Terzo giorno - 1

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«Non ho voglia di discuterne, Mike. Davvero, sono stanca.»
«Io invece sì. Questa volta chi è?»
Vanessa sorseggiava il caffè, con una mano scorreva la chat di Facebook.
«Avevi detto che non sarebbe più successo» disse lui.
«Avevo detto così.»
«Sì, l'avevi detto.»
Lei non disse niente.
«Vanessa.»
«Mike, davvero. Parliamo di qualcos'altro, ti va?»
Il busboy si era avvicinato al tavolo, stava riempiendo le tazze. Sorrise a entrambi. Loro non lo cagarono di striscio, lui andò a fare il bravo bambino da un'altra parte.
«Perché ti comporti così?»
Vanessa roteò gli occhi. Il suo cellulare fece plop, segno che aveva appena ricevuto un nuovo messaggio.
«Smetti di chattare.» Mike aveva voglia di prenderglielo e sbatterlo sul pavimento. «Con chi stai chattando, Vanessa?»
«Stai diventando un tantino opprimente.»
«Forse perché sei diventata un tantino troia.»
Un tizio seduto al bancone si girò verso di loro. Vanessa aveva gli occhi fuori dalle orbite.
«Scusa, mi è scappata.»
Il tizio stava ridendo.
«Troie? Vogliamo parlare di troie?» strillò lei. «Pensi che non sappia nulla della tua... intraprendente segretaria?»
«Cosa cavolo...»
«Ho i miei informatori.»
«Stronzate.»
«Ora te ne devi andare.»
«Eh? No, noi ora rimaniamo qui e finiamo di parlare.»
«Devi proprio andartene, Mike.» Vanessa indicava un angolo del tavolo. In quell'angolo, notò lui, c'era il suo cellulare. Lampeggiava come sotto a un attacco aereo. Christine. Il progetto. Quelli di Phoenix.
«Merda.»
Era in fottuto ritardo.
«Corri. Corri dalla segretaria.»
Mike racimolò le proprie cose e sfrecciò verso la porta. Dopodiché tornò indietro, sbatté venti dollari sul tavolo. Puntò un dito verso di lei. «E comunque non abbiamo finito.»
L'uomo al bancone se la ghignava di brutto.
Mike si girò. «E tu fatti i cazzi tuoi.»

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