Capitolo 29.

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Un suono irritante si fa strada nel buio del mio sonno senza sogni.

Forse non dovevo mettere la sveglia in piena notte... Forse non dovevo prendere iniziative per conto mio tanto da crearmi un piano.

Ma poi ripenso a Black (o Gabriel, non so neanche più come chiamarlo nei miei pensieri), al suo corpo ferito, alla sua andatura insicura... E penso che non posso tirarmi indietro proprio ora.

Non so da che parte sto, sinceramente. Ma prima di schierarmi, voglio avere le idee chiare, e se nell'archivio c'è qualcosa che possa aiutarmi a capire chi ha ragione e chi ha torto, beh... non posso non consultarlo.

Mi alzo costringendo le mie gambe a muoversi. Non mi vesto né cerco di sistemarmi per sembrare più presentabile: ciò di cui ho bisogno in questo momento è di sembrare appena scesa dal letto.

Il che, poi, è la verità.

Apro la porta della mia stanza e mi incammino in corridoio, verso la stanza di Vanda. Ricordo dov'è situata perché è proprio quella più vicina all'inizio delle scale, alla fine del piano.

Una volta davanti, prendo un profondo respiro, che mi fa realizzare per la prima volta quello che sto facendo: se il mio rudimentale piano non va a buon fine, probabilmente finirò nei guai, guai seri.

Alzo il braccio che scopro tremante, testimone della mia insicurezza.

Busso delicatamente alla porta in legno, iniziando a mettere in atto  quanto ho pensato.

Non sento rumori dall'interno, il che mi fa pensare che il suono delicato non abbia svegliato nessuno.

Sto per colpire di nuovo la porta, quando questa si apre lentamente.

Una Vanda assonnata, con i capelli sparati in aria e vulnerabile fa capolino con gli occhi socchiusi. Ma questi, appena si posano su di me, si spalancano in allerta.

-Anastasia...- sussurra appena, per poi girarsi verso l'orologio della sua stanza, probabilmente con la volontà di controllare l'orario. Poi torna a parlare: -Ma... è da poco passata la mezzanotte- torna  a guardarmi: -Che succede?-

Ed è adesso che devo dare sfoggio di tutte le mie capacità in campo recitativo.

Spero con tutto il cuore di riuscire a far sembrare la mia espressione un minimo terrorizzata.

-Il punto è che, vede, io...- faccio tremare le mie corde vocali, per rendere il tutto più veridico possibile. Poi mi fermo, e la guardo senza continuare a parlare.

-Anastasia.- mi richiama lei, la voce piena di preoccupazione: -Che succede, vuoi entrare?-

Abbasso lo sguardo, e annuisco leggermente.

Apre ancora di più la porta e mi fa segno di entrare.

Una volta dentro, mi giro a guardarla e finalmente parlo: -Vanda, mi dispiace davvero tanto per averti svegliata. Io... Volevo solo dirti che mi sono svegliata per un rumore assordante. E poi... poi ho visto un'ombra nella mia stanza e sono corsa qui. Io... io ho paura. Insomma, qui può esserci di tutto no? Io ho paura...-

E quando penso di stare esagerando con il vittimismo, Vanda corre (letteralmente) verso di me  e mi abbraccia: -Non preoccuparti, so che questo mondo ti spaventa perché ancora non lo conosci bene, ma non sarà stato nulla, magari solo un gatto, a volte ce ne sono di liberi che scorrazzano di qua e di la per la tenuta.- mi lascia andare, posandomi le mani sulle spalle: -Tu resta qui, io vado a controllare ok?-

Annuisco, forse con troppa foga.

Ma lei sembra non accorgersene, e se ne va dalla stanza richiudendosi la porta dietro.

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