Michael's pov
Mi sentivo davvero stupido, incauto e senza rispetto per me stesso ed i miei sentimenti. Eppure ero lì, all'indirizzo che Jack mi aveva mandato per messaggio dopo la nostra conversazione a telefono, durata meno di due minuti, in cui Jack non aveva fatto altro che cercare di convincermi a vederlo senza neanche darmi il tempo di parlare, di insultarlo, quantomeno di difendermi. Alla fine gli avevo detto che ci avrei pensato soltanto per togliermelo dai piedi, e lui mi aveva mandato l'indirizzo ed il nome del bar dove voleva che ci vedessimo. Avevo passato tutto il tempo in studio di registrazione - ergo, tutto il pomeriggio - a pensarci, a pensare a cosa fare, a quanto mi avrebbe fatto stare bene o male vederlo, il tutto mentre Luke continuava a cantare quella canzone che ormai era evidente che fosse dedicata a me, facendomi tornare alla mente i ricordi di quella notte che tanto avrei voluto dimenticare, ma che era rimasta impressa a fuoco nella mia memoria. La voce di Luke, poi, non era proprio d'aiuto, non faceva altro che portare a galla quei ricordi che cercavo di annegare a tutti i costi. Era inutile, più la sua voce pronunciava quelle parole più quelle immagini si facevano più nitide nella mia testa, al punto da quasi sentire le labbra di Luke sulle mie, il sapore dolce che vi avevano lasciato sopra ancora una volta, in modo tangibile, quasi da farmi stare male, quasi da farmi sentire come se il sangue nelle mie vene stesse andando a fuoco, come se il mio stomaco stesse mangiando sé stesso dall'interno.
Alla fine, comunque, mi ero arreso ed avevo deciso, seppur stupidamente, di dare una chance a Jack, soltanto perché volevo sapere cosa l'avesse spinto a tornare da me quando era stato proprio lui a mollarmi - e anche perché, devo ammetterlo, sono un tantino masochista. E poi forse volevo dimenticare tutto quel disagio che avevo provato stando con Luke dopo tanto tempo passato ad ignorare la sua esistenza. Del resto, il dolore che mi provocava Jack quasi era una bazzecola rispetto a quel miscuglio di sensazioni sgradevoli che provavo con Luke. Dopo aver declinato la proposta di Ashton di andare a cena tutti insieme con una bugia, dicendo che sarei tornato a casa a dormire perché non mi sentivo molto bene, salii in auto e guidai da tutt'altra parte, finendo ad Hollywood Boulevard anziché a Figueroa Street. Quando mi resi conto che forse sarebbe stato meglio tornare a casa, ero già con un piede nel bar e Jack mi aveva visto, seduto ad un tavolino davanti alla finestra poco lontano dalla porta. Mi sorrise mentre mi avvicinavo a lui, sembrando genuinamente contento e sollevato dalla mia presenza lì. Avrei tanto voluto cancellargli il sorriso dalla faccia; era stato lui a lasciarmi, perché sarebbe dovuto essere così contento di vedermi?
«Non ti aspettavo qui», mi salutò, mentre mi sedevo di fronte a lui, «Pensavo che non saresti venuto».
«Sei fortunato che sono un idiota», borbottai in risposta, posando la giacca di jeans sullo schienale della sedia, «Allora, perché hai insistito così tanto per avermi qui stasera?», chiesi, andando dritto al punto. Non volevo la solita chiacchierata spicciola che si ha tra due ex fidanzati imbarazzati che si incontrano per caso, innanzitutto perché quello era tutt'altro che un incontro casuale, e poi perché conoscevo Jack abbastanza da sapere che quell'incontro nascondeva qualcosa, qualcosa che forse non mi avrebbe fatto piacere sentire. Jack voleva sicuramente qualcosa da me, come al solito del resto.
«Volevo soltanto passare una serata con te. Sai, come ai vecchi tempi...», rispose Jack, fissandomi cauto, «Come facevamo prima della nostra relazione».
Alzai un sopracciglio. «Lo sai che non ti credo?», borbottai, incrociando le braccia sul tavolo.
Jack sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Lo faceva fin troppo spesso, quando era nervoso. Sapere di averlo innervosito mi fece sentire abbastanza fiero di me. «Te lo giuro, Mike, non ho secondi fini. Mi andava di vederti e basta».
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Do it for the record || Muke
Hayran KurguCiò che era iniziato come una finzione è diventato realtà. E quando me ne sono accorto? Proprio nel momento in cui, sconvolto, Michael era uscito dalla mia stanza d'albergo, lasciandomi nudo e inerme su quel letto troppo grande per una sola persona...