35. Sollievo

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- Fermi tutti! Che nessuno si muova. –

La Piazza si riempie improvvisamente di luci e rumori. Da ogni canale convergono attorno a noi uomini della squadra speciale di Scotland Yard. Davanti a me è lo stesso Greg Lestrade a puntare la pistola alla testa di Magnussen.

Nello stato emotivo nel quale mi trovo valuto questa nuova svolta come inaspettata ed è particolarmente interessante scoprire in me stesso che non provo alcuna delusione nel non aver intuito le mosse parallele del commissario. Sono troppo turbato per mostrarmi in disappunto verso il mio fallimento illogico.

Ma in un breve istante non posso che convincermi che all'origine di questa incursione ci sia Mycroft.

Gli Esclusi sembrano ancora più terrorizzati e si stringono contro le pareti, indecisi su dove posare lo sguardo: sugli scagnozzi di Magnussen o sugli uomini di Scotland Yard.

Per loro sono tutti una minaccia.

Magnussen scoppia a ridere, sorpreso.

Greg muove qualche passo incerto verso di lui, senza abbassare la pistola. All'istante tutti i sottoposti di Magnussen scattano puntando la loro arma sul c, senza però muoversi di un passo per non divenire loro stessi bersagli.

Una ricetrasmittente gracchia. Un poliziotto bisbiglia all'apparecchio che il commissario è sotto tiro.

Greg intima con tono di voce chiaro di non intervenire. Nessuno deve muoversi di un passo. Poi si rivolge al nostro antagonista:

- Lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato durante l'interrogatorio. Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d'ufficio. –

Osservo il commissario recitare il Miranda Warning senza riuscire a capacitarmi di come ciò possa essere possibile. Dal canto suo Magnussen sembra meno stupito di me e in un atteggiamento di totale collaborazione porta di sua spontanea volontà le mani dietro la testa e si mette in ginocchio.

Il suo sguardo, però, resta fisso su di me e le sue pupille scintillano dietro le lenti degli occhiali perfettamente linde. Sul viso un ghigno indecifrabile.

Mentre Greg si assicura che le mani del criminale siano immobilizzate dalle manette, mi rivolge uno sguardo rapido:

- Sherlock, stai bene? –

Non posso che annuire e restare fermo, spettatore inerme, mentre gli uomini di Lestrade ripetono la stessa procedura sugli altri componenti della squadra di Magnussen.

Non esplode un colpo. Tutto procede con calma e ordine e in pochi minuti il commissariato si assicura uno dei suoi rari successi.

- Ci rivedremo. Prima di quanto immagini. – mi sorride Charles prima di essere spinto da Greg verso l'esterno.

Passano alcuni minuti prima che a Sottolondra qualcuno ricominci a muovere passi incerti. Gli Esclusi cominciano lentamente a guardarsi intorno, a scambiarsi occhiate confuse. Un bambino scoppia a piangere ed è questo suono a risvegliare gli uomini e le donne che cominciano a parlare tra di loro concitati e preoccupati.

Temono che presto arriverà la fine della loro era. Ma io sono il loro Re, dovrei dire qualcosa, dovrei fare qualcosa, qualsiasi cosa.

Poi una voce sovrasta tutte le altre:

- Sherlock! – e allora, per un attimo, sono libero di dimenticare chi sono e dove mi trovo.

John emerge dalle ombre e si guarda attorno ricevendo gli sguardi attoniti degli Esclusi che si domandano se sia in arrivo un'altra minaccia.

Poi mi guarda.

Guarda me.

Nel suo viso, nelle occhiaie, leggo la preoccupazione di giorni e notti intere. Gli occhi sono stanchi, affaticati, ma ora vi è una nota nuova: sollievo.


Sollievo [sol-liè-vo] s.m

Alleviamento di un dolore, attenuazione di un disagio o di un malessere fisico o psichico; la piacevole sensazione da esso provocata.


Sono stato io il suo malessere psichico.

Ora sono quella piacevole sensazione.

Eppure tutto ciò sembra non avere per me, per la mia logica, alcun valore. Sto metabolizzando la conversazione tra me e Magnussen e tutto ciò che riesco a chiedermi è cosa sapesse Mycroft.

Possibile che fosse all'oscuro di tutto? E ora non è che spontanea la nascita di un altro interrogativo: chi era nostra madre?

John avanza incurante degli sguardi degli Esclusi. È più turbato da me, ora. Dal mio comportamento.

Mi fissa per qualche secondo, nei suoi occhi un misto di emozioni differenti. Alcune a me sconosciute. Poi si slancia verso di me e mi stringe tra le sue braccia.

Sono io, ora, a provare sollievo? È lui questa piacevole sensazione?

Non sembra turbato dalla mancanza di dimostrazione d'affetto da parte mia che mi limito a giacere qui, ancora impassibile nella mia immobilità.

- Non farlo mai più. – sussurra invece e sono colpito dalla forza delle sue emozioni nei miei confronti.

Quando si discosta sento come se quella leggera sensazione che mi scaldava il petto fosse scomparsa.

- Lo sai che sono propenso a tutto ciò che è strettamente necessario. – rispondo provando l'irresistibile impulso di dover abbassare lo sguardo che non riesce più a sopportare i suoi occhi.

- Torniamo a casa. –

La sua non è una domanda. È un'affermazione. Una certezza.

Ma non lo è per me.

- Non posso. –

Il suo sguardo perde quella sfumatura di serenità, ora inarca un sopracciglio e la frustrazione comincia a maturare in rabbia, ma riesce a restare calmo.

Mi chiede spiegazioni e io non posso che guardarmi attorno, indicandogli con gli occhi quello che è il mio popolo. Ancora scosso e spaventato. Il mio Regno. Ho prestato giuramento.

- Devo pensare a loro. –

È quest'ultima mia affermazione a farlo scoppiare.

- Ah sì? E a me non ci pensi? – sembra vergognarsi per questa sua domanda, ma continua subito senza soffermarvicisi: - E chi pensa a te? Alla tua salute? Ti stai autodistruggendo. E io non posso permetterlo, non di nuovo. Non starò qui a guardare. –

Il suo viso ora non è più pallido, ma è chiazzato di rosso e il respiro si è fatto affannato.

Lascio che si sfoghi, che lasci uscire la sua rabbia e la sua esasperazione. Poi mi guarda, con quei suoi occhi ampi e buoni. La sua espressione ora è indecifrabile, non ho ancora imparato a leggere nei suoi sentimenti. Sembra combattuto, si morde il labbro.

Poi, di colpo, si gira e senza voltarsi indietro se ne va.

Semplicemente.

I suoi passi risuonano sull'asfalto. Quella cadenza che ho imparato a riconoscere quando non ero nessuno, ora è di nuovo zoppicante. Con la sua scomparsa c'è un silenzio così denso che si distingue il suono di una goccia d'umidità che si stacca dal soffitto.

E solo quando la sua schiena è scomparsa nel buio mi accorgo che non stavo respirando.

***

Angolo autrice:

chiedo perdono per la lunga assenza, ma sono in mezzo ai monti e raramente la linea prende...comunque, ora sono qui e so che mi ucciderete quindi vado a scrivere il prossimo capitolo!

Remember | BBC Sherlock Fanfic #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora