cap25: Trentuno Dicembre

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Trentuno Dicembre.

Dopo che Samuel fu di ritorno a casa, lasciò cadere il suo borsone sul pavimento del salone e salì a passo rapido le scale che lo conducevano verso camera sua.

I suoi erano usciti presto quella mattina, proprio come gli aveva comunicato il padre il giorno prima per telefono.
La porta della camera della quarta coinquilina, invece, era chiusa.

Così quel silenzio era riassumibile in due alternative:
o si era svegliata prima dell'alba ed era uscita presto di casa anche lei, oppure era lì a pochi metri da lui.

In ogni caso, il fatto che non se la fosse immediatamente trovata davanti era un bene visto che l'ultima cosa che avrebbe voluto, stanco com'era, sarebbe stata quella di discutere ancora e ancora con lei.

Una volta che finalmente giunse in camera sua si lasciò cadere sul letto, sfinito.

Erano stati giorni belli ma intensi, quelli vissuti a Praga.

Ripercorse nella mente tutti i momenti vissuti lì, tutte le persone che aveva conosciuto e tutte le notti trascorse fino all'alba girando per i locali più in voga e più in di quella pazza e magica città.

Poco dopo crollò.

Lei

Nel frattempo Sana che nel dormiveglia l'aveva sentito rincasare, decise di restare lì dov'era evitando di fare qualsiasi rumore.
Era l'alba, la luce del sole tiepida entrava timidamente dalle fessure della sua persiana lasciata distrattamente semiaperta la sera prima.

Tutto d'un tratto sentiva le sue guancia ardere, la sua gola secca, ed il suo respiro pesante.

Si raggomitolò su di un fianco, sollevò fino ai capelli la trapunta a righe bianche e verdi e rimase immobile lì, tentando di dominare le forti emozioni contrastanti che aveva iniziato a provare dal momento in cui lo aveva sentito entrare dalla porta principale.

Da una parte era emozionata nel rivederlo ma dall'altra, però, temeva quello che sarebbe potuto accadere di lì a poco trovandoselo davanti.

Il ticchettio dell'orologio correva veloce, la luce del sole sempre più prepotente filtrava dal merletto della tenda che le aveva ricamato la nonna qualche anno prima.
Il silenzio in cui era immersa la casa stava lasciando spazio, ormai, al rumore delle serracinesche  dei negozi che, l'uno dopo l'altro, aprivano ai clienti già in trepidante attesa di fare le ultime compere per il cenone.

D'un tratto udì il cigolio della porta di ingresso che lenta si spalancava.

Il suo cuore iniziò nuovamente a battere all'impazzata.

Erano appena ritornati i genitori e questo voleva dire che non si sarebbe più potuta nascondere al di sotto della sua trapunta bianca e verde come aveva fatto fino ad allora.

Avrebbe dovuto, infatti, ben presto raggiungerli in cucina e questo voleva dire una sola cosa: rincontrare i suoi occhi.

Il cuore le batteva ogni secondo di più ed iniziava a faticare persino a respirare.

Cosa avrebbe dovuto dirgli ora?

Gli avrebbe dovuto confessare che le era mancato oppure, come se nulla fosse, avrebbe dovuto fingergli indifferenza?

In quei giorni, trascorsi lontani da lui, si era chiusa sempre più in sè stessa.

Aveva provato, infatti, a fare chiarezza sulla situazione, cercando di dare delle risposte concrete alle mille domande che le frullavano, costantemente, nella testa.

Tuttavia, quella meditazione non aveva portato a nulla di buono, visto che l'unica cosa che aveva capito era che lui le mancava più del dovuto.

Le mancava sentirlo accanto, le mancava sentirlo ridere nella Sala Relax mentre si divertiva con i ragazzi a giocare al biliardino o alla play,
le mancava condividere con lui la colazione e le mancava ascoltare la sua voce.

Però, quel turbinio di emozioni che aveva provato e che stava tuttora provando
verso di lui, non cambiava il reale problema tra loro.

Loro due, oramai, erano fratellastri e ci potevano fare ben poco.


Lui

Samuel, una volta che fu sveglio,  guardò intorno a sè per qualche secondo e quando, finalmente, realizzò di essere a casa sua, si stropicciò le palpebre, si alzò e si recò in bagno per una doccia fredda.

Aveva estremamente bisogno di rinfrescarsi le idee.

Fino a quando era stato lontano da casa, sembrava quasi essersi dimenticato di tutto.

Sembrava quasi avere resettato tutto ciò che lo aveva tomentato durante tutti quei mesi.

Poi però era bastato passare davanti alla porta di Sana per provare di nuovo tutte quelle emozioni dalle quali aveva provato, invano, a scappare qualche giorno prima.

Dalla sua camera sentiva i passi di lei e percepiva quasi i suoi movimenti.

Aveva voglia di stringerla tra le braccia, di dirle che sebbene si fosse costretto a non pensarla, spesso la notte, capitava che gli venivano in mente i suoi occhi o il suo sorriso.

E questo lo portava ad uno Step successivo.

Maledirsi anche a chilometri e chilometri di distanza da lei.

Ce l'aveva con sé stesso perché oramai sapeva che quello che stava provando lo avrebbe condotto ad un inutile spreco di tempo e di energie.

Sapeva che lei, infatti, non avrebbe mai cambiato idea e pensandoci bene, aveva persino compreso che non avesse neanche tutti i torti.

Lontano da casa, infatti, aveva avuto tempo anche per riflettere e nonostante provasse ancora tanta rabbia nei suoi confronti,aveva, in parte, iniziato a capire la sua posizione.

Cosa sarebbe accaduto se avessero deciso di darsi definitivamente una chance e poi realmente sarebbe finita male tra loro? Avrebbe fatto del male, prima di tutto al padre, poi a Rossana ed in fine a lui stesso.

Il male minore, dunque,era quello di rimanere solo amici.

Ed ora lui stava facendo a pugni con il suo cuore per imparare ad accettare quella eventualità.

L'acqua scorreva lenta sul suo corpo tonico,
i suoi capelli neri gli ricadevano sul viso ed i suoi muscoli si rilassavano sotto al getto rapido e freddo della doccia.

Chiuse gli occhi e riuscì a scacciare via dalla testa, anche solo per qualche minuto, tutti quei pensieri che lo tormentavo da tempo ormai indefinito.

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