Capitolo 10: L'ora di agire

286 32 10
                                    

Cassandra fu il primo vampiro che soggiogai e fu, di conseguenza, la prima ad aiutarmi nel compimento dei miei piani.

Sembrava incredibilmente docile nei miei confronti, portava a termine ogni compito che le imponevo senza battere ciglio. Forse, perché finalmente sapeva cosa fare: aveva un obiettivo e uno scopo sul quale far girare la sua vita, prima vuota e monotona.

Cercai altri adepti e piano piano li piegai al mio volere. Vedevo la mia schiera di vampiri allargarsi giorno dopo giorno e ogni volta facevo in modo di aggiungere personalità diverse al puzzle, caratteri sempre nuovi e con inclinazioni particolari da poter sfruttare al momento giusto.

Cassandra però rimase la mia preferita, mi affezionai particolarmente a lei e non seppi mai spiegarmi veramente il perché. O forse non volli mai ammetterlo. Non avevo mai provato nulla di simile verso nessun essere, non avevo mai sperimentato alcun genere di affetto, eppure tenevo a lei. Vi ero legato, ma in modo profondamente diverso rispetto al legame che sentivo con l'altro Me, non lo avevo dimenticato, come potevo farlo? O con la voce che sentivo nella testa, che da un po' mi aveva abbandonato e non si faceva più sentire.
No, Cassandra era diversa. Lo capii la notte di quella che avrebbe dovuto essere la nostra, la Mia, svolta.

La mia vittoria.

La mia vendetta.

Lei sembrava così simile a me, così sola nella sua buia solitudine e con nulla da perdere, ma tutto da conquistare.

Lei non era Me, eppure mi si addiceva, stava perfettamente al mio fianco e mi rendeva quasi completo.

Se riuscii a non impazzire nei giorni della ricerca e della messa a punto del mio piano fu merito suo. La follia giaceva già nel mio cuore e così anche il buio, ma con lei al mio fianco rimaneva latente. Restava domabile.

Fu grazie a Cassandra e per questo dopo un anno tolsi dal suo animo l'assoggettamento.

Ci pensai molto ed ebbi paura di perderla, ma contro ogni malevola previsione lei rimase con me. Continuò ad aiutarmi e diventammo la coppia diabolica per eccellenza.

Ci sostenevamo e completavamo reciprocamente.

Restò e continuammo insieme, tassello dopo tassello, il puzzle che ci avrebbe portato alla libertà. O così credevamo.

Passò un altro anno e ritenemmo fosse ormai l'ora di agire.

Scelsi la notte di luna calante, quella in cui i licantropi erano più deboli e indifesi, e attaccai. Attaccammo.

Nella mia mente era tutto chiaro, avevo pensato e ripensato a ogni minimo dettaglio.

Nulla sarebbe dovuto andare storto.

Tutto avrebbe dovuto essere perfetto.

Ma non fu così.

Di quella notte buia e fredda ricordo solo le grida disperate dei miei adepti, il sangue che bagnava la terra e il suo odore metallico che pizzicava le narici, che impregnava l'aria.

Quelle grida strazianti tormentarono le mie notti seguenti e per almeno un anno non cessarono di perseguitarmi, alimentando la mia follia, ma mai quanto lo sguardo terrorizzato di Cassandra.

I suoi occhi rossi mi avevano guardato spalancati all'inverosimile e se potessi dare un nome, o un'essenza, alla paura, ecco: avrebbe il suo sguardo. Lo sguardo di Cassandra. La mia Cassandra.

Avevo solo quindici anni, ero piccolo eppure grande, costretto dagli eventi a crescere in fretta e avevo perso già così tanto.

La famiglia, Me stesso, Cassandra.

Era lecito tanto dolore?

Avevo davvero perso qualcosa se, a conti fatti, non avevo mai veramente avuto nulla?

Non seppi rispondere in quel momento, so solo che caddi a terra con un tonfo sordo. Le mie ginocchia cedettero e piombarono sul fango, si piegarono e affondarono nella melma scura e fredda.

Un ronzio mi invase le orecchie, un fremito mi percorse le membra dalla punta dei piedi a quella dei capelli.

All'improvviso non sentii più nulla. Non vidi più alcuna cosa se non il nero.

Gli occhi di Cassandra svanirono.

Ti ho voluto bene.

Urlai o forse ululai.

Non ero più nulla in quel momento, ero disperazione o forse solo e soltanto una cosa: l'essenza dell'oscurità.

Mi lasciai andare come mai prima di allora, scatenai il mio buio subconscio e avrei compiuto una strage e con essa la mia vendetta, se una forza più grande della mia non mi avesse bloccato.

***

Non ora Elijah. Non è il tempo.

Lasciami!

Non. Ora.

Ti prego! Lasciami!

***

Non mi lasciò e mi catturarono. Fu proprio Lukas ad incatenarmi.

- Piccolo ed ingrato bastardo - disse ammanettandomi e tirandomi violentemente le braccia dietro alla schiena - credi di sapere cosa sia il dolore e la disperazione Elijah? - chiese e io non risposi, mi limitai a guardarlo furioso.

- Ucciderò anche te - dissi dopo un po', mentre mi strattinava e lo fissai con occhi infuocati - non è stato oggi e forse non sarà domani, ma ti ammazzerò. Lo giuro! -

Lukas mi colpii in pieno viso per farmi stare zitto, mi spezzò la mascella e mi ruppe il labbro inferiore, dal quale cominciò a sgorgare sangue amaro, caldo e metallico.

- Il prossimo che assaggerò sarà il tuo! - sentenziai sputandogli in un occhio con le ultime forze rimaste, prima che lui mi assestasse un altro pugno sul volto, già abbastanza ammaccato, che mi mise K.o definitivamente.

Svenni e quando mi risvegliai mi ritrovai in una cella. La stessa dei miei incubi.

Spalancai gli occhi e urlai. Mi poggiai alle sbarre e gridai ancora di più: bruciavano.

Ero finito nel mio sogno più oscuro.

Spazio autrice :

Eccomi di nuovo qui! :) Non ho molto da dire se non che, come avete visto, il nostro Elijah è cresciuto! Ora ha quindici anni!;)
Spero il capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima!;)






Hybrid II: Elijah [Completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora