Settimo giorno - 7

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«Vanessa» bisbigliò, «sono qui, ehi.»
Mentre camminava nel nulla, sentì scricchiolare le scarpe. Alzò un piede, passò la mano lungo la suola. C'era della sabbia.
Il suono, lo sciabordio di una risacca, crebbe di intensità. In qualsiasi altra situazione gli avrebbe rievocato tramonti esotici e il tintinnare di cocktail nella sera, ora gli pareva un incubo.
Qualcosa, una presenza misteriosa, gli sfiorò una spalla. Mike lo sentì allontanarsi e svanire nel buio.
Assalito dal panico, tornò sui suoi passi. Desiderò essere di nuovo fuori, voleva arrendersi, al diavolo il resto, al diavolo tutto quanto.
Sentì un piede sprofondare nell'acqua e lo ritrasse con un urlo. Cadde a terra, sul morbido. Strisciò indietro, perse il fucile, spinse coi piedi nella sabbia arrancando alla cieca come un gambero. Urtò un oggetto con la schiena, gridò una seconda volta.
Una nuova luce, da qualche parte sopra di lui, stava sorgendo. Fragile, sottile, poi sempre più bianca e spietata, come se qualcuno ne stesse regolando l'intensità attraverso una manopola. Anche la temperatura era cambiata. Sentì la fredda carezza del magazzino trasformarsi nell'abbraccio di una giornata primaverile, passare alla stretta rovente di una sauna fino alla morsa incendiaria del deserto. Vide ombre, cose, attorno a lui un mondo intero iniziava a popolarsi di forme e di dettagli. Capì di essere su una spiaggia, e sì, che quella spiaggia apparteneva a un'isola. Attorno, soltanto l'oceano.
Tastò dietro di sé e ritrovò l'albero.
A quel punto si sentì perduto.
Si guardò le mani e notò un particolare atroce. Non erano più tonde, ma spigolose. I contorni delle dita, assurdamente definiti. Anche i colori erano diversi, erano precisi e privi di sfumature. Inoltre, la sua percezione era cambiata. Ora vedeva in ogni angolo, anzi, non esistevano più gli angoli. Come attraverso gli occhi di un insetto, il suo sguardo abbracciava entrambe le direzioni, già, in quel luogo ce n'erano soltanto due.
Ci fu una specie di lamento elettronico.
Mike guardò in acqua, vide una donna. Il taglio, il colore dei capelli, tutto di quel fantoccio assomigliava a Vanessa. Persino gli occhi erano del colore giusto, solo che questi erano pieni e quadrati. Provò a gridarle qualcosa, ma dalla sua bocca uscì soltanto una melodia disarticolata, molto simile alla rincorsa di uno xilofono.
La donna sparì sott'acqua.
Un attimo dopo riemerse, prima le mani, poi le braccia, poi la testa e il busto. Infine, quello che c'era sotto. Lo squalo stava stritolando Vanessa tra le mascelle.
Lei tirò fuori la lingua ma non emise alcun suono. Un istante più tardi, una fontana di quadratini rossi, rosa e marroni esplose dalla bocca del pesce verso il cielo, come scintille di un fuoco d'artificio.
Mike urlò un'altra manciata di note musicali.
Lo squalo tornò di sotto.


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