Domenica 04/12

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(prologo?)

Mi svegliai in un bosco mezzo buio dopo un lungo e pesante sonno. Fu lo scricchiolio del letto di foglie posto sotto il mio esile corpo a svegliarmi. Udii il rumore del vento passare tra miriadi di rami, come fossero corde vocali, dando voce alla variegata flora. Un odore di fumo mi restituii furtivamente in un luogo, ma non riuscii bene a definire quale. C'era luce, seppur senza sole, ma nemmeno con la luna. Sperai di essere in compagnia, e, invece, mi riscoprii da solo e in vestaglia, in una cui tasca, trovai un foglietto pieghettato. Lo aprii, cercando di decifrarne il messaggio: pareva un incoraggiamento, ma niente di serio, di decisivo, o di inerente alla situazione in cui mi trovassi. Mi chiesi dove fosse casa. Un armadio a due ante, che passava per caso lungo quel sentiero, mi vide crogiolare tra dubbi e una cappa di nebbia. C'è qualcosa che non va, mi domandò gentilmente. Dov'è casa, Sei sicuro di stare cercando casa. Non sapevo cosa intendesse dire. Comunque sì, ero abbastanza sicuro di volermene ritornare a casa. Gli riproposi il quesito. Cosa intendi dire per casa. Ad essere onesto, era un concetto su cui non mi ero mai soffermato tanto, perché, forse, lo avevo sempre sentito come mio. È questo l'errore che fanno tutti, non porsi domande su ciò che si sente proprio, ma assumerlo come compreso, senza degnarsi di interrogativi sulla natura, o sul fine, senza preoccuparsi del deterioramento. Ci accorgiamo delle cose solo quando è tardi, solo quando sono di qualcun altro, come se l'idea si cristallizzasse nella nostra mente, illudendoci di non perderla mai. Ci illudiamo di sapere. A quel punto, dunque, ebbi più di qualche difficoltà a degnare quell'ammasso di legno di una risposta decente, o quantomeno accettabile. Casa è dove sto bene, avrei potuto dirgli, ma sembrava troppo scontato. Casa, per me, è tra le sue braccia, ma nemmeno andava. Dove torno stanco la sera dopo un giorno faticoso, suonava troppo materialistica. Casa per me sono i libri, davvero, mi avrebbe considerato come non so cosa. Affidai al mio intuito, non proprio spiccato, l'onere della risposta. Casa è dove mi ritirerò durante la tempesta, quando il tempo sembrerà troppo brutto per passare, ma, a casa, è dove sarò a sicuro. Se feci breccia o no, non so dirlo con certezza, perché, a parte il rumore dei suoi passi pesanti, non faceva trapelare altre sensazioni. Quindi, tu vuoi tornare alla tua casa, Sì, è quello che vorrei in questo momento, sapresti indicarmi la strada, Io, certo che saprei indicartela, però, c'è una condizione che devi rispettare, Sarebbe, Devi fidarti di me solo, e diffidare di qualsiasi altro viandante del bosco. Io annuii, desideroso solo di andarmene, e pensando a chi altro potesse esserci a girovagare errante, magari, nella mia condizione. Dunque, devi seguire su questo sentiero, attraversare il ponte che scavalca il fiume, fin quando non giungerai ad un bivio. Aspettavo ulteriori indicazioni, ma la sua pausa era più lunga del previsto. Poi, Poi sarai tu a decidere. Non molto basito, lo ringraziai. In fondo, avevo solo la metà delle possibilità di sbagliare. Lo sentii andare via, e, quando una goccia d'acqua mi bagnò il volto, decisi di sbrigarmi.

Era passata qualche ora, avevo seguito le dettagliate indicazioni quasi alla lettera. Infatti, giunto al bivio, affacciatomi ai due sentieri, che parevano identici, la mia attenzione venne catturata da un carillon più grande del solito poco distante da un enorme albero che faceva da spartitraffico. Lo azionai e la musichetta del meccanismo diede suono ad un ambiente fin troppo silenzioso. Ne uscì una ballerina in tutù che eseguiva una perfetta piroetta. Terminato il numero, prese a fissarmi con aria attenta, un poco arrossata in volto. C'è qualcosa che non va. Fosse stato un cartello stradale, francamente, sarei stato molto più che contento, ma non potevo mica dirglielo. Pensai fosse un'amica del solerte armadio e che, con molte probabilità, era a conoscenza dell'altra metà delle indicazioni che il primo non era riuscito a fornirmi. Sai dov'è casa, Dovresti essere tu a saperlo. In effetti, non aveva tutti i torti, ma mi giustificai dicendole che mi fossi perso. E se invece di esserti perso, ti fossi ritrovato, Credo che saprei dove andare, in tal caso, Tu lo sai, ma nutri comunque il bisogno di affidarti a qualcuno, perché. Era la seconda domanda insidiosa di giornata, ma avevo poca voglia di cincischiare ulteriormente, considerando che, le gocce d'acqua che continuarono a umidificarmi il volto, erano più di una. Tu sai dove devo andare. Lei, mostrandomi un lieve sorriso, degnandomi di un ulteriore piroetta, si voltò leggermente verso manca. Non seguii le indicazioni del mobile alla lettera, perché le sue condizioni mi sovvennero troppo tardi. Mi fidai della ballerina di ferro, che, prima di vedermi scomparire tra il verde delle foglie e il grigio del cielo, tenne a ripropormi quelle stesse condizioni che non avevo rispettato. Non notai niente subito, avrei avuto modo e tempo dopo per mettere a fuoco.

Stava ormai calando notte, il freddo mi stava rendendo una poltiglia di brividi e affanni. Claudicante ed esausto, non sapevo per quanto avessi potuto resistere. Gli alberi mi parevano tutti uguali, e il sentiero pareva non terminare. Le foglie sul suolo, rosso, come un tappeto, risuonavano al mio incedere ormai mogio. Mi incoraggiavano, invitandomi a continuare con quella sinfonia naturale. Proprio un attimo prima di accasciarmi su quel letto, tale e quale a quello su cui mi ero svegliato ore prima, notai di non essere solo, non che sapessi definire con precisione la solitudine. Arrivai ad avere dubbi su tutti i fronti, tranne sul fatto che, quel manto rosso fuoco che apparve in penombra, fosse di una ghignante volpe. Vedendomi sbandare, mi rivolse un accogliente sorriso. Ti trovo in splendida forma, esordì, con tono pacatamente ironico. Cammino da un bel po', vorrei trovare un posto dove passare la notte, Io so di cosa hai bisogno, hai bisogno di un posto dove ritirarti durante questa tempesta, ora che il tempo sembra troppo brutto per passare, ma comunque, ti sentirai al sicuro. Come se avessi parlato io, ma era davvero quello che volevo, non lo so. Più che una volpe, sei un grillo parlante, pensai tra me. Ma, se era la stessa cosa che cercavamo, perché lui era lì, e perché, magari, non cercarla insieme. Glielo chiesi e, furbo per sua natura, trovò il bandolo della matassa. Io so che tu stai cercando la tua casa, e la tua casa non può essere pure la mia, ti pare. Aveva ragione, o decisi che aveva ragione per la mia poca lucidità dovuta alla stanchezza. Sapresti indicarmi la strada, per gentilezza, Certo che saprei, ma ti consiglio di non fidarti di me, Perché mai, ti stai rivelando un così gentile felino, non suscito affatto malevolenza o spregevolezza. Detto ciò, sembrò farsi seria la volpe. Fece spallucce e, controvoglia, mi delucidò sull'itinerario. Quando ebbe terminato, gioioso io del fatto che mancasse poco all'arrivo, tenne a precisare che facessi male a fidarmi. Perché non dovrei, Perché chi reca troppe speranze negli altri rimane spesso deluso, Anche in chi dimostra di tenere a noi, Soprattutto. Con emozioni contrastanti, ma la sicura voglia di proseguire, la ringraziai, e andai avanti per il sentiero, dove, alla vista di un pozzo, avrei dovuto svoltare a destra per raggiungere casa nel giro di due minuti. Lì per lì, pensai che stessi per arrendermi ad un palmo dal lieto fine. In realtà, a mia insaputa, era ben oltre un monte.

Giunto al pozzo, voltai a destra, come indicatomi, giungendo ad una maestosa mura di una fortezza che pareva essere uscita dal nulla, come se stessi sognando. Avvicinandomi, curioso ed eccitato, notai il grande portone in cedro che, al mio bussare placido, si aprì. Uscì ad affacciarsi un vecchio pelato, con una barba bianca che quasi toccava terra. Indossava una toga immacolata, aveva gli occhi grigi scavati, qualche ruga a delineare il volto rigido nei lineamenti, ma non mollo. Mi chiese quale fosse la tempesta che mi aveva condotto a casa. Son qui per cercare domande, non risposte, mi presentai. Non mostrò segni di empatia, solo calma attenzione. In chi riponi fiducia nel corso del tuo cammino, mi chiese. Capii che si riferissi ai colloqui che avevo avuto con le mie tre fiere. Doveva essere tutto una prova di mia maturazione, come un iter per condurmi all'Eden. Sapendo bene cosa rispondere, sensazione provata per la prima volta in quella giornata, mostrai un ghigno fiero e soddisfatto. Io credo all'armadio e al carillon, dissi tronfio, che mi hanno condotto qui grazie alle loro indicazioni. Il vecchio barbuto, allora, mi rese un ombrello e mi sorrise. Non è ancora il momento, proferì, e chiuse il portone, facendo risuonare il rumore per la boscaglia.

Era notte fonda, e, con il briciolo di forze rimastomi, mi misi alla ricerca del mio impostore. 
Cominciò a piovere. 

Graphaema  

Souls of the night | Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora