Ballando nelle tenebre

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C'era un nuovo ragazzo a Dullsville… io. In fin dei conti, avevo trascorso sedici
anni calato in un'esistenza monotona. Improvvisamente Dullsville non era più poi così
noiosa. A pochi isolati da casa mia, in cima a Benson Hill, viveva l'amore della mia
vita, Harry Styles. Il mio ragazzo. Il mio compagno dark. Il mio vampiro.
Harry e io eravamo di nuovo insieme, e il suo nemico giurato era uscito dalle
nostre vite. Mi domandavo come sarebbe stata la normalità delle nostre vite. Uscivo
con un vampiro. Avrei dovuto tenere questo fatto segreto a Niall, ai miei, a tutti. Per
consentirgli di restare nella mia vita, avrei dovuto cucire le mie labbra dipinte di nero.
Harry e io ci saremmo sempre visti dopo il calar del sole. Non avrei mai
fatto colazione o pranzato con lui. Nei ristoranti avremmo dovuto evitare di sederci
vicino agli specchi, stando anche attenti che nessuno stesse usando aglio nei nostri paraggi.
E soprattutto, mi domandavo se avrei dovuto diventare vampiro anche io, per avere un futuro insieme a lui. Quella sera incontrai Harry alla porta del Maniero;
aveva uno zainetto sulla spalla e un ombrello in mano. «Andiamo» disse, fiero,
prendendomi per mano. «Dove mi porti, stasera? A qualche tomba?» «Vedrai…»
«Sei stato fantastico, l'altra sera. Sei piaciuto a tutti, a scuola! Per un istante, ho
pensato che mi avresti morso davvero.» «Per un istante, avrei davvero voluto farlo»
disse, ammiccando.
«Dev'essere difficile, per te, resistere ai tuoi istinti.» «Anche tu hai istinti ai quali
non cedi, no?» mi chiese, scherzoso, facendomi il solletico. «Perché dovrebbe essere
diverso, per me?» Ridacchiai.
Dopo qualche isolato ci fermammo davanti al country club di Dullsville.
«Mi prendi in giro? Mio padre è iscritto a questo club.» «Be', ha ottimi gusti.»
«Non l'ho mai pensato.»
Siepi di tre metri delimitavano il campo da golf, circondate da una bassa rete
metallica. La scavalcammo e ci ritrovammo sull'erba del campo. Mi ero intrufolato in
un sacco di posti, nella mia vita, ma a quello proprio non avevo mai pensato. «Se mi
beccano mentre sono qui» scherzai, «mi rovinerò la reputazione.
Di notte, quel luogo sembrava meravigliosamente spaventoso.
Camminammo sul tee, lungo la striscia erbosa e poi sul green, evitando le buche
di sabbia e i bunker, proprio come dovevano fare le palline da golf.
Harry e io ci sedemmo sul green, nei pressi della terza buca, che si
affacciava su un laghetto con una fontana centrale illuminata. C'erano dei salici
piangenti, al limitare del laghetto, che nell'oscurità sembravano piangere lacrime di pizzo nero, invece di foglie. Il campo era innaturalmente silenzioso. I soli rumori che
sentivamo erano i grilli e lo sciabordio delicato dell'acqua della fontana. «Mi piace
circondarmi della bellezza di posti come questo… ma tu lo fai impallidire, sai?» Lo
baciai immediatamente.
«Mi piace anche ballare in luoghi insoliti.» Aprì lo zainetto e ne tirò fuori un
lettore CD portatile. Lo accese, facendo partire una canzone di Marilyn Manson.
«Posso avere l'onore di questo ballo?» mi chiese, porgendomi la mano.
All'inizio ballammo un lento sul green. Dovevamo essere un bello spettacolo…
due dark che ballavano nel buio, su un campo da golf.
Quando iniziò un brano più veloce, ballammo uno intorno all'altra e attorno al
paletto della buca fino a restare senza fiato.
Corremmo fino al laghetto e mettemmo le mani a conchetta nell'acqua. La luce
della fontana illuminò il mio riflesso sulla superficie. Dove ci sarebbe dovuto essere
quello di Harry, vedevo solo le increspature causate dalle sue mani immerse
nell'acqua. Lo guardai. Mi sorrise, felice, ignaro dell'assenza del suo riflesso. Mi sentii
sola per lui e mi domandai come fosse una vita fatta di riflessi vuoti. Senza fiato, ci
lasciammo cadere sull'erba e guardammo le stelle. Il cielo era sgombro, tranne
qualche nuvola lontana. Stesi sul campo da golf, senza alberi o lampioni sopra di noi,
avevamo la sensazione di poter vedere milioni di stelle, che splendevano solo per noi.
Harry si mise a sedere e prese due bibite dallo zaino. «Vermi gommosi, ragni
o lucertole?» mi chiese, infilando nuovamente la mano nello zaino. «Vermi, per favore.»
Bevemmo e masticammo i colorati insetti gommosi. «Cosa si prova a non vedere
mai il proprio riflesso?» chiesi, incapace di distogliere la mente da quel pensiero.
«Non lo so, per me è sempre stato così.» «E come fai a sapere come sei fatto?»
«Dai dipinti. Quando avevo cinque anni, i miei genitori hanno commissionato a
un pittore un ritratto di famiglia. Ce l'abbiamo sopra al caminetto, nella nostra casa in
Romania. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Le pennellate dell'artista hanno
catturato la luce, le fossette sul volto di mia madre, la gioia negli occhi di mio padre,
il tutto con assoluta naturalezza. In quel ritratto sembro vivo e gioioso, anche se a quel
tempo ero grigio e tetro, nel cuore. Quell'uomo mi vedeva così, e ho deciso che
volevo fare quello che faceva lui.»
«Ti piaceva il tuo aspetto nel quadro?» «Sono sicuro che mi ha fatto più bello di
come mi sarei trovato vedendomi in un riflesso.» Il suo tono si fece appassionato,
come se stesse esprimendo quei sentimenti per la prima volta. «Mi ha sempre fatto
pena l'abitudine degli umani di passare tanto, troppo tempo davanti allo specchio. Si
aggiustano i capelli, il trucco, gli abiti, per lo più per fare colpo sugli altri. Ma si
vedono davvero, nello specchio? Vedono quello che vogliono vedere? Sono contenti,
o tristi? E soprattutto mi sono sempre chiesto se basino l'immagine che hanno di loro
stessi su quella che vedono riflessa.» «Hai ragione. Passiamo troppo tempo a
preoccuparci del nostro aspetto, invece che di ciò che abbiamo dentro.» «L'artista ha la
facoltà di cogliere quell'aspetto. Di esprimere ciò che pensa del soggetto. Ho sempre
pensato che fosse molto più romantico che vedermi in un freddo riflesso su una
superficie lucida.»
«Allora è per questo che dipingi ritratti? Come quello che hai fatto di me al Ballo
della Neve?» «Sì.»
«Dev'essere difficile la carriera di artista, tra i vampiri.» «Ecco perché fatico a
inserirmi. Preferisco creare, piuttosto che distruggere.»
Harry alzò improvvisamente lo sguardo verso la luna. Si alzò e prese un
grosso ramo caduto da uno degli alberi, accanto alla sponda del laghetto. Si tolse la
cintura e legò il ramo al manico dell'ombrello. Tolse la bandierina e infilò l'ombrello nella terza buca. «Cosa stai facendo? Vuoi oscurare la luna?» Di colpo sentii il suono
di un irrigatore che si accendeva. L'acqua cominciò a caderci addosso come una
pioggia leggera.
Ridacchiai mentre l'acqua fredda mi bagnava le gambe. «È fantastico! Non avrei
mai immaginato che un campo da golf potesse essere un luogo così magico.» Ci
baciammo sotto gli spruzzi d'acqua, finché non vedemmo lampi all'orizzonte.
Rimisi velocemente le bibite e il lettore CD nello zainetto, mentre Harry
recuperava l'ombrello. «Mi spiace che dobbiamo interrompere» disse, mentre
riprendevamo la strada di casa.
«Stai scherzando? È stato perfetto» dissi, abbracciandolo. «I campi da golf non
saranno mai più gli stessi, ora.»

ℑ𝔩 𝔭𝔞𝔰𝔰𝔞𝔱𝔬 è 𝔱𝔬𝔯𝔫𝔞𝔱𝔬. Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora