Capitolo Quattordici

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AD OCCHI CHIUSI

Capitolo Quattordici

A volte siamo preda di una sensazione di tristezza che non riusciamo a controllare. Intuiamo che l'istante magico di quel giorno è passato e noi non abbiamo fatto niente. Allora la vita nasconde la sua magia e la sua arte.

(Paulo Coelho)


Mi sedetti sulla sedia più vicino a me, sospirando e posando la copia del giornale sul tavolo.

-Baby, ti senti bene?- mi chiese Abbie, piegandosi sulle ginocchia e guardandomi negli occhi.

-Non lo so.- ammisi.- Proprio prima di leggere questa notizia, volevo farti vedere questo.- le porsi il mio smartphone acceso alla schermata dei messaggi.

La mia amica lesse ciò che mi aveva inviato Terence, rialzandosi poco dopo in piedi e assumendo un' espressione pensierosa.

-Questo messaggio è molto importante, Jane. – sospirò.- Dice poco ma allo stesso tempo dice tutto. Terence scrivendoti di non tener conto di tutto ciò che sarebbe circolato su di lui, ha voluto suggerirti che ciò che avresti potuto ascoltare o leggere è una balla. In più, pensaci, per i giornali notizie del genere sono come il formaggio per i topi.

La mia amica mi guardò negli occhi, ma sebbene volesse sembrare convincente, la sua voce trasmise molto incertezza.

-Lo so Abbie... anch'io penso che la verità non sia proprio quella scritta su questo articolo, ma...

-Ma?- mi rimbeccò la mia amica.

-Ma ho un brutto presentimento. Sento qualcosa nello stomaco... sai come quando sei in ansia per qualcosa. Probabilmente ciò che è scritto su questo giornale è enfatizzato, ma un fondo di verità ci sarà per forza.

Abbie sospirò.

-Ti ha scritto che lunedì ne parlerete, quindi per il momento non ti disperare e fatti forza.

Era più facile a dirsi che a farsi!

***

Passai il sabato e la domenica con un aspetto molto simile alla Sposa Cadavere di Tim Burton. Non mangiai molto né scrissi nulla del nuovo articolo. Mi sentivo triste e debole.

Sapevo che il mio atteggiamento poteva sembrare eccessivo se si considerava che io e Terence non eravamo fidanzati, né tantomeno che ci eravamo dichiarati amore eterno, ma negli ultimi tempi le cose tra di noi stavano andando bene. Si era mostrato molte volte dolce nei miei riguardi e mi aveva persino aperto parte del suo cuore raccontandomi il motivo per cui era diventato cieco. E adesso, leggere quelle cose e prima il suo messaggio, mi facevano sentire fragile. Era come se avessi perso ogni speranza di costruire con lui qualcosa che andasse oltre l'amicizia.

-Baby, baby?- sentii la mia amica chiamarmi.

Evidentemente aveva bussato parecchie volte alla mia porta.

-Entra pure.- le dissi, attorcigliandomi meglio la coperta addosso.

-Stai scherzando, vero?- fece arrabbiata, quando aprì la porta.

-Che intendi?- borbottai.

-Sei nel tuo letto, sotto le coperte di domenica pomeriggio e mi chiedi 'che intendi'? – i suoi occhi sparavano fiamme. Assomigliava più ad un Cyborg in questo momento.

-Cosa c'è di male?- le domandai, aggiustandomi meglio il cuscino sotto la testa.

-C'è di male che non sei malata eppure ti comporti come se lo fossi. Baby...- il suo sguardo si addolcì.- non si reagisce così quando le cose non vanno bene. Capisco che quell'articolo ti abbia spiazzata, ma ti ho già detto di non giudicare un libro dalla copertina, e che ciò che hai letto potrebbe non essere altro che un'accozzaglia di parole, scritte a opera d'arte da un giornalista impiccione.- si sedette sul mio letto.

Ad Occhi ChiusiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora