Il sangue continuava ad uscire dalla ferita. Le mie mani erano completamente sporche del mio sangue e cercavo di fermare il più possibile l'emorragia, con scarsi risultati. In quel momento pensai di morire veramente. Morire da sola, al buio, per colpa di una ferita troppo profonda e del troppo sangue versato. La vista mi si annebbiò e le lacrime iniziarono a scendere, fino a formare una cascata sul mio viso. Volevo smettere, non volevo sembrare debole, ma non ci riuscivo. Forse ero davvero fragile e inutile.
Harley Quinn era solo una ragazza influenzata dalla pazzia, che si credeva onnipotente accanto al suo uomo, ma senza di lui era poco che niente.
Scossi la testa con la speranza che tutti quei pensieri negativi scomparissero. Io ero Harley Quinn, la Regina di Gotham. Ero riuscita a rialzarmi dopo tutto quello che mi era successo, prendendo ogni cosa con ironia. Avevo superato ogni litigio con Joker, quando mi picchiava se era nervoso e io facevo qualche piccola sciocchezza.
Avevo superato i periodi passati rinchiusa in una cella e gli interrogatori dove venivo torturata fisicamente e psicologicamente per farmi dire qualche informazione su Joker.
Io ero riuscita ad andare avanti e a migliorare sempre di più. Diventavo più forte, più agile e più resistente ogni volta che mi rialzavo e questa volta mi sarei rialzata trionfante come le precedenti.Afferrai la coscia con entrambe le mani, decisa a toglie il proiettile dalla mia carne. Con due dita sfiorai l'apertura che si era creata e fremetti leggermente. Presi un lungo respiro e chiusi gli occhi. Infilai le due dita per estrarre il proiettile. Un urlo di dolore invase tutta la stanza. I miei movimenti erano limitati dalle catene, ma riuscii a raggiungere il proiettile. Riaprii gli occhi e respirai profondamente, prima di estrarre con un gesto rapido il pezzo di metallo. Mi ritrovai con il proiettile imbrattato nella sostanza rossa in mano. Lo lanciai con rabbia davanti a me, ma mi pentii subito della mia azione quando la cinghia del polso mi taglio ancora di più la carne.
Stappai un pezzo del mio top per farne una fascia da mettere sulla ferita, con i polsi ormai rossi e gonfi. Strinsi con forza il nodo, trattenendo le grida di dolore. Il sangue però continuava ad uscire ed ero in una situazione di panico totale.
-Almeno ci ho provato.- dissi sussurrando a me stessa. Un sorriso amaro mi si dipinse sulle labbra e cominciai a ridacchiare, sempre più forte, finché la porta della cella non si aprì rumorosamente.
-Smettila di ridere. Mi disturbi!- gridò arrabbiato Manuel, prima di tirarmi uno schiaffo in pieno viso.
Non contento del dolore che mi aveva provocato, mi tirò un calcio sulla pancia, facendomi perdere il respiro. Iniziai a tossire e a cercare aria. Perché all'improvviso aveva iniziato a comportarsi così crudelmente con me? Il suo atteggiamento nei miei confronti era esagerato.
Mi guardò per un'ultima volta e se ne andò richiudendo la porta a chiave.Il dolore era estenuante. Non riuscivo a stare lucida. Stavo morendo. Ne ero consapevole. Avevo pensato al momento della mia morte molte volte quando le cose non andavano secondo i piani. Non avevo mai pensato di morire in un modo così poco teatrale.
Ero troppo debole e tutti i muscoli del mio corpo mollarono, lasciandomi succube del mio destino. Come se stessi appassendo sempre di più, mi lasciai andare e chiusi gli occhi.
L'apertura violenta della porta fece sobbalzare il mio corpo rannicchiato sul pavimento. Non aprii gli occhi, non perché non lo volessi fare, perché non ce la facevo. Non valeva la pena aprire gli occhi per ritrovare Manuel o uno dei suoi uomini davanti a me.
Però c'era troppo rumore e quando sentii degli spari aprii gli occhi in due fessure. Potevo vedere solo fino all'altezza delle ginocchia. Riuscii a vedere solo la porta aperta con qualcuno appostato che mi dava le spalle. Le grida di dolore, però, si riuscivano a sentire benissimo.
Dei passi pesanti si stavano avvicinando e gli spari con le urla diventavano sempre più vicini.
Comparirono sul guscio della porta tre uomini completamente vestiti di nero, per quello che riuscii a vedere e l'uomo che prima era appostato se ne andò. Uno dei tre uomini si avvicinò sempre di più a me e cercai di spostarmi, ma ormai ero con le spalle al muro.Due mani mi toccarono e fremetti per il contatto. Esse però non si fermarono e con qualcosa che non riuscii a vedere, mi liberarono dalle catene, facendo cadere le mie braccia a peso morto.
Le stesse mani mi strinsero dolcemente in un abbraccio e mi alzarono da terra.
L'uomo che mi aveva preso mollò la presa con un braccio e mi portò la mano sul collo. Quella mano venosa e piena di anelli.
-È ancora viva.- disse con la sua inconfondibile voce roca.
Mi strinse ancora di più a se e si diresse oltre alla porta.
-Ti ho trovata.- sussurrò per poi aprire con uno spintone un'altra porta. Finalmente riuscii a veder la luce del sole dopo giorni di penombra.Mi aveva trovata, mi aveva salvata da morte certa. Ero finalmente tra le braccia di J e non me ne sarei più andata.
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• ROTTEN • {Harley & Joker}
Fanfiction• Stavo con lui tutto il giorno, tutta la notte. Lo ascoltavo, ubbidivo. Non potevo parlare, non potevo controbattere. Non potevo fare molte cose ma io lo amavo. Lui invece aveva solo un cuore marcio. Lui non riusciva ad amare. • •♥️Harley Quinn e...