Settimo giorno - 6

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Le grida provenivano da qualche punto nascosto nelle profondità del magazzino.
«Riesci a sentirmi, Vanessa?!»
Nessuna risposta.
Mike alzò il cellulare, aggirò cautamente i resti della scala. Sotto al fascio bianco della torcia, le corsie sembravano autostrade, gli scaffali tanti piccoli grattacieli spenti, gli spettrali rimasugli di un mondo antico, sommerso un'era prima.
Poi la luce morì.
Mike scrutò il display. La carica era al 6%. Durante il tragitto verso l'interporto aveva collegato il cellulare alla macchina, ma evidentemente non era bastato. Si ricordò della chat con Christine, anche quella di punto in bianco era saltata. Niente, da quelle parti tutto prima o poi doveva andare a puttane. Lì dentro la rete non prendeva, gli parve comunque saggio conservare la batteria per quando sarebbe uscito.
Se, fosse uscito.
Infilò il telefono in tasca e avanzò alla cieca, lentamente, percorse quelli che gli sembrarono chilometri e chilometri di un buio così fitto e intenso che si sentì schiacciare. Poi le sue dita toccarono una superficie fredda e liscia. Metallo.
«Mi senti?» strillò.
Ci furono altri colpi, tre in tutto, poi più nulla.
Mike passò i polpastrelli su ogni centimetro quadrato, alla fine trovò una sporgenza. Una maniglia, forse era davanti a una porta. Provò a ruotarla verso il basso ma l'impugnatura era bloccata. Appoggiò un orecchio, dall'altra parte gli giunse un rumore lento, pacato. Capì subito di cosa si trattava.
Gridò, si mise a battere il metallo con tutte le forze. Prese il fucile, usò il calcio contro la maniglia. Inutile. Si allontanò, puntò l'arma e si preparò a sparare. Ma che cazzo stava facendo, stava mirando alla cieca e aveva soltanto due cartucce. Idiota, perché non si era fermato a raccogliere quelle che erano cadute? Tornò indietro, appoggiò la canna sotto la maniglia e arretrò lentamente, cercando di mantenere la traiettoria.
Chiuse gli occhi, fece fuoco.
Nel frastuono che seguì udì il proiettile rimbalzare e perdersi nel vuoto, dall'altra parte qualcuno si mise a gridare. Per un attimo temette di aver colpito Vanessa, ma non aveva senso.
«Tieni duro, sto arrivando!» Belle, queste frasi da film di serie B.
Corse verso la porta, tirò con tutte le sue forze. Ancora niente. Prese la rincorsa e ci si gettò contro, la sua povera spalla urlò per lui.
«Dai, cazzo... cazzo!»
Afferrò di nuovo la maniglia e tirò, tirò, tirò, e mentre tirava gridava, consumando nel fuoco della rabbia le proprie corde vocali.
Finalmente qualcosa cedette.
Mike fu catapultato all'indietro, il pezzo di ferro gli rimase in mano.
«Ehi, ce l'ho fatta, sono qui, Vanessa!»
Nessuna risposta.
Il rumore di prima ora si distingueva chiaramente. Ritmico, delicato, assurdamente invitante non fosse stato per la sua orribile situazione.
Si rialzò, ritrovò il varco a tentoni e mise un piede dall'altra parte.

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