Sei - Chris

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-Clifford, sono felice di vedere che ha fatto progressi.
Commenta sarcasticamente Mr Harris, l'insegnante di biologia, mostrandomi il resoconto della ricerca che abbiamo svolto due giorni fa io e Calum.
Il sopracitato mi sorride, dispiaciuto per la mia F, ma serve solo a farmi alzare gli occhi al cielo. Non ho bisogno di essere compatita anche da lui.
-Non volevo deluderla.
Sfoggio il sorriso più strafottente di cui sono capace, utile a farmi ritrovare fuori dalla classe circa tre minuti dopo.
Dopo la situazione imbarazzante e irritante che si è venuta a creare con Luke Hemmings, non sono stata in grado di scrivere una frase di senso compiuto e, nonostante mi fossi preparata più o meno decentemente grazie a Hood, sono finita al solito impreparato.
Già, la vita è fantastica.
-Harris?
Sbuffo e prendo a camminare per i corridoi più in fretta possibile, ignorando la presenza ingombrante dietro di me.
-Posso sapere perché sono due giorni che mi ignori?
Spero che da un momento all'altro mi si apra la terra sotto i piedi e Ade mi trascini negli Inferi. Non ho intenzione di rivolgere la parola al ragazzo dietro di me per i prossimi dieci anni. Minimo.
-Dai, Chris.
Mi scosto bruscamente non appena prova ad afferrarmi il braccio, riservandogli un'occhiata piena d'affetto.
Perché gli sguardi non affettano? Sarebbe utile dare una spuntatina a quelle gambe chilometriche...
-Ti ho già ripetuto dieci volte che non ti farò domande su ciò che è successo l'altro giorno, è Ashton quello sentimentale. Almeno rivolgimi la parola, è brutto passare le giornate senza il mio passatempo preferito, Peggy.
Proprio quando sono sul punto di ripensarci, il ghigno divertito sul suo viso mi ricorda con chi ho a che fare e il mio ginocchio si muove in automatico in direzione dei suoi gioielli di famiglia.
Che dire, dovrebbe esporsi meno a pericoli simili.
-Cazzo, Chris!
Sibila, piegandosi in due e strizzando gli occhi per il dolore. Sorrido soddisfatta, rivolgo un'ultima occhiata alla giraffa sofferente che ho difronte e mi dirigo con tutta calma verso l'esterno della scuola. Non mancherò a nessuno, nelle prossime lezioni.
Raggiungo il retro dell'edificio in pochi minuti, accompagnata dalle note di Patience di Shawn Mendes.
Sono quasi sicura che Michael non si troverà da queste parti per la prossima ora-a causa del compito di letteratura inglese per la quale non ha studiato- quindi prendo posto sotto uno degli alberi del cortile e provo a rilassarmi.
Chiudo gli occhi, cominciando inconsapevolmente a canticchiare la melodia che risuona nelle cuffiette.
Il pensiero che Hemmings possa sfruttare la scena dell'altra sera per prendermi in giro -più del solito- non fa che tormentarmi. È sempre stato un continuo battibeccare, fra noi due, nonostante io non ne sappia nemmeno il motivo. Forse la sua eccessiva considerazione di se stesso o il mio odiare la gente, fatto sta che da quando ho memoria non abbiamo fatto altro che litigare. Litigare. Litigare. E litigare ancora. Ogni giorno, come se fosse un'abitudine alla quale non si può rinunciare.
Oserei dire che è quasi una sfida, un gioco. O forse, senza esserne a conoscenza, stiamo gareggiando per un nuovo record mondiale. La litigata più lunga possibile, anni e anni di insulti e prese in giro -chiariamoci, è lui a farmi innervosire- a mio parere, nati dal nulla. Forse potrei considerarlo l'unico vero rapporto che io abbia mai stabilito con qualcuno, sono riuscita ad avere un rivale, meglio di niente. Il mio piccolo mondo ruota così tanto intorno alla vita sociale di mio fratello che a volte quasi mi impongo di non considerare i suoi amici, anche miei. Poi mi vengono in mente Stephanie Barnes e il suo gemello e ringrazio il cielo di non avere veri e propri amici.
-Uh, guarda chi c'è...la piccola Clifford.
Un'ombra fastidiosa mi si para davanti, costringendomi ad interrompere il mio momento relax. Con grande sforzo, vista l'insistenza del soggetto davanti a me nel non volersi spostare, metto in pausa Dancing With A Wolf degli All Time Low e mi sfilo gli auricolari. Inarco un sopracciglio quando mi rendo conto di avere davanti un altro caso perso, etichettato come Chase Barnes.
-Che vuoi?
-Sei tutta sola? Hemmings ha tirato indietro gli artigli?
Mi acciglio e scuoto la testa. In testa ha meno di quanto possa avere la sorella.
Abbandono la mia posizione e intraprendo la strada che mi condurrà alla mensa, notando che fra pochi minuti suonerà quell'aggeggio infernale comunemente chiamato campanella.
Purtroppo per me, non credo di essere l'unica ad aver avuto l'idea geniale di prenotarmi un pranzo decente.
-Sei un tipo interessante...
Continua il genio dietro di me, raggiungendomi in pochi passi.
-Si può sapere che vuoi?
Scatto, irritata dal suo atteggiamento.
L'unica risposta che ottengo è una risatina sommessa, prima che Chase Barnes si prenda la briga di squadrarmi per bene, mantenendo il mento fra l'indice e il pollice.
Vorrei evitare di paragonare il povero Winnie The Pooh ad un soggetto simile -ammettiamolo, Pooh fa meno fatica a ragionare su quanto miele abbia mangiato che Barnes a ricordarsi come si chiama l'ultima ragazza che si è portato a letto- ma mi risulta quasi impossibile. È davvero un tipo particolare.
Particolarmente inutile alla società.

Hate || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora