Capitolo 2.

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L'acuto squillo della sveglia mi perfora i timpani, provocandomi un risveglio forzato. Allungo il braccio in cerca della mia futura vittima, mentre con la testa sprofondo nel cuscino.

Quando finalmente trovo la sveglia, ho una voglia matta e incondizionata di buttarla via, lontano da me, ma poi penso a quanto dovrei spendere per ricomprarne una nuova e subito desisto, spegnendola solamente.

Mi faccio forza e mi alzo dal letto, per poi trascinare i miei piedi fino al bagno dove mi lavo e mi preparo per un nuovo, noiosissimo giorno. Tanto anche questo sarà scandito dalla solita routine scuola-lavoro-casa.

A scuola sono sempre tutti così presi da loro, dalle loro passioni e alcuni persino dallo studio. Alcuni miei compagni di classe passano il loro tempo a studiare e poi, infatti, riescono a prendere dei voti eccellenti. Li chiamano secchioni, io li vedo più come degli avidi del sapere, sempre lì a fare domande, sempre lì a cercare di capire ogni cosa. Poi ci sono quelli che studiano solo quando devono farlo, ma che coltivano altre passioni fuori dal liceo, come uno sport, o la musica.

E poi ci sono io, che non faccio assolutamente nulla. Se non fosse per il fatto che lo studio mi aiuta a non pensare, non farei nemmeno questo. Non ho alcun interesse verso il mondo e le cose che lo popolano, già quel poco che ho visto mi è bastato. Ed è tutto una merda.

A parte questo, riesco a prendere bei voti, tutto sommato, dato che mi concentro a studiare solo ciò che mi interessa. Così facendo, prendo voti molto alti e vado a recuperare i voti bassi di quando stiamo studiando un tema che non mi importa affatto. Sono un po' così, senza una vera motivazione.

Prendo il quaderno da dentro lo zaino e lo poggio sul mio banco isolato, come sempre.

Quando lo apro per far finta di avere intenzione di prendere appunti, scorgo un fogliettino tra le pagine. Ecco dove lo avevo messo! Il foglio con il nome e il numero di Mark mi si presenta davanti agli occhi e subito inizio a rigirarmelo tra le dita.

Certo che le persone sono proprio strane! Questo ragazzo non sapeva e non sa nemmeno come mi chiamo, eppure mi ha dato il suo numero così, come se niente fosse. Beh, tutto questo mi risulta molto strano, certo, ma, chissà, forse è solo dovuto al fatto che io non so come i ragazzi si comportino dato che non ne ho mai avuto a che fare e dato che ho sempre cercato di evitare qualsiasi tipo di contatto con persone dell'altro sesso. Non voglio fare la stessa fine di mia madre, fidarmi per poi essere picchiata.

Ripongo il fogliettino nel quaderno e torno a far finta di seguire la lezione. I miei pensieri, però, volgono verso sentieri diversi da quelli della mia professoressa.

Chissà dove sarà Luna adesso, chissà se sta bene, e se è spaventata. Pensare a lei mi fa salire un magone enorme su in gola. Non poter fare niente è straziante, il non sapere con chi potermela prendere lo è ancor di più.

Mi distolgo da questi pensieri solamente quando sento Clara e le sue pseudo-amiche parlare di una festa. Non è la festa che mi interessa. Nessuna festa mi avrebbe mai distorto dai miei pensieri. Invece è il luogo che attiva i miei sensi: stanno parlando del Black Heart.

La professoressa ha ormai terminato la lezione, così inizio a riporre tutte le mie cose nello zaino, lentamente, così da avere il tempo di tendere l'orecchio e ascoltarle.

Da come ne parlano, anche loro lo reputano un locale "da urlo", "il più famoso della città e dell'intera regione" e "con più fighi da rimorchiare". Anche Mark me lo aveva descritto allo stesso modo, beh, certo, eccetto che per l'ultima caratteristica.

Possibile che non ne abbia mai sentito parlare? Questo pensiero mi sfiora appena, subito dopo mi ricordo di come sia la mia vita. E non basta altro per dare una risposta alla mia domanda.

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