Epilogo

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MIAMI, 3 anni dopo

- Tesoro, vuoi un altro caffé?

Sydney alzò il capo e vide la cameriera dalla pelle scura rivolgerlesi con dolcezza materna.

- No, sto...

- Stai aspettando un ragazzo, non è così? Racconta, piccola.

La donna si sedette al tavolino di fronte a lei e osservò le occhiaie visibili su quel viso chiaro contornato da morbide onde castano cioccolato.

Era triste come il ragazzo in questione non potesse vedere una tonalità di rossetto così bella, la preferita della madre di Sydney.

- Io... - Sydney non era convinta di poter condividere la storia con una semplice cameriera di un bar di Miami vicino alla metro.

Osservò i tratti morbidi e pronunciati al tempo stesso della donna, che suggerivano una persona degna di fiducia.

La donna era grassoccia, ma non in modo sgradevole e Sydney era sicura che in un contesto felice sarebbe stata allegra ed energica.

- L'ho conosciuto tre anni fa. Ero qui a Miami per vedere mio padre e lui era qui per stare con suo cugino, figlio della seconda moglie di mio padre, come ogni estate.
Mi piaceva e prima di tornare a New York ci siamo promessi di mantenerci in contatto.
Lui ha deciso di iscriversi all'università qui a Miami con suo cugino e ci siamo rivisti ogni estate quando tornavo qui. Quest'estate sono potuta venire solo per una settimana, dato che ho avuto gli esami, e abbiamo concordato di rivederci qui oggi così da potermi trasferire nel loro appartamento.
Sto... sto ancora aspettando.

La spiegazione incuriosì molto la donna, che fece domande sull'evoluzione della loro storia e sulla difficoltà della relazione a distanza.

- È difficile. È difficile non aversi, desiderarsi, parlare sempre per frasi ipotetiche ed è ancora più difficile separarsi dopo il poco tempo passato insieme. Quello che ha reso tutto più sopportabile è stato sicuramente sapere che sarebbe finito tutto oggi. Quest'anno saremo finalmente insieme. - ragionò Sydney.

- Sei forte, bambina, lasciatelo dire. Spero che questo ragazzo si presenti perché se ti spezza il cuore non la passa liscia, na-nah. Padellate e caffé in faccia, ah-ah. - ribadì la donna, annuendo e usando il tono intransigente che solo le donne di colore sono capaci di fare.

Sydney sorrise.

L'orologio segnava le cinque e trentasette minuti.

Trentotto.

Quarantuno.

Quarantadue.

Quarantaquattro.

Quarantanove.

La porta del bar si aprì.

Adam entrò in tutta la sua altezza, con i capelli spettinati per la corsa e il respiro lievemente irregolare.

Era bello come sempre e Sydney sospirò.

L'ultima volta l'aveva visto un mese prima.

- Sydney. Dio, Sydney, mi devi perdonare. Aiden si è quasi affettato un dito e ho dovuto accompagnarlo all'ospedale, e tra il traffico e la sala d'attesa non sono riuscito a fare prima. Dio, scusami. Da quanto stai aspettando?

- Ti ho lasciato diciassette messaggi. - sussurrò lei.

- Non ho il telefono con me. Nella fretta di arrivare subito in ospedale non l'ho preso. Ti prego, perdonami. - supplicò Adam.

Sydney non se la sentì di prendersela per una tale emergenza e decise di passare oltre.

- Aiden come sta?

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