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Mi svegliai di colpo, come se qualcuno mi avesse chiamato, ma quando aprii gli occhi non vidi nessuno vicino a me.
Automaticamente misi la mano sulla coscia dove si trovava la ferita, toccando la fasciatura bianca. Qualcuno mi aveva medicato. Il petto mi faceva male ogni volta che respiravo.

Mi guardai intorno. La luce del sole illuminava perfettamente la camera da letto. La nostra camera da letto. Ero sdraiata dopo tanto tempo sul nostro letto dalle lenzuola rosse. Ero tornata a casa, la nostra bellissima casa. Cercai di alzarmi, o almeno mettermi seduta sul letto, ma una fitta di dolore mi invase tutto il corpo, facendomi ricadere sul materasso.
Spostai lo sguardo intorno a me e esaminai le stanza fin dove potevo vedere. Era uguale a come l'avevo lasciata, non un quadro in più o un mobile in meno, come se non fosse passato un anno.

La porta si aprii e un uomo sui cinquant'anni fece capolino nella camera da letto. Aveva una scatolina in una mano ed era intento a leggere le istruzioni su di essa. Quando mi vide, sul suo volto si dipinse un'espressione di sorpresa e velocemente sparì dietro alla porta, iniziando a correre. Restai a guardare il soffitto per pochi minuti finché no sentii bussare sulla porta già aperta.

Era davanti a me, con una camicia bianca sbottonata e un sorriso sulle labbra.Volevo saltargli addosso, abbracciarlo e non lasciarlo più, ma appena il mio busto si staccò dalle lenzuola una fitta all'addome mi fece gridare. Lui allora si avvicinò a me e mi mise una mano sulla schiena e una sulla pancia, per poi delicatamente farmi scendere all'indietro facendomi sdraiare nuovamente.
-Ti fa tanto male?- mi domandò con tono calmo e guardandomi negli occhi. La sua mano percorreva tutta la lunghezza del mio braccio, partendo dal polso e arrivando alla spalla, per poi ritornare indietro. Annui, avevo paura di parlare, avevo paura di avere una voce tremante e troppo fragile. Ringhiò facendo spuntare i denti argentati. Voltò il capo verso la porta intenzionato ad alzarsi, ma lo fermai prendendo la sua mano.
-Non mi lasciare di nuovo.- gli dissi con voce rotta.
Nel pronunciare quelle parole ci avevo messo tutta la disperazione, la tristezza e anche la rabbia per tutti quei giorni passati senza di lui.

Mi si avvicinò e si inginocchiò affianco al letto. Con la mano mi accarezzò i capelli, spostandomi una ciocca sfumata di blu dietro all'orecchio. Si abbassò all'altezza del mio volto e mi diede un bacio delicato sulle labbra, come mai prima aveva fatto. Quando mi baciava lo faceva sempre appassionatamente oppure con talmente tanta foga da farmi sanguinare le labbra. Non era mai stato così delicato, non mi aveva mai trattato come una cosa fragile da proteggere. Questa delicatezza mi fece dimenticare tutti gli schiaffi, tutti i calci e le bastonate che mi avevano provocato dolore per colpa sua.

I suoi occhi erano immersi nei miei ed i miei occhi erano immersi nei suoi. Nessuno parlava, non ce n'era bisogno.

Parlai allora io -Sei uguale a come ti ricordavo.- dissi sussurrando, prendendo tra le mie mani il suo volto. Mi accarezzò i capelli soffermandosi sulle punte ormai scolorite. -Dovrò rifarmi la tinta.- dissi scherzando e iniziando a ridere. Ma la risata non durò molto, perché iniziai a tossire.
J mi prese e mi alzò di poco, facendomi riprendere a respirare normalmente.

L'espressione triste sul volto pallido cambiò e diventò di rabbia. Si alzò e si mise una mano tra i capelli.
-Ti ha lasciato in situazioni pietose, saresti potuta morire!- gridò, iniziando a camminare freneticamente avanti ed indietro per la stanza. Si appoggiò al muro con le braccia rigide, sferrò un pugno ad esso. Sobbalzai per l'improvviso gesto di rabbi e mi affrettai a parlare.
-Cosa hai fatto a Manuel?- gli chiesi. Si girò verso di me e mi prese le mani nelle sue
-Oh, volevo ricambiare il favore. Adesso è nello scantinato al buio, legato ad una sedia. Ovviamente tutto quello che era di sua proprietà adesso è mio.- disse con un sorriso in volto e una scintilla di follia negli occhi. Sorrisi anch'io. -Vuoi vendicarti anche tu zuccherino?- disse lui ricevendo un cenno di consenso da parte mia. Mi volevo vendicare.
-Questa è la mia ragazza. Rimettiti in sesto e poi scenderemo insieme in cantina.- aggiunse per poi lasciare le mie mani e avviarsi verso l'uscita.

-Ah, che sbadato, mi stavo per dimenticare una cosa importante.- disse lui raggiunta la porta e mettendosi una mano sulla fronte in modo teatrale.
Si avvicinò nuovamente verso di me e prese dalla sua tasca qualcosa di dorato. Sbrogliò la collana e me la mise al collo.
-Quel deficiente ci stava giocando quando sono andato a fargli visita.- mi disse ghignando.
-Non si toccano le mie cose.-

• ROTTEN •  {Harley & Joker}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora