5.Perché?

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Lo schiaffo che Molly mi ha tirato brucia più dentro che sulla pelle.
I suoi occhi sono colmi di lacrime, ma lei le trattiene. È diventata più forte.
-Sono stato...- comincio a parlare guardandola negli occhi. Ma lei mi ferma con voce ferita.
-Non me ne importa niente di dove sei stato. Di cosa hai fatto. Di dove e come hai vissuto...dimmi solo perché-
-Perché dovevo far credere a Moriarty...-
Lei mi ferma ancora scuotendo la testa.
-Non capisci mai. Non riesci ad andare oltre i semplici fatti. La strategia. Non ti importa nulla di ciò che c'è oltre? Oltre alla deduzione, oltre il calcolo e le previsioni? Perché non potevo saperlo? Perché non lo hai detto a me? Perché non lo hai detto a John? Sarebbe bastata qualsiasi cosa: un biglietto, una lettera, un messaggio, una telefonata...Qualsiasi cosa e noi avremmo capito. Perché noi siamo...eravamo tuoi amici. Amici! Capisci che cosa vuole dire? Certo che no perché tu pensi solo a te stesso. Non ti importa nulla dei sentimenti altrui. Hai idea di cosa io abbia passato? Hai idea di cosa abbia passato...-
-John- termino io la frase. Lei ormai sta singhiozzando.

Il tempo sembra essersi fermato. Le lancette sono ferme, immobili. I rumori sono accentuati. Distinguo perfettamente il battito del cuore di Molly. Rapido. Il suo petto che si alza e si abbassa spasmodicamente.

-Io...- non so cosa dire.

Mi trovo in una situazione fastidiosa. Tutto ciò che sta accadendo non era previsto. E la cosa peggiore è che Mycroft mi aveva avvertito. E io detesto dargli ragione.

Non sono mai stato capace di parlare delle più delicate passioni umani, dei sentimenti. Ho sempre ostentato un sogghigno di disprezzo. [1]

Non so cosa sia l'empatia. E ora, il disprezzo e la rabbia che Molly prova per me, mi sembrano un imprevisto. Qualcosa che è andato storto.

Ma quel suo sguardo, quegli occhi gelidi, stanno forse cercando di scavare una breccia nella mia compostezza? 

-...Mi dispiace. - 

Le parole non sembrano nemmeno uscire da me. E' la mia voce, sì, quella che sento, ma non so da dove sia arrivato l'impulso. Quelle due piccole insignificanti parole non sono passate prima dalla mia mente, non sono state elaborate. Eppure sembrano le parole giuste.

Molly sembra intenzionata a dire qualcosa. Apre la bocca ma non fa in tempo a dare voce ai suoi pensieri. Dietro di me una porta sbatte e una voce che un tempo non mi era molto gradita risuona nella stanza. Un'esplosione nel silenzio:

-Non ci posso credere! Sei davvero tu! -

Sono felice di constatare che il livello intellettivo di Anderson non è mutato nel tempo. 

E' sempre un idiota. 

***

"...E ancora continuano le ricerche di Morgan Jackson. Nessuno ha più visto il ragazzo dopo che venerdì pomeriggio non è più tornato a casa. Era uscito per prendere parte ad una presentazione in biblioteca ma lì nessuno l'ha visto, non vi è dunque mai arrivato. Parlando coi suoi insegnanti è emerso che a scuola soffriva di problemi di bullismo, ci si chiede dunque se la sua non sia stata una fuga volontaria per sfuggire ad una situazione sgradevole..."

Prendo il telecomando per alzare il volume. Kim mi fulmina con lo sguardo; lei odia che si guardi la tv mentre si sta a tavola, ma non riesco a spiegarmi il motivo del mio interesse verso i piccoli misteri.

-Fammi ascoltare solo questa notizia- la prego mentre mi concentro sulla foto del ragazzino che è appena comparsa sullo schermo accanto alla giornalista: Morgan Jackson sembra un normalissimo ragazzino di tredici anni dallo sguardo timido e curioso. Ha una zazzera di capelli rossi e riccioluti, una spruzzata di lentiggini e due occhi verdi intensi che risaltano sulla pelle pallida. La sua immagine è stata catturata mentre era intento a leggere un libro e la bocca ha una leggera piega verso l'alto, un timido sorriso un po' incerto. 

La voce della giornalista continua pregando chiunque avesse notizie di Morgan di riferirle il prima possibile.

Il servizio cambia e la linea viene passata ad un ragazzo, che, armato di microfono, sta commentando una piattaforma di raccolta rifiuti che straripa sacchetti dell'immondizia.

Sento il comando scivolarmi dalla mano e lo schermo diventa nero con un suono sfrigolante.

Kim, con un sorriso soddisfatto, si versa un bicchiere di vino ed esclama:

-Allora, com'è andata la giornata? -

Lancia il telecomando sulla poltrona e si concentra nuovamente su di me e la nostra cena.

Non sarebbe una domanda tanto difficile beh, se sapessi com'è andata.

Ancora non riesco a spiegarmi la comparsa di quello strano e un po' inquietante individuo in casa mia. Dopo che se n'è andato la mia routine si è svolta come sempre: sono andato al lavoro, ho mangiato il mio panino durante la pausa pranzo, ho ripreso a seguire il Dottor Hamleig cercando di apprendere quanto più possibile dalla sua sconfinata intelligenza.

Faccio finta di essere molto impegnato a masticare per prendere tempo e decidere se è il caso di approfondire con Kim la strana mattinata o fare finta di niente.

Da giornalista d'assalto quale è non mi lascerebbe scampo fino a che io non sia in grado di fornirle tutti i dettagli più significativi, ma io, stordito com'ero, non è che abbia raccolto poi così tanti dati significativi. 

Se non l'immagine di quegli occhi azzurri e vividi stranamente familiari. E allo stesso tempo completamente sconosciuti.

Essendo finito il tempo di tergiversazione a mia disposizione, mi butto sulla risposta classica ed efficace:

-Mah, il solito, giornata tranquilla in ambulatorio, se non per l'ennesima visita al signor Howl che è ancora convinto di avere le emorroidi. -

Trattengo una risatina mista a disgusto a ricordare l'anziano signor Howl che tutti i giorni ci omaggia di una visita convinto di essere affetto da qualche male assurdo.

Io e il dottor Hamleigh abbiamo fatto la nostra diagnosi: ipocondria!

-E a te com'è andata? -

Kim si passa una mano tra i capelli castani e si porta una ciocca dietro l'orecchio. 

Mi piacciono questi piccoli e tranquilli momenti di vita quotidiana. L'assenza di ansie e pressioni. La mia placida e sicura routine.

Una fantastica ragazza al mio stesso tavolo. Insomma, cosa c'è di meglio nella vita? 

Eppure, ogni giorno che passa, noto un peggioramento alla gamba. Zoppico sempre più vistosamente e Kim continua a propormi di andare a farmi vedere da un medico. Forse dimenticandosi che io dovrei essere un medico.

O almeno la laurea esposta alle mie spalle recita così.

Mi sono sempre opposto a questa sua richiesta perchè so bene cosa spinge la mia gamba a rifiutarsi di camminare, a fare l'anticonformista. Non si tratta di problemi ai legamenti o alle ossa, no, è un problema più profondo e dislocato in altre parti del corpo.

Un po' nel cervello. 

E un po' nel cuore.


NOTE:

[1] Rielaborato da "Uno Scandalo in Boemia" Arthur Conan Doyle

Remember | BBC Sherlock Fanfic #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora