#55

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-Sicura che va tutto bene? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma, Soph.-
-Sì, sto bene.- Dissi per la centesima volta, mentendo, chiaramente, salendo in casa sua.
-Non te lo chiederò più allora. Quando vuoi sai essere davvero cocciuta.- Non replicai nemmeno, perché sapevo che comunque aveva ragione.
Come entrai in casa, gettai la borsa che avevo portato con me sul suo divano ed andai in camera sua.
-Che stai facendo?- Urlò dall'ingresso.
-Metto una tua felpa. Non ho mai capito perché, ma le tue tengono molto più caldo delle mie, e poi sono giganti. È una delle cose più belle del mondo perdercisi dentro.- Spiegai.
Scattando, mi voltai per poi trovarlo a poca distanza dalla mia schiena. -Io mi perdo sempre in te, invece, sai?
Mi perdo nei tuoi lineamenti, nei tuoi capelli-, mi sciolse la coda disordinata:-nella tua pelle morbida, nei tuoi occhi, nei tuoi difetti che mi fanno sorridere come mai, nei tuoi sorrisi, che se sono a causa mia, poi, non parliamone. Mi perdo sempre in te, eppure non ho paura. Perché dopotutto, tu sei casa mia.-
Mi baciò per lasciarmi senza fiato, ed io mi aggrappai a lui come per non cadere.
-Ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessun altro.-Sussurrò attirandomi addosso al suo corpo.
Si lasciò cadere sul letto, e soreidendo continuai a baciarlo con foga. Le sue dita giocherellavano con l'orlo della sua felpa, fino a poi oltrepassarlo, riuscendo ad accarezzare la mia pelle. E in poco tempo, mi stava slacciando la felpa.

-Benji...- Mormorai come per avvertirlo del pericolo.
-Shht.- Mi zittì lui tra un bacio e l'altro.
Poi, doveva aver visto che avevo cominciato a tremare, cosa che si nascondeva bene sotto alla sua felpa, e allora si fermò, per guardarmi dritto negli occhi. -Hai paura?-
Esitai a rispondere.
-Non voglio che tu ti senta obbligata. So benissimo che le parti più intime di te le ho ascoltate quando ogni giorno mi svelavi un piccolo pezzo di te che non conosceva nessuno. Ma ti amo, Dio solo sa quanto ti amo...- Non finì la frase per baciarmi, come se fosse più forte di lui. Per poi portare le sue labbra sulla mia guancia, sul collo, sulla spalla, spostando la felpa. Si scostò di poco per guardarmi. -Quanto sei bella...- Le sue mani accarezzarono le mie costole, la mia pancia, le mie spalle, facendo scivolare via la felpa. -Perché ti ostini a non mangiare? Sei fin troppo magra...-
Mi venne da ridere. Io non ero magra. Mi sentivo tutte le volte una palla che camminava, ad eccezione di poche, molto poche, nelle quali riuscivo a guardarmi allo specchio e ad accettarmi. Per poco, anche per qualche minuto e basta. -Non è vero, non vedi come sono?- Scivolai giù dal letto e mi misi davanti allo specchio.
La mia immagine fu dura da mandar giù, come sempre.
Ma poi, poi lo vidi alzarsi e raggiungermi.
Le sue mani andarono a solleticarmi la pancia, che io vedevo sempre così orribilmente evidente.
-Sei perfetta.-
-E tutti i graffi, le botte? Queste cosce? Tutto...-
-Io lo chiamo essere sé stessi. E sei perfetta così, con tutti i graffi dovuti al fatto che sei così maldestra. Non esistono chili in più, esiste quello che sei, e sei bellissima. Se si potessero pesare le insicurezze su una bilancia, proveresti il desiderio di dimagrire da quelle. Perché ti frenano.- Sussurrò con le labbra posate sulla mia spalla. Sospirò. -Da quando non mangi?-
Ripercorsi rapidamente le ultime ore, e non risposi perché sapevo come avrebbe reagito.
-Sophia. Da quando. Non. Mangi.-
-Da ieri a cena...- Mormorai.
-Diamine, stai scherzando, vero?- Chiese alzando gradualmente la voce, e piano piano staccandosi.
Scossi la testa, sentendo freddo quando le sue braccia non erano più intorno a me.
-Maledizione...-
Sussurrò quasi a sé stesso. In uno scatto di rabbia, sganciò un pugno contro alla porta.
-Ben, che cosa stai facendo?!- Corsi verso di lui, e presi tra le mie mani la sua con le nocche già scorticate e sanguinanti. Lui ignorò le sue ferite, e appoggiò la fronte alla mia. -Avrei dovuto accorgermene prima. Come ho potuto essere così cieco?- Si chiese, abbassando nuovamente lo sguardo sul mio busto.
-No... Nessuno se ne doveva accorgere e nessuno se n'è accorto. E in fondo va bene così.-
-È proprio questo che non capisci! Non mi sono accorto di quanto tu stessi soffrendo! E come posso credere di averti aiutato se non so nemmeno accorgermi che soffri?-
Strinsi di più la sua mano. -Perché tu mi fai sorridere. Tu, Ben, mi fai scordare tutti i mie tormenti. È solo di questo che non ti accorgi.-
-Scusami se sono un danno, Sophia.- Sussurrò fissando la testa nell'incavo del mio collo.
-Siamo solo due anime incomplete che si colmano a vicenda.- Mormorai.
Mi baciò dolcemente, ed io scordai tutto di nuovo.
Ogni suo bacio, abbraccio o semplicemente anche solo una sua parola provocava in me il desiderio di rimanere con lui più a lungo.
Lui che era un testo scritto di fretta, con tanti errori e una calligrafia difficile da capire, ma che raccontava una storia bellissima, capace di incantarti e coinvolgerti fino all'ultimo momento.
-Vieni a mangiare ora, però...- Disse quando di staccò dalle mie labbra.
Sistemai il suo ciuffo ribelle e lo baciai ancora.
Non era mai abbastanza.
Dopo avermi rimesso la sua felpa, mi portò in cucina, dove mi preparò i pancake, alle sei di sera.
Deglutii alla loro vista. Erano coperti da una cascata di cioccolato e ribes, e accanto al piatto, Ben mi aveva preparato anche una tazza di te'. Quelle cose tutte insieme dovevano contenere... Be', tantissime calorie. Stavo per inventarmi una scusa, della serie che mi veniva da vomitare o che ero allergica alle uova (cosa alla quale, tra l'altro, dubito avrebbe creduto), ma lui mi precedette. -So che non mangi così tanto da un po', probabilmente. Non pretendo che mangi tutta questa montagna di pancakes, ma puoi cominciare con una forchettata, no?-
Stentai un sorriso. Presi la forchetta e il coltello e tagliai un pezzo minuscolo di pancake. Trovai il coraggio, e lo feci solo per lo sguardo sinceramente preoccupato di Ben, di mandar giù altri bocconi. Cercai di controllarmi, per farli rimanere nello stomaco.
-Non è così difficile, vedi?- Disse Ben, venendomi più vicino per abbracciarmi.
Dopo essere rimasta ancora per un po' con lui, decisi di tornare a casa per stare un po' con mio fratello e mia madre. Mitch sembrava persino aver superato autonomamente la questione di papà, ma non sembrava avere intenzione di provare a parlarci.
Eppure, rimasi sconvolta per l'ennesima volta quando, una volta aperta la porta di casa, trovai mio padre.
Mio padre, in casa mia.
Con gli occhi sbarrati, mossi qualche passo verso di lui.
Di loro, ad essere precisi, perché di fronte a lui erano schierati mia madre e mio fratello.
-Cosa sta succedendo qui?- Trovai il coraggio di chiedere con un filo di voce.
Le loro facce erano sorprese. Avevano fissato questo incontro proprio perché credevano che io non avrei mai irrotto in casa.
-Sophie, ti chiedo di mantenere la calma.- Si rivolse a me mio padre. -Sono venuto per comunicare a Michael e a tua madre che ho ritirato la mia richiesta di affido. So che sarai più felice con loro.- Mi spiegò mio padre, ma gli occhi tristi lo tradivano. Non sapevo cosa dire, tanto per cambiare. Quando ne avevo bisogno, le parole scivolavano sempre via dalla mia mente come per farmi un dispetto.
-Perfetto, ora puoi sparire nuovamente dalla nostra vita.- Ruggì Mitch.
-Michael! Non parlare in questo modo a tuo padre!- Mia madre ci stupì. Fece un respiro profondo:-Andrew, ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto, ma ora ti devo chiedere di andartene.- Disse in tono fermo.
Ancora una volta, rimasi meravigliata dalla sua forza.
-Grazie per cosa? Non ha mai fatto nulla per noi, maledizione!- Esclamò ancora Mitch.
-Questo solo dal tuo punto di vista. I soldi che hai usato per andare in America e farti una vita là, per la maggior parte sono suoi.-
Questo, tolse le parole di bocca persino a Mitch.
Mio padre non ci aveva mai davvero abbandonato, allora.
E proprio lui, sentendo che stava diventando di troppo, si diresse verso l'uscita, in silenzio. Solo quando fu di fronte alla porta si girò.
Sembrava affranto, mentre pronunciava quelle poche frasi rivolte a me. -Se mai avrai bisogno, sai dove trovarmi. Ciao, Sophie.- E poi chiuse la porta.
Improvvisamente, la tensione e tutta l'agitazione sembrarono impossibili da contenere. Corsi fino in bagno sentendo tutto ciò che avevo mangiato da Benjamin risalirmi in gola. In qualche modo mi tenni i capelli mentre vomitavo tutto ciò che era di troppo dentro di me.
-Shh... Sorellina, tranquilla, ci sono qui io...- Sussurrò mio fratello, afferrandomi delicatamente i capelli. Stringevo la sua maglia tra le dita tremanti, persino quando mi rannicchiai contro il muro, sudata ed esausta, e cominciai a singhiozzare.
Perché la mia vita era un tale casino?

«Per piacerti non devi perdere peso, ma perdere insicurezze.»
Francesco Sole.

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domani ho un corso a scuola che mi terrà impegnata quasi tutto il giorno, e stessa cosa martedì, ma spero che riuscirò a scrivere la sera :)
ma no, parliamo del fatto che questa storia è arrivata a 35k di visualizzazioni? MA VI AMOO! <3
ve lo ripeto per la centesima volta, ma non importa; non avete idea di come i vostri commenti abbiano la capacità di cambiare la mia giornata da orribile a bellissima, grazie!
see u at the next update,
C.


secret / benjamin mascoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora