Prologo

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Molti provavano a sfidare la giovane ragazza francese sicuri che essendo una donna l'avrebbero sconfitta senza il minimo sforzo ma, aimè, i malcapitati finivano sempre stesi per terra disarmati, con l'affilata e luccicante lama della giovane punta...

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Molti provavano a sfidare la giovane ragazza francese sicuri che essendo una donna l'avrebbero sconfitta senza il minimo sforzo ma, aimè, i malcapitati finivano sempre stesi per terra disarmati, con l'affilata e luccicante lama della giovane puntata alla gola. Tutti facevano la stessa fine.
Amelie lo faceva apposta. All'inizio del duello fingeva sempre di essere insicura interpretando la parte della giovane damigella indifesa, così che il suo avversario la sottovalutasse senza tenere troppo alta la guardia. Ma era proprio in quel momento che lei si faceva avanti attaccando all'improvviso disarmandoli in soli due colpi di spada.

Amelie era furba, scaltra, intelligente, non si faceva mai sovrastare dalle emozioni.

Un avvenimento l'aveva cambiata radicalmente. Prima era solare, tutti la riconoscevano per i suoi sorrisi e il sui buon umore. Correva, saltava, si rotolava nell'erba con suo fratello e si divertivano sempre a fare gli scherzi agli altri abitanti del loro villaggio. Era un paesino così piccolo che era impossibile non sapere tutto di tutti.
Dopo invece diventò fredda, impassibile e si irritava spesso e per qualsiasi cosa. Cominciò a isolarsi e a starsene in disparte, preferendo la solitudine alla compagnia di qualcuno.
Suo fratello non c'era più. Il villaggio non c'era più. Tutta la sua infanzia era sparita e tutte le sue certezze erano crollate. Non correva, non saltava, non si ruzzolava più nell'erba come quando era più piccolina.
Ora invece si allenava con un manichino in legno costruito da lei stessa, infliggendo su di esso colpi sempre più rabbiosi e pieni di ira perdendo così la sua fanciullezza e innocenza e lasciando spazio all'irascibilità e all'istinto troppo presto.

Si allenava giorno e notte, era diventata bravissima, sia a maneggiare la spada che ad usare le armi da fuoco.

Si ricorda quell'avvenimento come se fosse successo ieri.
Aveva deciso di dormire sotto le stelle quella sera, con la testa appoggiata al ventre di Bill, il suo fedele cavallo dal manto castano, dalla criniera e dalla coda bionda e dalla stella sul muso che le era stato regalato per il suo dodicesimo compleanno.
L'animale se ne stava accovacciato dietro di lei, mentre Amelie aveva le lunghe e snelle gambe distese sull'erba.

Si addormentò profondamente, con la mente libera dai brutti ricordi e facendosi trasportare dalla tranquillità che la circondava.

A svegliarla era stato un forte odore di bruciato che le invase le narici e delle urla acute.

Aveva solo quattordici anni quando successe, eppure quel ricordo era ancora molto fresco nella sua mente.

Si alzò subito da terra e corse il più veloce possibile verso il suo villaggio, seguita da Bill che non si separava mai da lei.

Quello che vide una volta arrivata non se lo dimenticò mai. Il villaggio era completamente in fiamme. Il fuoco regnava sovrano su tutto, il fumo era immenso, denso, e la fece tossire molto, mentre alcune persone scappavano via spaventate con le lacrime agli occhi; uomini, donne, bambini e anziani erano completamente sconvolti.

Senza pensarci due volte corse veloce verso casa con un grande peso al cuore per la paura che fosse successo qualcosa alla sua famiglia.

Rimase lì a guardarla. Alcune pareti erano state mangiate dalle insaziabili fiamme, il tetto ormai era sparito e non poté vedere niente dentro casa perchè abitata dal fuoco. La luce era accecante, il suo calore fastidioso ed il fumo le pungeva sempre di più gli occhi.

Dove sono mamma e papà? Dov'è la mia famiglia? Dov'è Daniel?

Le sue domande non avevano risposta ed i suoi pensieri non riuscivano a trovare una spiegazione logica

Ma chi mai deve voler sterminare un villaggio indipendente e che non da fastidio a nessuno?

Non riusciva proprio a spiegarselo. Non capiva perché fra tutti i villaggi del circondario proprio il suo dovesse essere attaccato e dato alle fiamme.

Amelie scappò via in lacrime, ma prima di riuscire ad entrare nel bosco venne ferita alla schiena da qualcosa di molto appuntito e tagliente. Cadde a terra dolorante con un terribile dolore che non le permise di muoversi e nel momento stesso in cui il suo piccolo corpicino toccò il terreno ricoperto completamente dalla cenere si levò in aria una risata malvagia ed irritante. La giovane bimba alzò lo sguardo da terra e le si posarono davanti agli occhi quattro zoccoli appartenenti a delle zampe lunghe, snelle e di colore nero. Proseguì con lo sguardo, fino a vedere l'intera corporatura del maestoso ed elegante cavallo cavalcato da un uomo mascolino, ricoperto da una divisa nera e bordò. Grazie alla luce del fuoco riuscì a intravedere uno stemma cucito a destra del petto. Sembrava simboleggiare una croce a doppie punte, rossa ed incorniciata dal bianco. Uno stemma che si ricordò per tutta la vita.

L'uomo aveva i capelli abbastanza lunghi, gli arrivavano più giù delle spalle, neri, come quegli occhi freddi che la guardavano divertito

<< Sta' attenta bimba, potresti farti male >>

disse con un tono sarcastico e freddo che fece raggelare il sangue nelle vene di Amelie. Diede poi ordine all'animale di ripartire e così fece, l'asciando la ragazzina ferita per terra con il vestitino che minuto dopo minuto si inzuppava sempre più di sangue.

Provava dolore. Le faceva molto male la schiena. Non riuscì ad alzarsi da terra, ci provò un paio di volte, ma la ferita le faceva male impedendoglielo. Fortunatamente c'era Bill, che era riuscito a reclamare l'attenzione di una coppia con i suoi nitriti che sovrastavano le urla spaventate degli abitanti. Lo seguirono e trovarono stesa per terra la giovane ormai priva di sensi a causa del troppo sangue perso.

Da quel momento Amelie trovò una nuova famiglia, quella vecchia, quella vera non sapeva che fine avesse fatto, erano scomparsi? Rifugiati? Morti? Non lo sapeva. L'unica cosa in sua conoscenza è che si sarebbe vendicata, in nome di tutto il villaggio, in nome della sua famiglia e nel suo nome.

Sapeva che presto o tardi sarebbe arrivato il giorno che avrebbe potuto vedere quell'uomo morire davanti ai suoi occhi per mano sua e non avrebbe provato tristezza o rancore. No, solo gioia e soddisfazione. Avrebbe pagato con la sua stessa vita.

Ogni giorno, da quel giorno si allena 24 ore su 24, nel fienile dei suoi nuovi genitori, con il manichino in legno.

Ogni colpo che infliggeva, sia con la spada, che con la pistola o con il pugnale, era sempre più carico di rabbia. Odiava quell'uomo, non avrebbe mai dimenticato quella barba crespa, i suoi occhi neri dello stesso colore dei capelli, la sua corporatura mascolina e slanciata. E quella voce, quella non se la tolse mai dalla testa, aveva ancora bene in mente quel suo timbro basso ed irritante, l'avrebbe trovato ovunque, indipendentemente da dove sia. Aveva spento la felicità di quella giovane e bellissima ragazzina dai capelli biondi e gli occhi color ghiaccio; adesso l'unica emozione che sovrastava sulle altre era la rabbia.

LA QUARTA MOSCHETTIERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora