Broken.

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Che ci fai qui?" Domandò il ragazzo.
"Vivo al piano di sotto"
"E come mai ti presenti a casa mia?" Domandò con un tono scostante.
Dovevo ammettere che era davvero bello. Aveva i capelli ricci leggermente in disordine e indossava una semplice canotta con un paio di bermuda, il suo corpo era ricoperto da tatuaggi e quando mi ha aperto, aveva ancora il plettro tra le labbra.
Tuttavia, non sopportavo il suo atteggiamento e volevo dargli una bella lezione. Se voleva comportarsi da prepotente, aveva proprio sbagliato persona.
"Perché si dà il caso che io stessi studiando fino a cinque minuti fa"
"E quindi io non dovrei suonare perché tu stai studiando?" Chiese indicandomi e facendo una risatina di sfottó.
"Senti coso, io non so chi tu sia e nemmeno perché ti stia atteggiando a vippettino del cazzo con me, ma sai, mi deconcentri. Ogni pomeriggio sento urla, rumori..."
"Rumori? Voi... Voi li sentite?"
"Si, noi li sentiamo"
La fronte del ragazzo si distese e mi rivolse uno sguardo sommesso, come se volesse scusarsi. Poi ritornò serio. "Che ti importa di ciò che faccio io?"
"A me proprio niente, ma non potresti fare più piano?"
"Vedrò" sospirò seccato, "ora torna a studiare, ragazzina"
Stavo per ribattere, quando mi sbattè la porta in faccia. Che maleducato!
Ritornai sotto e quella notte non dormii. La vista di quel ragazzo mi aveva turbata. Fuori poteva sembrare uno duro, ma i suoi occhi erano molto eloquenti: non era cattivo, ma aveva dei demoni interiori che lo perseguitavano.
Pensavo che il ragazzo avesse capito, ma in realtà quei rumori non finivano mai.
"Io vado a vedere che cosa succede" affermai.
"No, lascia stare!" Protestò zia Barbara, mentre sistemava una pentola nella lavastoviglie.
Non capivo questo suo atteggiamento. Abitava nella stessa casa di quel ragazzo da anni e in tutto questo, non si era mai chiesta che cosa accadesse al piano di sopra? Strano.
"Va bene, cerco di studiare" mentii, ma mi precipitai al piano di sopra. La porta era chiusa, ma sapevo che teneva una copia delle chiavi sotto lo zerbino, forse lo faceva per le persone che di tanto in tanto lo andavano a trovare, specialmente quel tipo di ragazze.
Lo avevo notato l'altra volta.
Aprii e mi ritrovai nella casa di quello sconosciuto.
Era arredata in modo simile a quella di zia Barbara, sulle pareti erano affisse delle immagini di alcuni fumetti della Marvel, mentre a terra c'erano degli scatoloni di pizza e delle birre, era tutto molto disordinato e sporco.
Lo cercai in tutte le stanze, quando finalmente lo vidi. Era seduto sul suo letto, le persiane della sua camera erano abbassate. A terra c'erano una grande quantità di bottiglie rotte. Lui non si mosse, guardava fisso un punto indefinito sul muro e respirava affannosamente, avrei potuto giurare che quasi tremava.
"Che sei venuta a fare qui?" Chiese, evitando il mio sguardo.
"Voglio aiutarti" risposi, senza nemmeno pensarci.
Aiutarlo? Lo volevo davvero? Ero solo salita per vedere a cosa erano dovuti tutti quei rumori, non per aiutare lui.
"Ma io non voglio nessuno"
"Non posso lasciarti solo, in queste condizioni"
"Vai via, ti prego,voglio che nessuno mi veda così"
Lo ignorai e sollevai l'avvolgibile, rendendo la stanza luminosa. Merda, era peggio di quanto pensassi.
Il letto era disfatto, probabilmente era stato con qualcuna là dentro poco prima, i vetri erano sparsi ovunque e le sue mani sanguinavano.
"Vado a prenderti un po' d'acqua per quelle, non muoverti" dissi, indicando le sue ferite alle mani.
Mi recai in bagno e pregai che avesse del cotone o qualcosa di simile per le medicazioni, ma non aveva niente. Così, feci la prima cosa che mi passò per la testa: tornai a casa mia. Entrai in bagno e presi tutto l'occorrente per medicare quel ragazzo.
Ma nel corridoio mi imbattei in mio fratello.
"Dove vai con quelli?" Domandò preoccupato.
"Ho fatto la ceretta alle gambe e ho avuto dei problemi!" Dissi su due piedi, non volevo che sapesse che ero andata da lui.
Mio fratello aggrottò le sopracciglia:"sicura di star bene?"
"Sisi" risposi velocemente, cercando di essere più convincente possibile. Poi mi chiusi in nella mia stanza e aspettai che mio fratello facesse lo stesso. Dopo di che sgattaiolai al piano di sopra.
Il ragazzo era ancora lì, esattamente come lo avevo lasciato.
"Dammi la mano" dissi.
Lui fece come gli avevo detto, ma subito dopo si ritrasse. "Fa male" protestò.
"Se stessi fermo, farebbe meno male!" Esclamai prendendo della garza.
"Dove hai imparato?"
"Ho avuto un brutto incidente, con delle brutte ferite e ho dovuto imparare a medicarle" dissi tagliando corto.
"Ecco, così dovrebbe andare meglio" dissi, guardando le mani fasciate, "ora pensiamo a pulire qui a terra"
"No, lascia, faccio io" rispose il ragazzo, accigliandosi.
"Non puoi lavorare in queste condizioni" mi lamentai.
Il ragazzo non rispose, ma aveva uno sguardo che uccideva.
"Vuoi aiutarmi perchè ti faccio pena?" Chiese poi di tutto punto.
"No, non è questo" risposi e lo pensavo davvero. Ma perché allora lo stavo aiutando?
A dire il vero, non meritava nemmeno un poco del mio aiuto, visto il modo in cui si era comportato poco tempo prima. Ma volevo farlo.
Il ragazzo non chiese altro e io cominciai a spazzare via i vetri rotti e a riordinare la casa.
Lui si limitò, per mia insistenza perché stesse fermo e si riposasse, a portare due sacchi neri dove mettere tutte quelle sporcizie.
Dopo un paio d'ore avevo finito e la casa era davvero in ordine.
Mi precipitai nella sua camera, dove lui era intento a suonare la sua chitarra, seduto sul letto.
Appena mi vide, mi rivolse uno dei suoi sguardi.
Un brivido mi percorse la schiena e fui assalita da una punta di imbarazzo.
"Io ehm.. Ho finito" annunciai.
Lui si limitò ad annuire e continuò ciò che stava facendo.
"È molto bella questa canzone!" Esclamai, riconoscendo le note di "wonderwall" degli Oasis. Lui smise immediatamente di suonare.
"Si, ma ora vattene"
Cosa? Mi stava davvero cacciando fuori? "Che ci fai ancora lì? Non voglio che stai nella mia camera"
Era serio? Ero stata lì fino a pochi minuti fa e adesso mi stava mandando via? Quel ragazzo aveva qualche disturbo della personalità, era bipolare.
Non protestai, presi le mie cose e andai via.
Entrai nella mia stanza e incominciai a studiare greco, quando sentii di nuovo le note di "wonderwall", quella volta, non so perché ma sorrisi.
Non sentii più rumori strani per più di una settimana, questo mi bastava per concentrarmi e studiare bene per le interrogazioni e poi ero anche sollevata: una parte di me, non voleva che quel ragazzo provasse ancora dolore. Forse perché quanto più siamo infelici, tanto più profondamente sentiamo l'infelicità degli altri; il sentimento non si frantuma, ma si concentra. I sentimenti a volte funzionano come una legge della fisica.
Anche io avevo dei demoni interiori, li riconoscevo dai miei occhi stanchi, dalla sensazione che mi comprimeva il petto ogni volta che sorridevo. Mio fratello sembrava felice, invece io mi sentivo come una di quelle bottiglie rotte che avevo raccolto da terra pochi giorni prima.

Broken glass-Dear JackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora