33. Speranza

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Non riesco più a sopportare il suo sguardo. Ogni volta che incrocio gli occhi della Signora Hudson vi leggo disprezzo. Ha condannato la mia scelta e mi reputa responsabile dell'abbandono di Sherlock Holmes.

Ed è esattamente ciò che credo anch'io.

Sbatte sul tavolo il vassoio e la tazza e la zuccheriera tintinnano.

- Gradisce un tazza di the signor Watson? – il suo tono è freddo, stridulo.

- Che se la faccia da solo. Questa è la tazza, questo è lo zucchero e quello è il fornello. Io non intendo più fare parte della sua vita. –

Tace un istante, sembra dubitare delle sue parole, poi torna ad essere risoluta e mi rivolge la parola, per quella che credo essere l'ultima volta:

- Lei ha affittato questa casa presso mio figlio e non ho quindi il diritto di cacciarla, ma d'ora in poi la mia vita sarà al piano di sotto e la sua rimarrà qui. Non osi rivolgermi la parola, non osi bussare alla mia porta, mai più. –

E lasciandomi pugnalato in mezzo al petto si volta e si chiude la porta alle spalle.

La tazzina di porcellana e la zuccheriera mi fissano dal tavolo. Sembrano compiangermi.

Non ho nemmeno il tempo di assimilare tutte queste nuove informazioni che squilla il telefono. Mi getto sulla cornetta come se ne dipendesse la mia stessa vita, speranzoso di sentire la voce di Mycroft o di Lestrade portatori di novità.

Invece ciò che arriva dall'altra parte non può che aumentare il mio sconforto. Con poche coincise parole mi viene comunicato che, data la mia assenza prolungata senza giustificazione apparente, sono stato licenziato.

Mi sento come se il terreno sotto i piedi si stia sgretolando all'improvviso. Non ho più nulla a cui aggrapparmi. E lui non c'è.

***

Sento centinaia di occhi puntati su di me. Carichi di aspettativa. Nell'istante in cui il Re è caduto è crollata anche la loro fedeltà, pronta ad essere giurata a me. Reina, al mio fianco, si gode i frutti della vittoria più di quanto non stia facendo io e rivolge a tutti uno sguardo altezzoso e compiaciuto.

Mi sento le mani sporche. Cerco di sfregarle. Tra di loro, sulla maglietta, sui pantaloni, ma niente, le macchie restano vivide.

Voglio le sue. Mani.

A sostenermi. Ad indicarmi la strada. A stringermi.

- Qual è il suo nome? – urla un uomo dal fondo delle file.

Sento il brusio ricominciare. Ora si alzano, curiosi. Si avvicinano. Reina cerca di sovrastare le voci, sta per rispondere, ma la fermo. Nemmeno lei sa chi sono.

- Sherlock Holmes. Il nome del vostro nuovo re è Sherlock Holmes. –

Sento la mia voce distante, eppure ha il potere di riscuotermi. Prendo finalmente coscienza di ciò che sta accadendo. Di ciò che sono e ciò che devo fare.

Un altro mormorio sommesso scuote le persone. Alcuni cominciano a sparire tra i cunicoli. Le bancarelle vengono ritirate.

Sta giungendo l'alba, e il mercato si spegne. Queste sono le regole. L'ansia e l'interesse per i nuovi avvenimenti devono essere sedati fino al nuovo tramonto e lentamente la folla si dirada. Gli Esclusi scompaiono e i suoni si affievoliscono. Resta solo la tenda del Re, seminascosta nell'oscurità, in un angolo della piazza sotterranea.

- Dove sono i bambini? – domando quasi con rabbia.

Reina mi osserva interdetta.

- Dove sono i bambini? – ripeto scuotendola per le spalle. Sul suo viso ogni traccia di malizia scompare e il suo sorriso orgoglioso si spegne.

- Nemmeno un attimo per festeggiare la nostra vittoria? – domanda, ma non aspetta nemmeno la risposta e mi fa cenno di seguirla.

È lei la vera padrona qui, lo è sempre stata.

Mi conduce in un luogo dove non sono mai capitato e che non riesco a collocare nella mia mappa mentale. È ancora più buio, se possibile, di tutti gli altri canali sotterranei e la striscia di cemento sulla quale camminiamo è più stretta.

Mi scopro a desiderare la luce solare. Il mio corpo sta reagendo come se tutto fosse finito, ma la mia mente sa che questo è solo l'inizio. Scivoliamo sempre più in profondità e questo cammino rispecchia la mia coscienza che va affondando ogni istante di più.

Dobbiamo scendere ancora qualche metro lungo una scivolosa scaletta a pioli di metallo prima di giungere alla meta.

Ciò che vedo è lontano da ogni possibile scenario nato nella mia mente

È una galleria scura illuminata dalla scarsa luce di due lampade ad olio, con al centro un canale che scorre sotto delle grate. Non avrei mai immaginato che nel sottosuolo potessero esserci tunnel così in profondità e così vasti.

Ma non è tutto qui: alle pareti sono fissati degli anelli di pietra da cui cadono delle catene. Sul pavimento, rannicchiati su se stessi, ci sono cinque fagotti. Quattro respirano ancora.

Mi inginocchio accanto a Scott Tinkell e quando alza lo sguardo trema terrorizzato. Riconosce in me il suo rapitore. Mi vedo così riflesso nei suoi occhi.

- Le chiavi! – intimo a Reina.

Lei non si oppone. Cammina lungo il tunnel e raggiunge una nicchia.

Scott è confuso e credo tema di essere condotto di sopra per soddisfare qualche richiesta. Non trovo nemmeno le parole per dirgli che è salvo, perché da questi ricordi non potrà mai essere salvato.

Nel frattempo anche gli altri si sono tirati a sedere e con sgomento scopro che il bambino che ha smesso di respirare è Mike.

***

- Incredibile svolta nelle indagini! – la giornalista sullo schermo sorride entusiasta.

Siamo tutti qui, ancora una volta, riuniti sulle poltrone sgualcite e sul divano del 221b. Tutti tranne la Signora Hudson, che ha voltato le spalle a tutti, e Greg Lestrade, che appare sullo sfondo del televisore, in diretta.

Intanto la giornalista continua nel dare la notizia al tg delle 6.00 a.m.

- Alle cinque di questa mattina una pattuglia di controllo ha notato per la strada un gruppo di bambini in stato confusionale. Dopo averli soccorsi e portati al sicuro i quattro sono stati identificati come alcuni dei bambini scomparsi nell'ultimo mese. Rispondono all'appello i gemelli Tinkell, Caleb Reynold e Lucas Hann. Ancora alcuni nomi mancano e impossibile è stabilire se e quando verranno trovati, ma il commissario Lestrade ci assicura che non accadranno più sparizioni, che la minaccia è stata sventata. –

L'inquadratura cambia e sento un commento di Mycroft sullo squallore del servizio e sull'insensibilità della giornalista. Proprio lui parla di insensibilità.

- Ci dica commissario, chi è il responsabile? – osserviamo il viso del nostro amico sullo schermo farsi confuso. Come può evitare gli attacchi della giornalista senza rivelare troppo? Senza nemmeno aspettare che lui abbia formulato una frase lei insiste:

- La minaccia è ancora presente? Il rapitore è a piede libero? Cos'hanno raccontato i bambini della loro reclusione? –

- I quattro ragazzini sono ancora visibilmente sconvolti e non è stato il caso di infierire. Hanno bisogno di tranquillità e sono stati subito condotti presso le loro famiglie. Solo quando saranno in grado di sopportare delle domande tenteremo di indagare seguendo quella pista, nel frattempo vi basti sapere che un angelo custode veglia su Londra e che non c'è più nulla da temere. –

Concludendo con questa frase ad effetto che solo noi possiamo davvero comprendere, Lestrade sfugge la telecamera e possiamo già immaginarcelo a correre qui, dopo aver, ancora una volta, fatto leggermente sfigurare il dipartimento di Scotland Yard. Se Sherlock fosse qui non mancherebbe di farglielo notare.

Nell'appartamento si respira un'aria ricca di sentimenti contrastanti: agitazione, confusione, curiosità e un comune senso di rasserenamento perché se i bambini sono stati liberati, ci sono buone probabilità che Sherlock sia vivo e che stia agendo proprio sotto di noi, a pochi metri di distanza.

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