Prologo

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Lali Esposito non era una ragazza insicura o paurosa, ma la notizia della morte di Eugenia l'aveva sconvolta, e non poco. Al funerale presero parte poche persone, Eugenia aveva chiesto solo gli amici più intimi, ovvero Lali, e l'unica persona della sua famiglia ancora in vita e con cui non era litigata, ovvero suo fratello minore, Peter. Il funerale fu breve, ma intenso, il prete disse -Era molto giovane, aveva tutta una vita d'avanti- ed era vero, Eugenia aveva solo 26 anni, aveva vissuto abbastanza bene la sua vita, aveva ereditato l'impresa di famiglia del padre ed aveva triplicato l'eredità, aveva fatto arrivare l'impresa di famiglia in quasi tutto il mondo, ed era diventata ricca e conosciuta. L'unica cosa che la frenava era Lali, la ragazza sbadata e timida di cui si era fatta migliore amica attraverso gli anni, per poi doversi prendere cura di lei. -Però se Dio ha deciso di prendere l'anima di Eugenia, sicuramente ci sarà un motivo- quando il prete pronunciò quelle parole, Lali avrebbe voluto gridare "Ditemi quali sono?" ma si trattenne. Peter era rimasto in silenzio per tutto il tempo, aveva guardato la bara come se fosse un nemico. Alla fine del funerale, lei e Peter dovettero andare nell'ufficio dell'avvocato per la lettura del testamento. La stanza era grande, ma a Lali diede un senso di angustia, si sedette sulla sedia più vicina alla finestra e alla porta, e la più lontana dalla scrivania dell'avvocato. -Che fai?- chiese una voce conosciuta accanto a lei. Lali si girò, Peter era appena entrato dalla porta e la guardava come fosse bizzarra, e Lali era sicura che lui credesse fosse bizzarra. -Non riesco a stare troppo nei luoghi chiusi, ho bisogno di stare vicino alla finestra- gli spiegò, anche se sapeva che lui non l'avrebbe capita. Lui fece cenno di si con la testa e si sedette accanto a lei. -Perché ti siedi qui, ci sono almeno altre 10 sedie?- gli chiese. Lui si guardò in torno e poi le fece notare -Si, ma tu sei l'unico essere vivente, a parte quelle piante vicino alla scrivania, ma non mi va di parlare con loro- disse. Lei lo guardò come se avesse appena detto la cosa più sbagliata del mondo, quando invece aveva fatto solo una semplice battuta, che se non fosse stato quel giorno, l'avrebbe pure fatta ridere. -Io non sono di molta compagnia, non farò conversazione, forse sono più simpatiche le piante- gli disse. Lui la guardò un attimo,poi distolse lo sguardo e controllò l'ora sul orologio appeso alla parete. -Cosa c'è? Vai di fretta? Peter è il giorno del funerale di tua sorella- gli ricordò lei. Lui la guardò come se fosse pazza -Ho semplicemente guardato l'ora, non mi sembra che mi sono lamentato- disse lui, con la voce un po' alterata. -Be, non mi sembra rispettoso guardare l'ora, tua sorella ha dato tutto per te, puoi attendere un paio di minuti per lei- disse Lali, prendendo forse un po' troppo personalmente il fatto che lui avesse guardato l'orologio, sapeva che era una stupidaggine, ma non poteva tornare in dietro o scusarsi. Peter non disse nulla e si alzò, sedendosi vicino alla pianta -Lo so, è proprio stupida- disse, come se stesse parlando con la pianta. Lali strinse i pugni e gli si avvicinò, si sedette accanto a lui e disse alla pianta -E lui è proprio un imbecille, che non rispetta sua sorella- lui la guardò male. -Non sono io il mantenuto qui- le ricordò. -Ah quindi tua sorella non ti paga gli studi?- gli domandò. -No, Mariana, lei li pagava, ora non c'è più- Lali non potette sopportare quella risposta, senza pensarci due volte gli diede uno schiaffo sonoro, si alzò e si sedette di nuovo vicino alla finestra, il più lontano da lui. Peter si toccò la guancia arrossata e si girò verso la pianta. -è anche manesca, ora- disse. -Signor Lanzani, signora Esposito, che piacere vedervi- disse l'avvocato entrando nella stanza, prima di notare il fatto che erano seduti distanti e che si lanciavano occhiatacce. Si sedette alla sua scrivania, fingendo di non notarlo. Prese il testamento e disse -Ora fate silenzio, si procede alla lettura- entrambi si zittirono e si girarono verso l'avvocato, in attesa che iniziasse. L'avvocato indossò gli occhiali da lettura, si schiarì la voce ed iniziò a leggere -Forse sembrerà strano, ma non mi pento di nulla di ciò che ho fatto, nemmeno degli errori che ho commesso durante il cammino, perché so che se non lì avessi commessi sarei diversa e a me piace come sono o in questo caso dovrei scrivere come ero. Ho scoperto da poco di avere un tumore nel cervello, e per mia sfortuna questo tumore non è curabile. Ci sono poche di cui non sono felice, ed è che non ho portato a termine tutti i miei sogni, perciò dico alle due persone che stanno sentendo le mie ultime parole, gli chiedo, lì supplico di compiere tutti i loro sogni, che siano strambi, bizzarri o senza senso. Non voglio che voi mi piangiate troppo, siete le persone più importanti per me, e non sopporterei di scoprire di essere stato un peso sulla vostra coscienza, sul vostro cuore. Ci sarà un conto a mio nome, che darà soldi agli orfanotrofi. Lascio in fine a voi due, Peter, mio fratello, sangue del mio sangue e a Lali, la mia migliore amica, la sorella che non ho mai avuto, tutto ciò che ho, con la condizione di dover dividere tutto in parti uguali e di dover convivere nella mia casa negli Hamptons per un anno, se no, tutto ciò che avrei dovuto dare a loro, finirà in beneficenza. Lascio in oltre a Peter, il compito, il dovere ed il piacere di prendersi cura di Lali, la migliore persona che conosca. Alla fine di questo anno di convivenza, Peter e Lali dovranno tornare qui per la fine della lettura del testamento, perché c'è un ultima parte, che voglio che loro scoprano solo dopo quel lasso di tempo- l'avvocato mise giù il testamento e guardò i due ragazzi, lì conosceva da molto, lì aveva visti crescere ed ogni volta che lì vedeva litigavano, per il semplice fatto che quei due insieme non potevano starci. Si chiese come potesse sperare Eugenia Lanzani, di poter far convivere per un anno qui due insieme, senza prima che si ammazzassero. I due non avevano detto nulla, lo guardavano a bocca aperta, sorpresi e sconcertati. -Scusi, sta forse scherzando?- chiese Peter. Lui scosse la testa. -Vuol dire che devo convivere con quella folle per un anno?- disse indicando Lali. -Prima cosa, modera il linguaggio, folle sarai tu. Per secondo nemmeno a me va molto di convivere con te- disse lei, risentita. -Ok, scusa- disse lui, poi si girò verso l'avvocato -e poi in che senso prendermi cura di lei? Che vuol dire? Tenerla d'occhio? Non farla uscire la sera? Andarla a prenderla e accompagnarla? E che sono, un babysitter?- domandò. -Ed io non sono una bambina- disse lei. -Lo so, e lo sapeva anche Eugenia, intende dire che vuole che voi facciate amicizia- provò a spiegargli l'avvocato. -Noi? Amici? Già mai- dissero e l'avvocato si preoccupò perché avevano iniziato a parlare all'unisono. -Con calma. Dovete convivere per un anno, poi potrete fare ciò che vi pare, ma la convivenza è dovuta- disse lui. -Quando si parte?- domandò Peter. -Dopo domani, avete un giorno, io verrò a controllare che non vi uccidiate...no, volevo dire, come va la convivenza- disse lui. Loro due uscirono dalla stanza. All'uscita dell'ufficio si guardarono un attimo, poi Peter le porse la mano e le propose -Tregua?- lei guardò la mano di Peter Lanzani, il suo nemico giurato, la strinse e disse -Tregua- si guardarono negli occhi per un po', finché non si lasciarono, chiamarono entrambi un taxi, e si diressero verso due parti opposte della città.

365 giorni di LaliterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora