cap 20: Praga

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26 Dicembre

Alle 5:30 a.m. del giorno successivo squillò la sua sveglia e, a differenza di quanto di solito accadeva, da subito Samuel piombò fuori dal letto.

Camminò fino alla finestra con i piedi scalzi, tirò su la persiana e, fuori dai suoi vetri umidi e leggermente bagnati, scorse una lieve e silenziosa pioggiarellina che lenta bagnava la città ancora totalmente immersa nel buio di una notte di fine dicembre.

Accese l'abat-juor posta sul comò e si guardò intorno notando l'estremo disordine in cui versava la sua stanza: jeans sparsi sul pavimento, magliette lasciate svogliatamente sul letto - e sulle quali aveva dormito la notte precedente- la sua divisa da calcio buttata sulla poltrona ormai da indefiniti giorni.

Quella stanza -pensò- quel venerdì mattina era sottosopra proprio come il suo stato d'animo, ma prima o poi sarebbe arrivato il momento di risistemarla da cima a fondo e Samuel auspicava che la stessa sorte sarebbe avvenuta presto anche a lui.

Si preparò in fretta quanto avrebbe dovuto indossare quel giorno, così, essendo in preventivo il cambio di almeno tre mezzi di trasporto prima di arrivare alla sua tanto ambita meta e visto che il meteo di Ruzině segnava temperature estremamente basse, Samuel decise di optare per un abbigliamento pratico e sportivo: un blue jeans, una felpa ed un giubbino.
Così dopo averli selezionati li sparse con cura sul suo letto sfatto.

Si recò presso la cabina doccia ed attese che l'acqua divenisse meno fredda, così quando finalmente percepì il suo tepore si immerse completamente sotto al suo getto ricoprendosi totalmente di lievi e rapide goccioline calde.

Una volta finito, con un gesto veloce, si portò al viso il suo dopobarba al profumo di eucalipto; poi si fermò per qualche istante a fissare soddisfatto il suo riflesso allo specchio: i suoi capelli neri, benchè bagnati, erano tirati indietro e ciò contribuiva a donargli un'aria molto più sofisticata ed ordinata del suo solito, i suoi occhi erano finalmente ben riposati ed il suo corpo come sempre tonico e ben allenato.

In penombra tirò su la cerniera del jeans, indossò la maglia e sollevò il borsone nero di pelle da terra, chiudendosi la porta di camera sua alle spalle.

Dopodiché accese la luce del corridoio e con passo rapido ed ovattato sorpassò la stanza di Rossana.

Ormai erano ore che non la vedeva e non la sentiva nonostante avessero camere confinanti.
Il giorno prima, infatti, per il pranzo di Natale, aveva inventato una scusa con i suoi ed aveva così passato l'intera giornata fuori casa in compagnia di Max e Cristian sempre ben felici di avere un valido pretesto che li portasse ad evadere dalla loro noiosa routine.
Samuel era certo che i genitori di Max e la madre di Cristian non gliel'avrebbero mai perdonata, essendo stato lui la causa della fuga dei loro figli scapestrati proprio quando sul tavolo imbandito delle loro sfarzose case si trovavano tortellini in brodo, lasagne, spaghetti alle vongole, frutta secca, struffoli, roccoccò e panettoni.

I pavimenti di legno sotto ai suoi passi veloci scricchilavano, ed essendo ancora l'alba ogni suo movimento pareva rimbombare tra le mura di quella casa ancora profondamente immersa nel sonno.

Scese al piano di sotto ed accese la fiamma sotto al pentolino del latte che Felicia gli aveva premurosamente lasciato sul piano cottura la sera prima.
Attese che il latte si fosse riscaldato abbastanza e se lo versò nella tazza, accompagnandolo con una fetta biscottata ricoperta da un velo di marmellata di ciliegia.

Ripose tutto ordinatamente nel lavabo e con estremo silenzio si chiuse la porta di casa alle spalle trascinando con sè la sua valigia fatta di qualche vestito ed anche di un bel po' di sogni che sperava potessero realizzarsi stesso in quel lungo weekend.

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