Grazie a Dracula

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Tornai al teatro degli Attori del Villaggio in tempo per il finale. Corsi dietro alle quinte, dove una preoccupatissima Lucy mi accolse nei camerini.
«Non ti ho visto in sala!» disse zia libby, con un tono sorprendente simile a quello di mia madre. «Non dovresti concentrarti sullo spettacolo?» «E come facevo a concentrarmi, dopo aver visto che il tuo posto era vuoto?» scattò lei.
«Una signora, seduta accanto a me, mi si addormentava addosso di continuo» inventai, «Così mi sono spostato in ultima fila. Ma tu sei stata fantastica!» «Allora
l'hai visto» rispose lei, sollevata.
«Ma certo!» La abbracciai forte. «Neanche un vampiro infuriato mi avrebbe potuto distrarre.»
Giocherellai con la sua valigetta del trucco mentre lei andava incontro ad alcuni
fan nel corridoio. Non riuscivo a smettere di pensare al mio incontro con Jagger.
Avevo forse incontrato un secondo Dracula? Oppure era solo un adolescente tatuato
smanioso di uscire con un ragazzo? «Voglio farti conoscere Marshall» disse zia
Libby, rientrando in camerino.
Io stavo guardando dalla finestra, verso una figura in ombra che si aggirava nel
vicolo buio, nei pressi del cassonetto. «Louis!» disse zia Libby, scantandomi. Mi
voltai e vidi la versione di Dracula degli Attori del Villaggio, un uomo di mezza età
malnutrito, incipriato, con i capelli grigi pettinati all'indietro, labbra troppo rosse che
sembravano quelle di un pagliaccio e gigantesche unghie finte. Indossava un
tradizionale mantello di satin. Come faceva un uomo avanti negli anni e senza carisma
a interpretare il sensuale, seducente Dracula? Doveva essere un ottimo attore. «Vorrei
presentarti il tuo più grande fan» gli disse zia Libby.
Stavo ancora pensando alla figura che avevo visto dalla finestra. «Zia Libby,
credo che dovremmo…» iniziai. «Sono venuto a succhiare il tuo sangue!» disse
Dracula con voce cavernosa, avvicinandosi. Dovetti impegnarmi per non alzare gli
occhi al cielo. Fino a non molto tempo prima, incontrare un attore che interpretava il
ruolo di Dracula in una produzione professionale sarebbe stato il punto più alto della mia esistenza. Mi sarei comportato come una groupie urlante, in sua presenza, e avrei
incorniciato il suo autografo per appenderlo in camera mia. Ma ormai era come
incontrare la versione da centro commerciale del coniglietto pasquale. «Libby mi ha
parlato tanto di te» proseguì Dracula. «Piacere di conoscerti» dissi. «Stavamo proprio
per…» «Dai, siediti» suggerì zia Libby, offrendo una sedia pieghevole al suo collega.
«Tua zia mi ha detto che sei appassionatissimo di vampiri» disse lui, drappeggiando il mantello sulla sedia, prima di accomodarsi.
A dire il vero sono fidanzato con un vampiro, avrei voluto dire. «Sei già stato al Coffin Club?» mi chiese. «È troppo giovane» gli ricordò zia Libby, mentre si sedeva davanti alla toeletta per togliersi il trucco di scena. «E lei c'è stato?» chiesi io, curioso.
«Sì, ma solo per documentarmi.»
«E ha notato niente di strano?» mi informai, provetto investigatore.
«Oh, tutto è strano, in quel posto» disse lui, ridendo. «Ci sono ragazzini con
mantelli medievali e denti da vampiro, spuntoni di metallo che gli perforano labbra e
sopracciglia, amuleti di sangue appesi al collo. Credo di essere stato la sola persona
sopra i trent'anni. Eccetto forse un tipo.» «Più vecchio di lei?» «Be', so che può
sembrarti strano…» «Non volevo dire…» «Lo so. Anche lui però era particolare, ma
non alla mia stessa maniera. Lui avrebbe potuto recitare il ruolo di Renfield.»
«Mister Spavento?» mi sfuggì. «Voglio dire, faceva paura?»
«In un certo senso sì.»
Mi resi conto, purtroppo, che era il Dracula da baraccone con il quale stavo
parlando che Elvira aveva visto parlare con Jameson, e non Harry.
«Era un tipo eccentrico» proseguì Marshall. «Mi ha chiesto se conoscevo manieri
abbandonati nella zona. Dovevano essere isolati, vicino a un cimitero, e con una
soffitta.» «E ce ne sono? Io adoro le vecchie case.» «Gli ho confessato che ero il
protagonista di Dracula» disse Marshall, fiero, «e che ero stato alla Società Storica
per documentarmi su magioni e cimiteri locali. Gli ho spiegato che la società è una
fonte di informazioni migliore di qualunque agenzia immobiliare.»
Dracula si alzò per andar via. «Mi ha fatto piacere conoscerti.»
Riuscivo ancora a vedere la figura che si muoveva tra le ombre, dalla finestra
parzialmente oscurata. Quando mi voltai verso zia Libby, che stava ringraziando
Marshall per la visita, vidi i loro riflessi nella specchiera, come pure il riflesso della
finestra. Il vicolo appariva vuoto. Ma quando mi voltai nuovamente verso la finestra,
vidi ancora quella figura. Harry?
Mi diressi rapidamente verso la porta, oltrepassando il finto Dracula, che stava
per uscire a sua volta.
«Louis» mi riprese zia Libby.
«Scusi» iniziai. «Credo di aver visto uno dei suoi fan, fuori. Vado a vedere se la vogliono conoscere!» Uscii, raggiunsi il cassonetto maleodorante, accanto al quale
c'erano alcune vecchie sedie antiche e arredi di scena rovinati. In alto, le scale
antincendio.
Quando arrivai davanti alla finestra del camerino, non c'era più nessuno.
Delusa, mi aggirai per il vicolo alla ricerca di tracce nella viuzza deserta. Un
oggetto luccicante, sull'asfalto percorso da crepe nei pressi della finestra attirò la mia
attenzione. Mi avvicinai, e vidi un orecchino di peltro a forma di teschio, in una
pozzanghera. Mi pareva di ricordare di aver visto qualcuno indossare un orecchino
simile, ma Harry non aveva orecchini d'acciaio. Poi mi venne in mente… era Jagger.
Mi guardai intorno, per assicurarmi che la via fosse libera. Presi l'orecchino, me
lo misi in borsa e tornai di corsa nel teatro.
Zia Libby e io raggiungemmo la macchina insieme ad altri membri della
compagnia. A ogni passo avevo la sensazione che qualcuno mi stesse osservando.
Alzai lo sguardo e vidi un piccolo oggetto nero pendere dal filo telefonico che
attraversava il vicolo.
«Ma quello è un pipistrello?» chiesi, mentre la zia apriva la portiera del passeggero.
«Non vedo niente» disse lei.
«Lassù.» Glielo indicai.
Zia Libby si sforzò di guardare. «Sono sicura che è un uccello» commentò.
«Ma gli uccelli non pendono a testa in giù» dissi io. «Mi stai spaventando!» si
lamentò, affrettandosi a riguadagnare il lato di guida del Maggiolone. Che fosse
Harry? O i miei sospetti su Jagger erano giusti?
Quando la zia ebbe avviato il motore, mi voltai a guardare il filo. Non c'era più
nulla, attaccato.
«Cosa stai facendo?» mi chiese zia Libby, di ritorno al suo appartamento da
single, quando vide che stavo accendendo tutte le luci. «Intendi pagarla tu, la bolletta
di questo mese?»
Mi seguiva, spegnendole una dopo l'altra. «Dobbiamo tenerle accese» dichiarai.
«Tutte quante?»
«Papà non te l'ha detto? Ho paura del buio.» Mi guardò, scettica. «Tu? Un
ragazzo che campeggia la notte nei cimiteri?»
Non aveva tutti i torti, ma non potevo confessarle il mio segreto più oscuro. «Lo
spettacolo mi ha inquietato davvero» dissi, invece. «Siete stati così convincenti che ho
la sensazione che potrei essere morsa in qualunque momento.» «Davvero ti è
sembrato credibile?» chiese, sorpresa. Annuii con decisione.
«Be', io preferisco la luce di candela» disse. Accese alcuni ceri votivi e li dispose per tutto il salotto. L'appartamento cominciò a odorare di rose, e la luce delle fiammelle proiettava ombre inquietanti dalle maschere veneziane. Possibile che avessi davvero incontrato un secondo ragazzo-vampiro? Forse Jagger temeva che avessi
notato l'assenza del suo riflesso nello specchietto del portacipria. Forse si era appostato nel vicolo per tenermi d'occhio, e si era appollaiato sul filo del telefono
quando ero uscito. Feci un respiro profondo, rendendomi conto che mi stavo facendo
spaventare come quel pavido pettegolo di Zayn Malik. Avrei dovuto passare il
tempo a pianificare le mie ricerche per rintracciare Harry, invece di sospettare di
un semplice mortale con i capelli bianchi. Magari Jagger aveva perso l'orecchino
mentre tornava a casa dal Coffin Club. La sagoma che avevo visto poteva essere
qualcuno che era andato al club e che si era fermato accanto al cassonetto tornando a
casa, dopo aver bevuto qualche Esecuzione di troppo. Presi il telefono a forma di
lampada lava di zia Libby e chiamai i miei genitori. «Pronto?» rispose Billy Boy.
«Sono io. Ci sono mamma e papà?»
«Sono dai vicini. Sono andati a vedere il neonato dei Jenkins» rispose.
«E ti hanno lasciato solo?» lo presi in giro io. «Piantala.»
«Be', sta' lontano da camera mia e da quello che c'è dentro» lo avvertii,
avvolgendomi le spire del filo del telefono attorno alle dita.
«Ho già letto uno dei tuoi diari.» «Spero per te che tu stia scherzando!»
«"Harry mi ha baciato!"» disse, con vocina da femmina. Poi gli sentii sfogliare delle pagine. «Smettila subito di…»
«"Zayn aveva ragione"» continuò. «"Harry è davvero un vampiro."»
Rimasi paralizzato. Come aveva fatto a trovare uno dei miei diari?
«Chiudilo subito!» gridai. «Non è un diario. È un racconto che sto scrivendo per la professoressa di inglese!» «Be', hai fatto un sacco di errori di ortografia.» «Chiudilo adesso, Piccolo Nerd! Chiudilo o torno a casa e ti sciolgo tutti i videogame!»
«Calmati, lagna. Sono in camera mia, e sto sfogliando il mio libro sulla NASA» confessò. «Credi che abbia voglia di addentrarmi nel casino di camera tua? Potrei
perdermi per giorni!»
«Lo sapevo» dissi, con un sospiro di sollievo. «Be', di' alla mamma che ho chiamato.» Ero stupefatto dalla precisione con la quale Billy Boy aveva indovinato il
contenuto del mio diario. Forse avrebbe dovuto leggere la sfera di cristallo al
mercatino del Coffin Club.
«Ah, ha chiamato qualcuno per te» disse, all'improvviso. «Niall?»
«No. Un ragazzo.» Trattenni il respiro. «Harry?»
«Non ha detto il nome. Quando gli ho detto che non eri a casa, ha riattaccato.»
«Hai controllato il numero con l'identificativo del chiamante?» Aspettai un'eternità mentre lui controllava.
«Numero fuori area» disse, alla fine.
«Se richiama, chiedigli chi è» dissi. «E poi chiamami subito!»
Zia Libby stava mangiucchiando carote intinte nell'hummus, seduta per terra, su
un cuscino di velluto viola. Ero troppo agitato per mangiare.
«Parlami del tuo ragazzo» mi disse, come se avesse letto i miei pensieri.
«Be', è un tipo dark, come me» risposi, accennando alle caratteristiche di
Harry che non erano un segreto. «Ed è meraviglioso!» «Che aspetto ha?»
«Splendidi capelli neri, lunghissimi. Occhi profondi e sognanti. È più alto di me,
più o meno della tua statura. Magro, non esile ma nemmeno muscoloso come uno che
passa la vita in palestra. È terribile che se ne sia andato» aggiunsi, ricordandomi il
biglietto d'addio. «Ti ha lasciato?»
«No, è partito per le vacanze di primavera.» Dovevo rimediare alla frase di troppo che avevo detto. «È andato a trovare la famiglia.»
«Mi fa piacere che tu abbia conosciuto qualcuno di speciale, e con il quale hai
tanto in comune. Dev'essere difficile, per te, passare i tuoi anni migliori in quel
paesino.» Mi faceva piacere che Libby capisse come ci si sentiva a essere diversi. Lei
stava meglio a Hipsterville. Forse anche Harry stava solo cercando un posto dove
poter essere se stesso. «Zia Libby, posso farti una domanda personale?»
«Ma certo.»
«Tu ci credi, ai vampiri?»
Rise. «Pensavo che volessi farmi qualche domanda sul sesso.»
Rimasi serio. «Ci credi?»
«Una volta sono uscita con un tipo che teneva una fialetta appesa al collo. Diceva
che era sangue, ma faceva odore di sciroppo di fragola.» «Ti ha spaventata?»
«A dire il vero mi facevano più paura quelli che giuravano di non essere vampiri»
disse, scherzando. Credo che dovremmo andare a dormire. Abbiamo avuto una lunga
giornata» disse, soffiando sulle candele votive e riponendo le carote. «Sono felice che
tu sia qui» disse poi, abbracciandomi. «Anche io.»
Non appena zia Libby andò in camera sua, rifeci silenziosamente il giro
dell'appartamento e riaccesi le luci, tanto per stare più tranquillo. Mi sdraiai sul futon,
mi infilai sotto le coperte, e chiusi gli occhi.
Improvvisamente percepii un'ombra su di me. Strizzai gli occhi. Immaginai
Harry in piedi davanti a me con un mazzo di fiori, che mi implorava di
perdonarlo per essersene andato senza dirmi niente. Poi pensai che poteva essere
Jagger, in procinto di affondarmi i denti nel collo. Aprii gli occhi lentamente. «Zia Libby!» gridai, sollevato.
«Sempre spaventato?» mi chiese, i pugni sui fianchi. «Puoi lasciare accesa la luce del salotto, se vuoi.» Libby spense tutte le altre luci e tornò in camera, ignara del fatto che stavo cercando di difendermi da un vampiro adolescente tutt'altro che
benintenzionato. Mi tirai le coperte nuovamente fin sopra al viso, senza riuscire a
scrollarmi di dosso la sensazione che qualcuno mi stesse osservando. Cercai di
calmarmi pensando a Harry. Ripensai a quando ero stato sdraiato sull'erba con
lui, nel cortile dietro al Maniero, a guardare le stelle, con le dita intrecciate alle sue.
Sentii un rumore stridente provenire dalla cucina. Dovevo essere il solo ragazzo
al mondo che, sentendo un rumore di quel tipo, sperava che fosse un topo. Mi
immaginai ancora al Maniero, il cielo buio rischiarato dal bagliore intrappolato nelle
nubi, l'odore della sua acqua di colonia mentre Harry mi baciava. Ma quando
avrebbe dovuto bisbigliarmi all'orecchio, sentivo solo quel suono stridente. Decisi di
affrontarlo, e mi incamminai verso la cucina, i passi attutiti dai calzini neri. Un
topolino bianco che mi sgattaiolava tra i piedi non sarebbe stato un problema. Accesi la luce di cucina. Il suono sembrava venire dall'esterno.
Spostai la tendina sopra al lavello, aspettandomi di vedere il volto pallido di
Jagger che mi fissava. Invece era solo un ramo che sfiorava il vetro, mosso dal vento.
Tanto per stare tranquillo, aprii il mio contenitore ermetico e misi una testa d'aglio
sullo stipite della finestra, sopra il futon.

ℑ𝔩 𝔭𝔞𝔰𝔰𝔞𝔱𝔬 è 𝔱𝔬𝔯𝔫𝔞𝔱𝔬. Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora