Capitolo 1 - Amelie

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Infliggo l'ennesimo colpo al manichino ma i raggi del sole che filtravano dal fienile e mi riscaldavano i polpacci mi fecero intuire che fosse mezzogiorno, con il sole nel suo punto più alto e il cielo di un turchese acceso

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Infliggo l'ennesimo colpo al manichino ma i raggi del sole che filtravano dal fienile e mi riscaldavano i polpacci mi fecero intuire che fosse mezzogiorno, con il sole nel suo punto più alto e il cielo di un turchese acceso.

Salto, corro, colpisco...mi alleno da quando sono entrata a far parte di questa famiglia. Ho costruito un manichino in legno immaginando sempre che al suo posto ci sia ogni singolo uomo che ha distrutto il mio villaggio. In particolare lui. Non conosco il suo nome, ma presto lo scoprirò. Oggi è il mio diciannovesimo compleanno. Mi sento pronta, pronta per partire, pronta per incontrare quei demoni del mio passato che mi hanno tormentata la notte e pronta per rispedirli da dove sono venuti.

<< Amelie! E' pronto il pranzo! >>

<< Arrivo Simone! >>

rispondo con voce altrettanto alta per farmi sentire.

Ripongo la spada con cui mi stavo allenando poco fa nel fodero e guardo quello che rimane ormai del manichino: gambe e braccia erano ormai completamente inesistenti e tra poco anche la testa sarebbe stata irriconoscibile. "Rimarrà solo il busto dato che è più pesante e solido rispetto agli altri" pensai tra me e me.

Esco dal fienile ed entro in casa sedendomi a tavola, con Pierre a capotavola e Simone davanti a me.
Mangiamo tranquillamente senza proferire parola, impegnati a gustarci il pranzo.
Simone portò a tavola un pezzo di pane di forma circolare con tutto intorno, come decorazione, della frutta tagliata a fette.

<< Auguri Amelie >>

mi augura Simone tutta sorridente mentre poggia il piatto di porcellana sulla piccola tavola in legno, di fronte a me, seguita da Pierre ovviamente.
Tutti e due mi guardano felici e mi sento in colpa ad informali della mia decisione di partire finalmente per Parigi.

<<Devi dirci qualcosa? >>

Simone mi riscuote dai miei sensi di colpa, sempre con quel suo tono pacato e gentile. Faccio un sorriso tirato.

<< Beh...veramente... >>

Simone e Pierre si scambiano uno sguardo forse avendo già capito cosa sto per dirgli, così prendo un bel respiro e mi faccio avanti.

<< É che penso sia arrivato il momento che io vada a Parigi. Vi sono grata per tutto quello che avete fatto da quando mi avete trovata quella sera. Mi avete cresciuta, nutrita, mi avete dato un tetto sotto cui dormire...siete veramente delle persone speciali e spero che un giorno possiate avere il figlio che tanto desiderate >>

Poggio una mano su quella della mia matrigna e l'altra su quella del mio patrigno, guardandoli negli occhi con dolcezza, consapevole di quanto entrambi bramano di avere un bambino

<< Mi avete fatto ritornare il sorriso. Mi avete regalato di nuovo la voglia di vivere. Voi non sapete quanto io abbia imparato a volervi bene. Veramente, grazie di cuore >>

Vedo gli occhi di Simone riempirsi di lacrime, é sempre stata una donna così sentimentale. E' bellissimo come riesca a fare di una sua debolezza un suo pregio. Mentre Pierre, essendo un uomo e volendosi comportare come tale, non fa trasparire una lacrima, solo un sorriso dispiaciuto, ma allo stesso tempo tenero

<< Anche noi ti vogliamo bene Amelie. Sapevamo che prima o poi avresti preso la tua strada, anche se speravamo che tu cambiassi idea. Ma ti capiamo, capiamo la rabbia che provi...e, beh, non posso dire che sia giusto perché sai come la penso. Ma conosco la bella ragazza che sei. Ormai sei una donna, bella forte, testarda...l'unica cosa che ti chiedo é di venirci a trovare >>

la stretta sulla mia mano si fa più salda, Simone si alza da tavola e mi abbraccia senza neanche darmi il momento di farmi alzare a mia volta. Le accarezzo le braccia che mi circondano il collo sorridendo. Quanto voglio bene a questa coppia.

Quando la mia matrigna mi lascia andare mi alzo anche io, abbracciando sia lei che Pierre, formando un tenero quadretto di famiglia.

Pierre mi guarda

<< Tu ricordati sempre di noi, e fai il culo a quei bastardi >>

Quell'affermazione fa nascere in me un sorriso. Sono sempre andata più d'accordo con Pierre, perché essendo un uomo é più rude e crudo, simile a me; anche se può essere strano perché in teoria dovrei indossare lunghe e scomode gonne, tacchi e dovrei pettinarmi per bene ed ordinatamente. Tutto il mio contrario. Certo, indosso il bustino stretto e che mi fa gonfiare il seno, ma sotto porto sempre una camicetta - che in teoria dovrebbe essere bianca - che ormai è tutta sporca e che mi tiene scoperte le spalle. Pantaloni neri attillati in tessuto e stivali in camoscio che mi arrivano quasi fino al ginocchio con del tacco. Al loro interno nascondo un pugnale, non si sa mai. Mentre porto i capelli sciolti e spettinati, con come cintura il fodero della spada a sinistra e quello della pistola a destra che mi circondano la vita.

Simone scioglie l'abbraccio.

<< Ok, basta adesso. Prima che mi metta a piangere a dirotto >>

Annuncia asciugandosi una lacrimuccia all'angolo dell'occhio. Sia io che Pierre facciamo un ghigno.

<< Aspettami qua Amelie, torno subito >>

Aggiunge poi il mio patrigno scomparendo dalla cucina per dirigersi verso la camera da letto.

Che cosa vorrà mai fare?

<< Eccomi >>

Annuncia poi ritornando. Nasconde qualcosa dietro la schiena, per poi portarla allo scoperto

<< Tieni. L'ho tenuto da parte fino a che non sarebbe arrivato questo giorno >>

Tiene su entrambe le mani un bellissimo pugnale con impugnatura in ferro molto lavorata. Lo guardo con occhi sognanti, ma non potrei mai accettarlo. Scrollo la testa con un sorrisino incredula.

<< Non posso >>

<< Come no? Avanti prendilo >>

Mi incita Pierre

<< Ma... >>

<< Niente ma. Avanti >>

Anche se contro la mia volontà lo prendo in mano e guardandomi attorno mi viene un'idea. Prendo il lembo della mia camicia e ne strappò un pezzo abbastanza lungo. Il rumore della stoffa strappata fa eco per tutta la stanza. Mi tolgo lo stivale destro, mi lego il pezzo di stoffa al polpaccio e poi ci metto il pugnale facendo attenzione a non ferirmi.

Sento subito il freddo della lama a contatto con la mia pelle. Incalzo di nuovo lo stivale e li guardo tutta sorridente. Avendo un pugnale sia nella gamba destra che in quella sinistra mi sentivo più sicura

<< Domani partirò e porterò anche Bill con me. Adesso vado a preparare tutto >>

Saluto tutti e due rapidamente con un abbraccio ed un bacio sulla guancia, poi esco fuori e vado verso il recinto del pascolo dove si trova Bill e le poche pecore e polli che abbiamo.

Entro dentro la recinzione e raggiungo il mio cavallo, gli metto una mano sul lungo e morbido muso e l'altra sulla sua mascella guardandolo negli occhi

<< Domani Bill sarà il grande giorno. Andremo a Parigi e finalmente avremo quello che vogliamo >>

<< Lo sai che ti voglio bene? >>

Aggiungo poi sorridendo. Questo cavallo è davvero il mio migliore amico e come se mi avesse capito si libera dalla mia presa, poggia il muso dietro la mia spalla destra e poi mi spinge a sé per abbracciarlo.

Lo stringo forte a me e lui fa lo stesso

<< Non ti abbandonerò mai Bill, nessuno ti porterà via com' è successo con la mia famiglia. Mi avrai sempre con te, come una sanguisuga >>

Annuncio ridendo.

LA QUARTA MOSCHETTIERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora