Capitolo 12

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L'auto sfrecciava sulla stradina di paese oltre il limite di velocità, come se la donna che guidava avesse sorpassato il confine della furia.

- Hai intenzione di rendermi l'estate un inferno anche quest'anno? La presenza di Adam e Sydney non è un buon motivo per giustificarsi, sappilo. - disse Suzie, trasudando una rabbia molto più grande in volume rispetto al corpo che la conteneva. Eppure la voce era ferma e le parole uscivano perfettamente chiare.

Aiden si limitò a sbuffare, sprofondando con la testa verso il braccio, che era appoggiato al finestrino.

- E non sbuffare, eh! Con che faccia tornerò all'orfanotrofio dopo oggi? In quella massa di neuroni non ce n'è neanche uno che gira in funzione degli altri? Egoista in tutto e per tutto?

- Che cazzo vuoi che ti dica? Quei bambini di merda volevano guerra e guerra è stata. Poi è arrivata la dittatrice e la guerra è finita.

- Voi avete diciotto anni, Aiden. Non siete più dei bambini. Era una provocazione e dovevate fare i ragazzi maturi e responsabili, non mi sembrava difficile.

Aiden trattenne il respiro per un secondo.

Decise di non dire quello che aveva pensato.

- Quei bambini rompevano le palle. - disse invece.

- Puoi evitare di dire parolacce in ogni frase? - replicò la madre, frustrata.

L'auto iniziò a rallentare e si fermò vicino a casa.

- Ma che cazzo! Smettila! Smettila, cazzo! Non ti sopporto più. Sempre ad aiutare gli altri, sempre in cucina a fare torte per i bambini delle troie che li hanno abbandonati, sempre in giro a sprecare il tuo tempo per questo mondo infame. Piantala, metti giù questa facciata del cazzo e vivi una vita normale, cazzo. Ti sembra difficile? - sbottò Aiden, per poi uscire dall'auto sbattendo forte la portiera.

Adam seguì Aiden per calmarlo e non vide quello che vide Sydney scivolando lungo il sedile per uscire.

Suzie voltò lentamente la testa verso la portiera che Aiden aveva sbattuto, poi tornò a guardare dritto davanti a sé. Avvolse le braccia intorno al volante e vi immerse la testa.

Borbottò qualcosa che Sydney non riuscì a capire, poi tirò su col naso.

Sydney non era sicura di capire perché avesse iniziato a piangere, ma immaginava che tutte le opere che indirizzasse al mondo esterno fossero la disperazione di non riuscire a dare a suo figlio quello di cui aveva bisogno. Tentava di aiutare, ma non capiva come e lo faceva nel modo sbagliato.
Tutto quello di cui aveva bisogno Aiden era una madre normale disposta ad aiutarlo a trovare la sua strada, invece di preparare dolci per bambini altrui.

***

Quando Anthony chiese come fosse andata la giornata, a cena, calò un silenzio tombale.

Solo Emma fu in grado di spezzarlo, raccontando di come fosse tragico che André fosse diventato mezzo cieco in Lady Oscar.

Sydney ricordò quanto le fosse dispiaciuto, nonostante le piacesse il conte di Fersen e avesse sperato fino alla fine di vederlo con Oscar. Durante la presa della Bastiglia, pero', aveva sofferto per la morte di André e aveva realizzato di aver desiderato invece che Oscar fosse rimasta con lui in un lieto fine più che meritato.

Ah, i bei tempi in cui le uniche preoccupazioni consistevano negli episodi dei cartoni animati!

I bambini non se li godevano, fremevano dalla voglia di crescere e "fare come i grandi". Crescere per loro era solo un numero, era avere sedici anni piuttosto che diciotto piuttosto che venticinque. Crescere era invece un processo continuo. Era coltivare se stessi in un giardino immenso, era rendersi conto che le piaghe del passato avevano lasciato solchi nel terreno che non si potevano cancellare, ma solo coprire con nuove piante. Era provare nelle proprie vene il dolore dei filamenti che si creavano in continuazione per nuove foglie. Era percepire nei propri occhi la gioia di contare uno a uno i successi raggiunti, di osservare come in una volta celeste l'infinità di mete da raggiungere.
Crescere era intagliare nelle proprie braccia le armi per combattere ogni giorno. Crescere faceva schifo perché il gusto della vittoria arrivava dopo secchiate di acido addosso. Ma crescere era anche bello, perché una soddisfazione piena valeva il sangue versato fino all'ultima goccia.

La cena proseguì anonima, con qualche parola scambiata tanto per fare conversazione, e Aiden eAdam salirono in camera prima del dolce.

Sydney li seguì poco dopo e bussò alla porta.

Sentì un tonfo, come di un pugno contro il muro, poi Adam le venne ad aprire.

- Posso? - sussurrò lei.

- Ormai sei qui. - disse Aiden, secco.

Adam gli lanciò un'occhiataccia.

- Oh, giusto, è la tua bella. - il biondo sospirò una risata di scherno.

- Zitto, coglione. Ci andiamo o no a questa festa? - ribatté il moro, circondando con le braccia la vita di Sydney e posando il mento sulla sua spalla.

Lei non era sicura che fosse giusto lasciargli così tanta libertà, ma non le dispiaceva il contatto e non si scostò.

- Quale festa? - domandò, con una voce che ricordava un gatto a cui hanno fatto le coccole.

- Wyn ha detto che c'è una festa a casa di Cass, una che conosce Aiden.

Aiden si passò le mani fra i capelli, riflessivo.

- Facciamo una cosa: passiamo dalla festa e salutiamo Wyn, e se non vogliamo restare andiamo al campo delle stelle.

- Il campo delle stelle?

- È un campetto fuori paese, oltre il boschetto delle volpi, dove si vedono bene le stelle anche solo stando sdraiati a terra. Conviene prendere delle coperte pero'. - spiegò Adam.

Sydney decise che suonava abbastanza bene, quindi annuì.

Andò in camera a cambiarsi e indossò una larga maglia a fiori con un paio di shorts consunti. Scosse un po' la testa perché i capelli cadessero disordinati sulle spalle, poi raggiunse i ragazzi.

Salutarono Suzie e Anthony con un secco e sonoro "noi usciamo!", che non trovò risposta. Forse Anthony aveva ricambiato il saluto, ma nessuno aveva sentito.

Tentare di impedire a Aiden di uscire era diventato impossibile negli ultimi tempi: Suzie non approvava tutte le feste a cui andava, ma lui usciva lo stesso. Quando Anthony aveva provato ad imporsi, era saltata fuori la delicata questione del padre di Aiden e aveva preferito non intromettersi più. D'altronde, sua madre preferiva lasciarlo uscire sapendo dove andava piuttosto che impedirglielo e scoprire il mattino dopo che durante la notte era sparito chissà dove.

Il silenzio perfetto della notte, con solo un cuculo a fare debolmente il verso, fu interrotto dalla suoneria esplosiva che proveniva dal telefono di Sydney.

- E che cazzo, Sydney! - disse Aiden, riprendendosi dallo spavento.

- Ah, ho dimenticato di rimettere il silenzioso... Scusate.

La ragazza lesse il nome che lampeggiava sullo schermo e imprecò.

- Ciao mammina! - rispose, con voce zuccherosa.

Dall'altro capo del telefono non si udì alcun suono per qualche istante.

- MAMMINA? MAMMINA?! NON RISPONDI AL TELEFONO DA TRE GIORNI, DEGENERATA!

Sydney allontanò il telefono dell'orecchio.

- Jess, calmati, Anthony ha già detto che sta bene e che ha fatto amicizia con i ragazzi. - si udì la voce di Gabe, pacata e armoniosa.

Aiden alzò gli occhi al cielo e indicò Adam.

- È possibile che solo questo frocio qui abbia una madre normale?

__________

I WOULD WAIT FOR EVER AND NEVER!

Perdonate l'assenza, ma questa settimana è stata un po' un inferno, tra i corsi pomeridiani e le prove dello spettacolo di ieri sera. Eh sì, ogni tanto facciamo pure le attrici [per diiire] 😂

La notizia straordinaria è che siamo riusciti a salvare il disastro che stava venendo dalla tavola di arte, quindi non ho dovuto rifarla. E io odio fare le tavole, una basta e avanza. Spero che fino a Natale non ne facciamo più [non perché prendo cinque nono].

La vostra vida come va?

Baci♡♡

Bad DecisionsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora