Nicholas aveva finito le sue lezioni per quel giorno, ma sapeva che, purtroppo, la giornata era tutt'altro che conclusa.
Si diresse verso l'edificio che già pullulava di gente e si fermò a debita distanza da esso, cercando di scorgere la sorella da qualche parte.
Certo che Deb poteva anche dirmi dove e quando.
- Nik! Di qua!
Fortunatamente Debby lo aveva trovato in tempo, perché era sicura che se avesse aspettato più di un paio di minuti circondato da così tante persone, se ne sarebbe andato.
- Andiamo?
Nik guardò la sorella e la superò senza parlarle, pensando solo al posto in cui si stava recando: uno spazio chiuso, pieno di persone, odore di sudore, urla e stridori vari.
Decisamente non il suo posto preferito, anzi.
Mentre si avvicinava ai portoni, sempre più gente si restringeva intorno a lui.
Se solo qualcuno osa anche solo sfiorarmi...
Nicholas si girò infuriato e vide l'oggetto che lo aveva colpito: un borsone con il simbolo della squadra di basket appartenente a un ragazzo muscoloso, i capelli castani tagliati molto corti e due occhi nervosi.
- Scusate! Devo passare!
Detto ciò si fece strada tra la gente e sparì all'interno del complesso.
Per sua fortuna era stato abbastanza veloce da non permettere al biondo di rivolgergli quelle parole poco educate che gli erano balenate in mente.
- A quanto pare anche oggi Tobias aveva dimenticato qualcosa - disse Teresa, comparsa da chissà dove e chissà quando.
Teresa era un'amica d'infanzia di Deb e anche Nik la conosceva ormai da molto. Aveva i capelli color cioccolato fondente, lisci in maniera impeccabile e due occhi castano chiaro, grandi come quelli di un cerbiatto erano incastonati su un viso da bambina, che a volte, però, riusciva a sembrare davvero serio.
Fortunatamente la folla intorno a Nicholas cominciava a sparire, mentre lui cercava di non far caso tutto quel rumore e si infilava le cuffie.
Vide la sorella che cominciava a protestare rivolta a lui, ma il ragazzo finse di non averla vista e guardò dalla parte opposta: poteva obbligarlo a stare lì, ma non aveva certo detto che avrebbe seguito o socializzato in alcun modo.
Disse distrattamente alle due ragazze che si sarebbe seduto su uno degli spalti in alto e si allontanò senza aspettare alcuna risposta. Salì gli scalini troppo stretti, mentre si sentiva gli sguardi delle persone puntate verso di lui, che siano per il cappuccio tirato su o le cuffie, a lui non importava.
Arrivato in alto, si sedette su quel duro pavimento in cemento, mentre il freddo penetrava fin alle ossa.
Potevano anche mettere delle sedie o almeno qualcosa di più comodo rispetto a quei gradini freddi.
Nonostante fosse così in alto, vedeva benissimo i giocatori che si stavano preparando per la partita. Tra di loro c'era anche quel Tobias, anche se non sembra dover scendere in campo. Nicholas non si soffermò troppo sui giocatori, sapendo che sarebbe stato un errore molto stupido, così cominciò a osservare la folla radunatasi per quell'evento.
I vari posti nelle prime file erano quasi tutti occupati, con alcuni dei ragazzi che aveva visto per i corridoi o che conosceva perché erano i "popolari" della scuola, poi c'erano degli adulti, che Nik suppose essere i parenti dei giocatori o degli insegnati.
La partita iniziò e i giocatori cominciarono a contendersi il pallone. Nicholas conosceva bene il basket, insomma chi in quella scuola non lo conosceva? Eppure si sorprese nel vedere a come erano agili a sfuggire agli altri giocatori, a scattare verso il lato opposto del campo o a segnare.Il tempo scorreva, mentre il ragazzo riusciva a cogliere sempre più caratteristiche dei giocatori. Uno, però, lo stava sorprendendo più degli altri, l'unico che sembrava essere il più veloce, il più concentrato e serio.
Aveva i capelli scuri, i muscoli tesi e gli occhi attenti, capiva dai suoi movimenti che era concentrato al massimo, mentre scivolava verso il canestro avversario e riceveva il pallone in maniera perfetta, per poi concludere con una schiacciata ancora più perfetta.Non c'erano dubbi: avrebbero vinto senza problemi e in quei ultimi minuti, Kieran avrebbe segnato almeno un'altra volta.
Arrivato nella metà campo avversaria, tirò, concentrandosi al massimo, cercando di pensare alla traiettoria ed evitare le braccia alzate degli avversari.
Vide il pallone volteggiare e superare le mani tese, mentre lui tratteneva il fiato.
Poi sentì il suono di fine partita.
Non sentì la folla esultare, né i compagni che gli stavano venendo incontro, congratulandosi con lui per i tre punti fatti all'ultimo secondo.
Sentiva solo il suo corpo rendersi conto della fine della partita, i muscoli stanchi e tesi, l'ansia ignorata che faceva sentire i suoi effetti solo in quel momento.
Quando sentì Brian saltargli addosso, seguito dai compagni, si ricompose e si concentrò sulla vittoria, ignorando tutto il resto.
Esultò con i compagni, con il coach e con la scuola, ma cercò comunque di ritirarsi verso gli spogliatoi in fretta.
Dopo aver riso e scherzato a lungo con i compagni, si concesse una lunga doccia, mentre l'acqua calda rilassava appena i suoi muscoli doloranti e faceva arrivare le voci dei compagni ovattate alle sue orecchie.Non appena Kieran uscì dalla doccia, vide i compagni che invece si stavano dirigendo verso essa.
Tra varie pacche di congratulazioni, vide Brian puntare diritto verso di lui, sorrideva talmente tanto che Kieran si chiese se non avesse un crampo ai muscoli facciali.
- Piantala di sorridere come un coglione, Brian.
- Non ce la faccio! Sei stato a dir poco fantastico!
- Dovevamo vincerla, abbiamo tutti dato il massimo.
- Sicuramente. A proposito, vieni a festeggiare stasera, vero?
- Non lo so, al massimo ti faccio sapere poi.
- Scherzi?! Ma è il giorno più importante! Non puoi non venire oggi!
Kieran giocava a basket perché si sentiva libero quando si trovava sul campo e gli piaceva scaricare la tensione scolastica e famigliare che sia, però quel giorno era stato diverso, non riusciva a sentirsi vuoto e soddisfatto, anzi si sentiva ancora più carico di emozioni pesanti e tutt'altro che soddisfatto.
Tutte le parole di congratulazioni rivoltegli non lo toccavano minimamente, non lo facevano sentire orgoglioso per sé e per la squadra, non lo incitavano a continuare a giocare così. Sicuramente non avrebbe mollato il basket ora, soprattutto perché era l'unico sport per cui si sentiva portato.
- Scusa Brian, temo di aver esagerato, oggi. Se mi sentirò meglio vedrò di presentarmi.
- Ci credo! Eri un fulmine.
Il capitano divenne improvvisamente serio e sospirò guardando verso i compagni che stavano entrando nelle docce:- Va bene, vedrò di farlo a capire anche ai ragazzi.
Gli diede una pacca sulla spalla:- Comunque sei stato mitico.
Sorrise all'amico e lo ringraziò per poi dirigersi verso una delle infinite uscite, evitando quelle più conosciute, sapendo per esperienza che sarebbero state piene di persone pronte ad assalire i vincitori.
Non gli dispiacevano i fan, ma quella non era decisamente giornata.
Si diresse verso i corridoi degli spogliatoi che non venivano mai utilizzati. Ormai aveva gironzolato ovunque e conosceva bene ogni angolo di quel posto, sapendo, così, quale uscita avrebbe trovato sgombra da gente.
I suoi passi riecheggiavano nei corridoi semibui, mentre il borsone lo accompagnava a ogni passo e gli faceva sentire la presenza di quel peso famigliare.
Arrivato alla porta, appoggiò la mano sulla maniglia rossa e spinse, per poi uscire, mentre l'aria fresca di novembre lo investiva.
Chiuse gli occhi e affondò le mani nella tasca della giacca, mentre respirava quel vento freddo.
Si voltò a destra, incamminandosi verso una delle strade secondarie, ma proprio allora un ragazzo biondo svoltò l'angolo. Kieran si ritrovò con due occhi chiari che lo guardavano, leggermente aperti per lo stupore.
La prima cosa che si chiese fu se i suoi occhi erano grigi o azzurri.
Poi si ricordò che il suo obiettivo era quello di non farsi trovare e il panico lo assalì per un attimo:- Per favore, non dire a nessuno che sono qui.
Il ragazzo biondo lo guardò, alzando un sopracciglio e togliendosi le cuffie:- E perché mai dovrebbe interessare a qualcuno?
Kieran era stupito e nel contempo perplesso:- Non... non sai chi sono?
- Dovrei? Ah, ora ricordo: sei il tizio che ha giocato oggi.
Ma veramente è della mia stessa scuola?, pensò Kieran.
- Tu frequenti la-
Il ragazzo lo interruppe bruscamente:- Sì, la tua stessa scuola, ma non tutti sono dei amanti di... questa roba - disse aggiungendo un movimento della mano infastidito, verso l'edificio da dove provenivano tutte quelle urla.
- È sorprendente di come la gente riesca a urlare per una partita di basket - disse più tra sé e sé.
- Oh, quindi non sei mai stato alle partite?
Quei occhi strani si spostarono nuovamente verso il moro:- No, odio avere troppa gente intorno.
Kieran era sorpreso per la sua schiettezza, essendosi aspettato tutt'altro da un ragazzo come lui: felpa con cappuccio tirato sui capelli biondi, giacca di pelle aperta e jeans neri strappati... decisamente da tipo aggressivo o irritato con tutti.
Aprì la bocca per presentarsi al biondo, ma qualcuno urlò da un posto indistinto:- Nik! Dove sei finito?
Il tipo schietto si irrigidì:- Beh, io devo scappare. Comunque bella partita, complimenti.
Detto ciò scavalcò il muretto che divideva il palazzetto da un parco e sparì dalla vista del moro.
Comunque bella partita. Stranamente quelle parole gli riecheggiavano ancora nella testa. Quelle parole sì che lo fecero sentire orgoglioso di se stesso.
Si allontanò velocemente, avendo sentito dei passi avvicinarsi, ma lo fece sorridendo leggermente, mentre il commento del ragazzo biondo tornava a ripetersi nella sua mente.
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Allungando una mano nelle tenebre
RomanceKieran sapeva bene quale era l'obiettivo della sua vita e arrivarci era il suo unico scopo. Lo studio era il suo obbligo, il suo passatempo, il suo compagno di stanza. Il problema era però lo stress e la soluzione la trovò nel ruolo del playmaker de...