parole di Drinian, e non...»
«Smettila di rimuginare su ciò che ti ha detto Drinian!» la interruppe Caspian, la voce alterata che rimbalzava sulle pareti dello stanzone.
Ma Susan non si fermò, alzando la voce per sovrastare quella di lui. «E non mi hai detto nulla fino ad ora perché non sai assolutamente come uscire da questa situazione, prova a negarlo!»
Caspian piegò la testa in avanti e alcuni ciuffi di capelli gli finirono sul volto, sbattendo una mano sulla parete. Susan strinse gli occhi e trasalì.
«È ...è complicato» disse il Re, respirando a fondo. «Ma se tu mi lasciassi parlare e per una volta mi ascoltassi...»
Lei continuò a fissarlo. «Non lo avresti mai fatto, vero? Non me lo avresti mai detto. E anche se me lo dici ora non fa alcuna differenza, te l'ho già detto: ti devi sposare, questo è sufficiente. Non c'è futuro per noi, non c'è mai stato. Io mi sono illusa e tu invece lo sapevi! Mi hai presa in giro, sei un bugiardo, ti odio!»
Caspian rimase immobile per qualche secondo, durante il quale Susan si rese conto di quanto le sue parole l'avessero ferito.
Lei non avrebbe voluto parlargli così. Le parole erano uscite senza pensare. Tuttavia qualcosa la frenò dal chiedergli scusa. Era lui a doversi scusare, non lei. Lei era sempre stata sincera.
Il Re alzò piano il capo e la guardò con quegli occhi così profondi dai quali si lasciò sopraffare senza nemmeno provare a lottare. Susan credette di vederlo arrabbiarsi ancora di più, invece, lui si limitò ad allontanarsi e guardarla con tristezza.
«Se la metti così, allora non abbiamo più niente da dirci. Ora vestiti e sali sul ponte. C'è bisogno anche di te». Il giovane si allontanò freddamente, ma quando uscì sbatté forte la porta, mostrandole con quel gesto quanto in realtà fosse arrabbiato.
Nella mente di Susan risuonavano le sue parole.
Seppe di aver esagerato, stavolta. Perché aveva reagito così? Perché non era riuscita a parlargli come si deve?
Una morsa soffocante e dolorosa le serrò il petto e tre parole si fecero strada nella sua mente.
Mi ha lasciata.

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