Fix a heart.

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Adesso dov'è?" Domandai.
"È in ospedale, mi ha chiamato Leiner, perché loro non riuscivano a rintracciarti"
Ecco il motivo per cui Lorenzo mi aveva chiamata così tante volte.
"Portatemi da lui, vi prego" dissi, continuando a piangere. Piangevo per il nervoso contro un destino che era stato già troppo crudele con me.
Zia Barbara guidò fino all'ospedale. Vagammo per un bel po', nella speranza di vedere qualcuno a cui chiedere dove fosse Francesco. Quei corridoi sembravano infiniti.
Notai Riccardo, Leiner e Lorenzo seduti su alcuni seggiolini di plastica e mi avvicinai a loro.
Entrambi mi guardarono, ma non dissero nulla. Era naturale che ce l'avessero con me, era colpa mia dopotutto.
"Che è successo di preciso?" Chiese per me Giovanni.
"Francesco e tua sorella avevano litigato. Lei è corsa via e lui ha preso la macchina per andare a cercarla... Ha avuto un brutto incidente"
"E adesso lui dove si trova?"
"È in terapia intensiva"
Mi accasciai a terra con la testa fra le mani.
Un altro incidente stava per portarmi via l'amore della mia vita.
Ero stata solo una cretina: Francesco non meritava tutto questo. Nessuno meritava una come me. L'unica persona che io abbia mai amato stava soffrendo a causa mia e io non potevo sopportarlo.
Nessuno riuscì a consolarmi.
Le ore passavano lente, come fossero giorni o addirittura mesi, in quel corridoio. Vidi una persona sedersi accanto a me, mi sfiorò il braccio, e sussurrò:"dai, ce la farà!"
mi voltai nella sua direzione e vidi la ragazza che era con Francesco nel locale.
Non mi sembrò il caso di fare scenate o cose simili, dopo tutto era stata l'unica che si era degnata di darmi una parola di conforto da quando ero lì dentro.
Restai a guardarla con perplessità per qualche secondo, aspettando che continuasse a parlare.
"A volte è così strana la vita, eh? Se io e Francesco avessimo scelto di vederci in un altro locale, probabilmente non sarebbe successo tutto questo casino." Disse.
Non risposi subito. Ma di cosa stava parlando? Lei e Francesco non avrebbero dovuto vedersi proprio! Lui era fidanzato con me e mi tradiva con lei e in tutto questo lei preferiva cambiare locale?
"Non ha importanza. Io amo Francesco. Ma forse lui con me voleva solo divertirsi, forse ha bisogno di una persona diversa al suo fianco. Non di una come me. Come vedi, combino sempre un sacco di casini, è colpa mia se lui si trova in questo stato."
"No, non dire così. Poteva succedere a chiunque..." Disse accarezzandomi la testa. "Comunque, credo che tu abbia frainteso tutto" continuò.
"In che senso?"
"Francesco non ti ha detto niente perché voleva farti una sorpresa... Io sono Sarah, sua sorella."
Appena sentii quelle parole, mi girai di scatto verso Leiner.
"È stato uno scherzo che voleva farti Alessandro, Ross. Lui aveva saputo da Riccardo e Lorenzo che Francesco si sarebbe visto con Sarah nel locale e voleva far passare tutto come un tradimento da parte di Francesco" disse il ragazzo, mentre Sarah guardò incredula:"che schifo, ha davvero fatto questo?"
Giovanni strinse i pugni:"dov'è Alessandro?"
"Credo sia andato a casa sua"
Giovanni si diresse velocemente verso l'uscita, ma venne fermato da me e zia Barbara:"con la violenza, avrai solo altra violenza. L'unico metodo per fargli capire che ha sbagliato è l'essergli completamente indifferente", disse mia zia.
Mentre accadeva questo, uscì dalla stanza in cui si trovava Francesco un dottore.
"Può andare qualcuno di voi? Io non ce la faccio a chiedere, non ci capisco niente..." disse Sarah, in totale confusione.
"Buonasera dottore" disse Riccardo, avvicinandosi.
"Come sta Francesco?" Chiese dopo.
"Lei è un parente?"
"Si, sono suo fratello" rispose Riccardo. "Allora?"
Il dottore lo guardò per qualche secondo, poi rispose. Parlava sotto voce, non sentii nulla di ciò che stava comunicando, ma dall'espressione mi sembrava anche lui preoccupato, mentre Riccardo annuiva e si portò una mano sulla testa.
Quando il dottore andò via, Riccardo si avvicinò a noi per darci notizie.
"Ha subito un brutto trauma" disse. "È stato operato, ma adesso è in coma"
"Devo vederlo", dissi.
"Non puoi... Non credo che ti aiuterà psicologicamente" disse Lorenzo. Zia Barbara e Giovanni annuirono all'unisono. "Hai già subito un duro colpo ultimamente... Meglio tornare a casa" disse zia.
"No, devo vederlo. Devo stare con lui, per favore" dissi piangendo.
"È colpa mia se è successo tutto. Almeno fatemelo vedere"
"Ross, non è colpa tua, basta!" Urlò Lorenzo.
"Okay, se ti fossi comportata diversamente, forse non saremmo tutti qui a piangere e disperarci, ma la manovra l'ha sbagliata lui! Tu non c'entri nulla" disse.
Annuii, ma mi sentivo ancora in colpa.
"Adesso sai cosa facciamo? Andiamo da lui" disse di tutto punto Sarah. "Ti ci porto io, vieni", poi disse rivolta a mia zia e a mio fratello:"voi potete anche tornare a casa, se volete. Non penso che gli altri si facciano problemi a riaccompagnare Ross più tardi"
Zia Barbara sembrò un po' titubante, ma alla fine accettò e lasciò l'ospedale assieme a Giovanni. Seguii Sarah per quei corridoi, cercando disperatamente la stanza in cui era ricoverato Francesco.
Controllammo le vetrate di tutte le sale, finché non trovammo Francesco. Era collegato a un'infinità di macchine e tubicini, al punto che a primo impatto non si capiva nemmeno dove iniziassero e dove fossero collegati.
"Il mio fratellino..." Sospirò Sarah.
"Sai, quando eravamo piccoli, io e lui giocavamo sempre insieme per strada. Un giorno arrivarono gli assistenti sociali a casa nostra e ci trovarono in pessime condizioni. Nostro padre si ubriacava e poi picchiava me e mia madre. Francesco un giorno, per difenderci, si scheggiò il sopracciglio destro con un pezzo di vetro. Se non ci fosse stato lui, quel giorno ci avrebbe sicuramente uccise.
Siamo rimasti insieme per poco tempo all'interno della casa famiglia. Poi io sono stata affidata ad una coppia, che in seguito ha ottenuto l'adozione. Avevo finalmente una mamma e un papà che mi volevano bene, ma mi mancava mio fratello. I miei genitori adottivi mi hanno sempre detto che lui stava bene, che ricevevano spesso sue notizie. Poi mi hanno mandata in America a studiare. L'America... Il sogno in comune che avevo con Francesco. Sognavamo di passeggiare sulle spiagge di Santa Monica, in California, di raccogliere le conchiglie che mi piacevano tanto... Ho fatto tutte queste cose da sola, pensando a lui. Finalmente, tramite alcuni amici in comune, eravamo riusciti a metterci in contatto. Sono tornata dall'America una settimana fa solo per incontrare lui.
Quando gli ho chiesto di parlarmi della sua vita, mi ha parlato poco di lui, ma tanto di te. Ti ha descritta come il suo angelo custode, la persona che in poco tempo si è presa cura di lui..."
Mi commossi sentendo quelle parole. Ero stata solo una stupida a dubitare di Francesco.
Sarah mi raccontò la loro storia senza staccare gli occhi dal vetro della stanza e io feci lo stesso, quando sentimmo arrivare qualcuno.
"Buonasera", disse l'infermiere. "Sapete che non potete stare qui?"
"Francesco è il mio ragazzo e si trova nel letto perché ha avuto un incidente e se io non mi fossi comportata come un'imbecille, probabilmente non sarebbe qui, ma sarebbe da qualche parte insieme a me o a sua sorella" dissi.
L'uomo si guardò intorno per un paio di volte, poi rispose:"se volete, potete entrare dentro. Ma una alla volta e per non più di due-tre minuti ciascuna, va bene?"
Annuimmo.
"Vai prima tu", disse Sarah.
"Sei...sicura?" Chiesi.
"Si, dai, veloce!" Mi intimò.
Aprii la porta della stanzetta e mi trovai vicina al suo letto.

Mi sedetti ad un angolo del suo letto e gli strinsi forte la mano.
Potrei affermare di aver sentito la sua debole presa per qualche istante.
"Fra..." Dissi, "sono solo una scema. Tu una come me non la meritavi. La prima volta che siamo usciti insieme, ricordo che pensai che mi ero messa in un bel casino, capii che forse mi sarei innamorata davvero di te, che avrei imparato a convivere anche con i tuoi demoni, le tue paure. Che avrei amato il meglio di te, ma avrei adorato più di me stessa anche il peggio di te, il tuo farmi bene e poi annientarmi in un secondo, il tuo modo singolare di guardare ogni piccolo particolare che ci circondava, il tuo farmi innamorare della vita in ogni istante che passavamo insieme. Quella volta ascoltammo "fix you" dei coldplay e proprio ascoltando quelle parole, avevo promesso a me stessa che anche io avrei provato a ristabilirti e che ce l'avrei messa tutta... invece guarda che ti ho fatto. Se sei qui, è solo colpa mia... Inutile negarlo. Ho fallito, Frà." Scoppiai in un pianto liberatorio che racchiudeva ricordi e pensieri. Un pianto che non separava, ma univa noi due,le nostre anime,ancora di più. Un pianto che mi dava forza,che mi permetteva di rialzarmi e che mi avrebbe permesso di non cadere più nell'errore banale. Un pianto che significava amore. Un pianto che segnò un nuovo inizio e mi insegnò  ad amarlo e capirlo di più. Un pianto che significava semplicemente "resta".
Guardai l'orologio al mio polso e capii che i tre minuti erano passati, mi alzai dal letto avvicinandomi a Francesco e lasciandogli un bacio sulla tempia:"ti amo" sussurrai, poi lasciai la camera.
Dopo di me, entrò Sarah.
L'infermiere si avvicinò a me:"tranquilla, l'hanno operato... Non presenta dei danni celebrali permanenti. Si sveglierà presto, bisogna solo avere pazienza e fede" disse.
"Presto... Quando?"
"Non lo so", rispose l'uomo, "so solo che se entro dieci giorni l'attività celebrale riprende ad essere regolare, bisogna considerare l'ipotesi che il ragazzo resti in stato neurovegetativo"
In quel momento, mi crollò il mondo addosso:"cazzo!" Dissi, portandomi la mano sulle tempie.
"Ascolta, ragazza" disse l'infermiere, "vedo casi come questi ogni giorno. Gente che si auto incolpa o che viene accusata di aver causato incidenti di questo genere ogni santissimo giorno. Ma sai che ti dico? Tu non ascoltarti, non ascoltarli."
"Come faccio?" Domandai, guardando attraverso il vetro Sarah che accarezzava la testa di Francesco.
"Sai, l'altro giorno stavo guidando sulla provinciale e ad un tratto, in una curva, fra gli alberi, è spuntato un sole accecante. Erano le sei e mezzo di sera e io stavo arrivando qui al lavoro. Il sole mi ha offuscato la vista per qualche secondo, e per uno di questi instanti ho imprecato contro di esso. Ma non te la puoi prendere con il sole. È come se sbattessi contro un muro, non puoi chiedergli i danni! Devi cavartela da solo in un modo o nell'altro, invece non è sempre così. Ci serve sempre qualcuno con cui prendercela, a cui dare una colpa, anche quando la colpa è semplicemente delle circostanze" l'uomo fece spallucce ed entrò nella stanza, dicendo a Sarah che i tre minuti erano passati e doveva uscire.
Riflettei molto sulle parole di quell'uomo, mi avevano dato molto conforto.
"Grazie di tutto" gli dissi, quando arrivò il momento di andare via.
"Di niente" rispose l'uomo, "quel ragazzo è fortunato ad avere al suo fianco una ragazza come te, ricordalo!" Disse.
Lasciai l'ospedale con Sarah e gli altri.
Non dissi una parola durante il tragitto che mi avrebbe riportata a casa.
"È colpa di Alessandro" disse Leiner.
"Non è colpa di nessuno" mi accigliai, ripensando alle parole dell'infermiere.
"Tante volte è solo colpa delle circostanze, non per forza di una persona"
Riccardo annuì, ma nessuno rispose.
"Scusa Ross se ti abbiamo messo in mezzo a questo casino" disse Leiner, non appena sostarono sotto casa mia. "La situazione c'è sfuggita di mano".
Non risposi, chiusi lo sportello e andai via.

Broken glass-Dear JackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora