Il Coffin Club

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Svoltai l'angolo e vidi qualcosa che non avevo mai visto prima: almeno dieci dark che aspettavano, in fila. Capelli raccolti in ciuffi appuntiti, bianchi e neri, con
extension lunghe fino a terra, mantelli svolazzanti, stivali neri al ginocchio e vestiti in
stile Morticia. Labbra, lingue e sopracciglia perforate da piercing e catene di metallo.
Tatuaggi di pipistrelli, filo spinato e simboli esoterici coprivano le loro braccia, i
toraci, le schiene e, in molti casi, tutta la pelle visibile.
Sopra le teste dei tetri figuri in attesa, si vedevano le sagome al neon rosso di due
bare che si stagliavano sui mattoni neri dell'edificio.
Impaziente come sempre, mi intrufolai davanti a una ragazza che si stava
annodando i laccetti del corpetto medievale che le stringeva il petto.
Un sosia di Marilyn Manson davanti a me si voltò a squadrarmi. «Sei di queste
parti?»
«Io credo che nessuno di noi sia di queste parti, se capisci cosa intendo» risposi,
con il tono di chi la sa lunga. «Io sono Primus»rispose, porgendomi la mano. Aveva le unghie più lunghe delle mie. «Io sono Louis» dissi.
«E io sono Poison» disse bruscamente una ragazza inguainata in uno stretto abito
di raion nero a strisce rosse, prendendo la mano di Primus come se fosse cosa sua. La
folla continuava ad avanzare. Primus e Poison fecero vedere i loro documenti e
sgattaiolarono dentro. Un buttafuori con la maglietta di Nosferatu mi guardava, dando
le spalle alla porta di legno a forma di bara che la sua stazza copriva del tutto.
Gli feci vedere la mia carta d'identità, tutto fiero, ma quando iniziò a studiarla con
attenzione, sorridendo diabolicamente, sentii la mia sicurezza svanire e il cuore
martellarmi nel petto.
«Sembra fatta ieri.»
«Be', ti sbagli» dissi io, guardandolo male. «È stata fatta oggi.»
Il buttafuori sorrise ancora di più, poi scoppiò a ridere. «Non ti ho mai visto qui prima.»
«Come, non ti ricordi di me? Ero quello vestito di nero.» La battuta lo fece ridere
ancora. Mi timbrò il dorso della mano con l'immagine di un pipistrello e mi mise un
braccialetto a forma di filo spinato attorno al polso sinistro. «Sei qui da solo?» chiese.
«Spero di incontrare un amico. Un uomo di una certa età, calvo, con un mantello grigio. È venuto qui di recente. L'hai mica visto?»
Il buttafuori scrollò le spalle. «Mi ricordo solo le ragazze» disse. «Ma se non lo trovi, io stacco appena prima dell'alba» aggiunse, tenendo aperta la porta a forma di bara per lasciarmi passare.
La oltrepassai e mi ritrovai in un girone infernale buio, affollato, pieno di fumo e
di musica martellante. Dovetti fermarmi un istante per consentire ai miei occhi di
abituarsi. I vapori del ghiaccio secco galleggiavano sulla folla come minuscoli
fantasmi. Le pareti di cemento erano state dipinte di nero con le bombolette, ed erano
decorate da pietre tombali al neon. Pallidi manichini con grandi ali di pipistrello
pendevano dal soffitto, alcuni vestiti di cuoio, altri in completi vittoriani o vestiti
d'epoca. Le porte dei bagni erano a forma di gigantesche lapidi; su una c'era scritto
MOSTRI, sull'altra SPIRITELLI. Le bottiglie dietro al bancone del bar erano decorate
con finte ragnatele. Un cartello appeso sotto a un orologio rotto diceva VIETATO L'AGLIO. Accanto alla pista da ballo c'era una specie di mercatino delle pulci dark, con gli articoli disposti su tavoli pieghevoli. Si poteva comprare di tutto, dai finti denti da vampiro, ai tatuaggi temporanei, alle letture dei tarocchi. Sulla pista
incombeva una balconata, alla quale si accedeva tramite una scala a chiocciola. Il
pubblico, con amuleti riempiti di finto sangue al collo e i canini bene in vista,
sembrava un misto di normali dark e qualche autentico pazzoide. Ma dando per
scontato che ci fossero vampiri in quella parte del mondo, avrei giurato che qualcuno
di essi si fosse mescolato a quella folla eterogenea, dove non avrebbe certo dato
nell'occhio. La musica assordante dei Nightshade usciva dirompente dalle casse. Mi
sentivo addosso gli occhi di tutti, mentre passavo. Diversamente da quando ignoravo
gli sguardi sdegnati nei corridoi della scuola, o lo scherno delle maniache di Prada in
centro, ero conscio del mio aspetto per un motivo assolutamente inedito: mi stavano guardando con ammirazione. Dark stupendi, dark spettacolari e perfino dark un po' nerd mi fissavano come se fossi stata una versione gotica di Paris Hilton, intento a
sfilare su una passerella medievale. Perfino le ragazze, che sfoggiavano magliettine
attillate con la scritta SIN che lasciavano scoperte le loro concave pance piene di
piercing mi scrutavano, marcando il territorio, come se qualunque altro maschio solo,
vestito di nero e con gli occhi pesantemente truccati potesse minacciare il loro
predominio sulla fauna locale. Mi ravviai i capelli nervosamente, cercando di non
incrociare lo sguardo di nessuno. Erano veri vampiri, capaci di sentire l'odore di un
umano? O solo dei dark che cercavano di riconoscere un loro simile?
Mi feci largo fino al bancone del bar, dove un barista con i capelli lunghi,
rossetto e ombretto sul viso stava versando liquore rosso in un bicchiere da martini.
«Cosa ti servo?» mi chiese. «Birra al sangue o un'Esecuzione?»
«Prendo un'Esecuzione, ma fammela analcolica» risposi, sicura di me. «Devo
guidare. Anzi, devo volare.» Il tetro barman si concesse un sorriso. Prese due bottiglie
di peltro dallo scaffale, e cominciò a versarne il contenuto in un bicchiere a forma di
Vergine di Norimberga. «Fanno nove dollari.»
«Posso tenere il bicchiere?» chiesi. Avevo il tono di un bambino eccitato in un
parco dei divertimenti, non di un'adolescente minorenne che cercava di fare il duro in
un locale. Gli allungai un foglio da dieci. «Tieni il resto» dissi fiero, come avevo
sentito dire a mio padre un migliaio di volte. Non ero neanche certo che fosse la
mancia giusta. Bevvi un sorso del liquido rosso, che sapeva di succo di pomodoro.
«Hai visto un uomo pelato, con un mantello scuro, ieri sera?» chiesi, gridando per
sovrastare la musica. «Ha fatto una telefonata da qui, dal club.» «Quel tizio viene tutte le sere.» Sorrisi, felice. «Davvero?»
«Lui e una cinquantina di suoi sosia» rispose, gridando a sua volta.
Mi voltai. Aveva ragione. C'erano tante teste rasate quante capigliature appuntite.
«Lui però ha gli occhi inquietanti, e un forte accento romeno» aggiunsi.
«Ah, quello lì?» chiese, indicando un uomo magro, calvo, ammantato in un
mantello grigio, che parlava con una ragazza vestita come Mercoledì Addams, in un
angolo. «Grazie!»
Sgomitai fino alla mia preda.
«Jameson!» esclamai, sfiorandogli la spalla. «Sono io!» Si voltò, ma era più
giovane di quanto ricordassi: era solo truccato per sembrare vecchio. Scappai prima
che potesse chiedermi di essere la sua compagna per l'eternità. Mi aggirai per il mercatino dark, pur non avendo il tempo per fermarmi a comprare amuleti di peltro, cristallo o argento, né di farmi leggere i tarocchi.
Quando però passai davanti all'ultimo tavolo, un'indovina mi prese la mano per
leggermela. «Tu stai cercando l'amore» mi disse.
Un ragazzo solo in un locale alla ricerca dell'amore? Ma dai?
«Be', dove si nasconde?» la sfidai, gridando nel frastuono. «Più vicino di quanto credi» rispose lei, misteriosamente. Mi guardai intorno, tra la folla. «Dove?» incalzai.
L'indovina non disse niente.
Le misi un paio di dollari in mano. «Da che parte?» le chiesi, ad alta voce.
Lei mi guardò negli occhi. «Est.» «Il bar?»
«Devi guardare qua dentro» disse, e con l'altra mano si indicò il cuore.
«Non mi servono massime lapidarie! Mi serve una mappa!» mi lamentai, riprendendo la mia perlustrazione della stanza.
Mi fermai alla postazione del DJ.
«Hai visto un uomo calvo, qui, di recente?» chiesi al DJ, che indossava un
camice bianco da laboratorio, decorato con spruzzi di finto sangue. «Chi?»
«Hai visto un uomo calvo, qui, lo scorso weekend?» ripetei.
Lui fece spallucce.
«Forse indossava un mantello grigio.» «Chi?»
«L'uomo che sto cercando!» La musica era così forte che nemmeno io mi sentivo.
«Chiedi a Romeo, al bar» mi suggerì lui. «L'ho già fatto!» mi lamentai.
Mentre tornavo verso il bancone del bar, vidi un tipo con capelli scuri, jeans e
una maglietta grigio cenere appoggiato a una delle colonne corinzie che delimitavano
la pista da ballo.
Mi affrettai a raggiungerlo, il cuore che mi batteva a tutta forza. «Harry?»
Quando si voltò, tuttavia, constatai che aveva più di vent'anni, e che perfino la
sua maglietta con su scritto MORDIMI puzzava di alcol.
Scoraggiato, tornai ancora una volta verso il bar. «Non era lui» dissi a Romeo. «Il tizio di cui ti parlavo, ha fatto una telefonata dal Coffin Club.»
Romeo si rivolse alla sua collega vestita da Elvira, che si stava mettendo una
mancia nel reggiseno. «Ehi, questa ragazza sta cercando un pelato che è venuto l'altra
sera» disse. «Ha fatto una telefonata da qui.» «Ah, sì, mi pare di ricordarlo» disse lei.
«Davvero?» mi intromisi, ansiosa.
«Me lo ricordo perché mi ha chiesto di usare il telefono. Non lo fa più nessuno,
ormai hanno tutti il cellulare.» «Ti ha detto dove alloggiava?»
«No. Mi ha ringraziato e mi ha allungato venti dollari per avergli lasciato usare il
nostro telefono.» «Era con qualcuno?» chiesi, ansiosa di avere notizie su Harry.
«Mi pare di averlo visto con un tizio che aveva il mantello da Dracula.»
«Harry» chiesi, eccitato. «Sai mica se si chiamava Harry Styles?»
Romeo mi guardò come se conoscesse quel nome, ma poi mi voltò le spalle, per
andare a pulire il bancone. «Non c'è stato il tempo per le presentazioni» disse Elvira.
Si interruppe per andare a occuparsi di un tale che sventolava una banconota.
Allora Jameson era davvero stato lì! E probabilmente anche Harry, che aveva addosso il mantello dell'ultima volta che l'avevo visto.
Mi guardai intorno, alla ricerca di segni che mi aiutassero a trovarlo. Probabile che Harry trovasse quel posto totalmente finto. Forse tutti i presenti erano reietti dark, come me, ma poteva esserci anche qualche vero vampiro. Poi mi ricordai che il
modo di notare un vampiro autentico era di non guardarlo.
Infilai una mano in borsetta e presi il portacipria di Ruby. Tutti gli zannuti
frequentatori del club erano visibili riflessi nello specchio. Avevo bisogno di un
nuovo piano. Misi via il portacipria e mi avviai verso la porta.
Improvvisamente sentii una mano gelida sulla spalla. Mi voltai.
«Credo di sapere chi vuoi vedere» disse Romeo. «Ah, davvero?» «Seguimi.»
Camminavo vicina alla mia guida, mezzo emozionato, mezzo terrorizzato.
Mi condusse su per la scala a chiocciola che portava alla balconata. Su un divano
a forma di bara sedeva una figura in ombra; davanti a lui c'erano un grande calice e un
candelabro, appoggiati su un tavolino tondo. La misteriosa figura alzò lo sguardo
verso di me. Sentii un brivido improvviso. Riuscii a malapena a sussurrare:
«Harry…»
La figura si avvicinò al candelabro, lasciando che illuminasse i suoi tratti. Non
era Harry.
Mi trovavo di fronte a un adolescente dall'aspetto enigmatico, il cui volto
cadaverico, ma allo stesso tempo attraente, era quasi nascosto dietro a capelli bianchi
con le punte rosse, come se fossero stati intinti nel sangue. Aveva tre anelli d'argento
al sopracciglio, e un teschio di peltro pendeva dal suo orecchio sinistro. I suoi occhi
seducenti mi studiavano, uno verde metallico, l'altro blu ghiaccio. Il bianco dei suoi
occhi era percorso da una ragnatela di venuzze, come se fosse sveglio da giorni. La
pelle aveva il colore della morte. Aveva le unghie dipinte di nero, come le mie, e
sfoggiava un tatuaggio sull'avambraccio, la parola POSSESSIONE. Ci volle tutta la
mia forza di volontà per distogliere lo sguardo dal suo, come se avessi dovuto
infrangere un potente incantesimo.
«Mi sembri deluso» disse, con voce suadente, costringendomi a guardarlo ancora.
«Ti aspettavi di incontrare qualcun altro?»
«Sì. Cioè… no.»
«Cerchi qualcuno con cui legarti per l'eternità? Qualcuno che non scappi via da te?» «Non è quello che cercano tutti?» risposi, secco. «Be', forse sono la persona
giusta per te.» «Credo che Romeo si sia confuso» dissi. «Cercavo qualcuno che ha
fatto una telefonata da questo posto. Un uomo di una certa età, calvo.» «Davvero?
Non si direbbe il tuo tipo.» «Mi sono chiaramente sbagliato…»
«Lo sbaglio di una persona può essere il destino di un'altra. Io sono Jagger» disse,
con uno sguardo penetrante che mi fece ribollire il sangue. Si alzò e mi porse una mano pallida.
«Io sono Louis, ma…»
«Stai cercando qualcuno che soddisfi i tuoi più oscuri desideri.»
«No, stavo cercando…» iniziai, ingenua. «Sì?» incalzò Jagger, sorridendo malizioso. C'era qualcosa che non andava. Romeo non gli aveva già spiegato chi stavo cercando? Ebbi un'intuizione. Jagger sembrava ansioso che io facessi un nome. «Devo proprio andare» dissi, stringendo la borsetta come uno scudo.
«Ti prego, unisciti a me.» Mi prese il braccio e mi attirò a sé, sul divano. «Credo
che tu e io abbiamo molte cose in comune.»
«Magari la prossima volta… Devo proprio andare…» «Romeo, porta qualcosa da bere al signorino» ordinò Jagger. «Che ne dici di un Sentenza di Morte? È il drink
speciale di questo posto.»
Jagger mi si avvicinò e mi scostò delicatamente i capelli. «Sei davvero bello» disse.
Evitai il suo sguardo, e strinsi la borsa che tenevo in grembo, mentre lui mi guardava. Sentii che quel seducente abitante della notte non era più mio amico di
quanto lo fosse Zayn.
«Senti, ti stai…» iniziò, cercando di alzarmi, ma in quella arrivò Romeo, con due
calici. «Al nuovo sangue» disse Jagger, ridendo. Esitando, sfiorai il suo bicchiere con
il mio. Lui fece un lungo sorso, poi attese che io facessi altrettanto. Da un individuo
tanto sfuggente, potevo aspettarmi che nel calice ci fosse qualunque cosa. «Devo
andare» dissi, alzandomi. «Lui non è la persona che credi» disse. Esitai, quasi
paralizzato da quelle parole. «Non so di chi stai parlando» risposi, e mi voltai per
andarmene. «Lo troveremo insieme» disse Jagger, e si alzò dal divano, per sbarrarmi il
cammino.
Ammiccò, poi sorrise, snudando lunghe zanne da vampiro che scintillavano alla
luce delle candele. Feci un passo indietro, poi mi resi conto che al Coffin Club tutti
avevano i canini aguzzi.
C'era un solo modo per capire chi o cosa Jagger fosse. «D'accordo. Ti lascio il mio numero» dissi, dandogli le spalle. Infilai una mano in borsa e tenni il portacipria
in modo che lui non lo vedesse. «Devo solo trovare una penna.» Mi tremavano le dita,
mentre aprivo il portacipria di Ruby e lo orientavo verso di lui. Chiusi gli occhi ed
esitai un istante. Feci un respiro profondo e li riaprii. Ma Jagger era già scomparso.

ℑ𝔩 𝔭𝔞𝔰𝔰𝔞𝔱𝔬 è 𝔱𝔬𝔯𝔫𝔞𝔱𝔬. Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora