Incubo

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«La signorina Ruby?» chiese, con gli occhi che si accendevano di interesse. «La chiamerai?» chiesi. «Dopo essermi comportato così male? Non potrei mai.» «Ma devi! E poi non è
stata colpa tua. Dille che hai avuto un impegno urgente fuori città.» «Non mi
perdonerà mai, e la capisco.» «I fiori le hanno fatto molto piacere. E poi questo fine
settimana c'è una sagra. Avrà bisogno di un cavaliere. E tu di una dama.»
Jameson stava cercando di decidere cosa fare; era chiaramente felice della
possibilità di rivedere Ruby, ma non sembrava certo di avere il coraggio di chiamarla.
Harry scese trotterellando lo scalone, avvolto in jeans neri e una maglietta degli
HIM. Mi accolse con un lungo bacio.
«Sei stato carino a passare, ieri notte» dissi, mentre mi abbracciava.
«Ma non sono passato da te» rispose, interdetto. «Come no? Ho visto qualcuno
nel cortile.» Harry sembrava preoccupato.
«Mi sa che era Zayn» tirai a indovinare. «Ci siamo visti dopo la scuola. Credo
che sia ancora convinto che è colpa mia se non è più popolare come prima.» «Se hai
bisogno che gli parli io, basta che me lo dici.» Mi ero sempre difeso da solo, con Zayn. Era bello sapere che c'era finalmente qualcuno dalla mia parte. «Tu sei il mio supereroe!» esclamai, e lo abbracciai di nuovo. «Ho trovato un posto fantastico.»
«Fantastico? A Dullsville?»
Mi prese per mano e mi portò fuori dal Maniero, lungo la via.
«Mi fa ridere che i pettegolezzi inventati da Zayn si siano rivelati veri» dissi al
mio fidanzato vampiro. «Su di me o su di te?» disse lui, prendendomi in giro. «Cioè,
credevo che tu lo fossi… e poi non più. Poi mi sono convinto che era vero. E quando
mi sono detto che mi ero sicuramente sbagliato, ho scoperto che invece era proprio
così.»
«Ora mi hai confuso. Lo sono o non lo sono?» «Questo è il problema.» Gli strinsi
la mano. «Non voglio perderti e non voglio che tu sia in pericolo.» «Io amo il pericolo.»
Quando mi resi conto che ci stavamo lasciando alle spalle il cimitero di
Dullsville, mi domandai dove stessimo andando.
«Manca poco» mi rassicurò lui.
Sarei andata a piedi fino in Cina, con Harry al mio fianco. Avevo tante di
quelle domande da fargli, che non sapevo da quale iniziare. «Tu e Jagger siete
cresciuti insieme?»
«Quando siamo nati le nostre famiglie si frequentavano. Credo che invidiasse Luna. Lei viveva come tutti gli umani, e faceva cose che lui poteva solo immaginare,
come andare a scuola, fare sport, frequentare gli amici. Lui è mingherlino, ma credo
che avrebbe voluto essere un tipo atletico, come Zayn. Un po' mi dispiace, per lui.
Non ha mai provato passione per niente che non fosse la vendetta. Poi la mia famiglia
ha cominciato a viaggiare. I miei erano degli eccentrici, molto diversi dagli altri
vampiri. Ci chiamavano i vegetariani.»
«Forte. Quindi come fate a sopravvivere? Siete convenzionati con il macellaio?»
scherzai, alludendo alla mia conversazione con Zayn.
«Come fai a saperlo?» chiese, sorpreso. «E poi abbiamo qualche parente che è in
contatto con le banche del sangue.» «Uh… ho tirato a indovinare» risposi. «Anche i
miei genitori erano hippy. Non mangiavano niente che avesse avuto gli occhi. Poi
hanno scambiato treccine e pantaloni a zampa con completi di Armani e valigette di
pelle e passano in BMW davanti ai picchetti di protesta degli ambientalisti, mentre
vanno al lavoro.»
«Mi sa che i nostri genitori andrebbero d'accordo.» «Proprio come noi.»
Harry mi strinse la mano più forte. «A volte mi domando come sarebbe se tu mi
trasformassi. Staremmo svegli tutta la notte, svolazzeremmo insieme, e niente ci
potrebbe separare, per l'eternità.» «Io invece immagino come sarebbe se fossi nato
come te. Andremmo alla stessa scuola, prenderemmo il sole, faremmo picnic al parco.
E io potrei guardarmi riflesso in uno specchio insieme a te. Tappezzerei le pareti di
camera mia con le foto di noi due in spiaggia.» «I nostri sogni sono simili.»
«Tu sei un'umano che vorrebbe essere vampiro, e io sono un vampiro che sogna
di essere umano.» Guardai Harry, sentivo di capirlo profondamente. Non mi era
mai venuto in mente che si potesse sentire solo, nel suo mondo, quanto mi ci ero
sentito io nel mio. «Ci siamo» disse, indicando una stalla abbandonata oltre le rotaie.
L'edificio, verniciato di rosso, aveva visto giorni migliori. Mancavano assi sul
tetto e sulla fiancata, e per questo ricordava il sorriso sdentato di un bambino.
Varcammo la soglia. Mancava la porta, ma le travi di legno che formavano
l'intelaiatura della costruzione erano ancora intatte. Da un lato c'era un granaio vuoto,
dall'altro i ricoveri dei cavalli. Harry prese una lanterna a gas che pendeva da un
gancio e l'accese. Mi prese per mano e mi condusse verso un angolo. «Mi stai
portando nel granaio?» chiesi, timido. «Seguimi» disse. «Non aver paura. Non
mordono» disse, ridendo.
«Chi è che non morde?» chiesi. Immaginai una famiglia di vampiri nascosta nella
stalla. Magari erano suoi lontani parenti.
Strinsi disperatamente la sua mano mentre mi portava verso l'angolo dell'edificio
abbandonato. Due occhietti mi guardavano dall'ombra. Mi avvicinai e vidi che
appartenevano a una gatta grigia che allattava una cucciolata di micini candidi come la
neve, tra i quali, tutta sola, c'era un'unica gattina nera.
«È proprio come me!» esclamai. «Sapevo che ti sarebbe piaciuta.» «Non ho mai visto niente di più bello! Voglio portarla a casa con me» dissi,
inginocchiandomi e guardando i gattini.
«Li ho trovati ieri sera.» «Vuoi che la prenda?»
«Ormai è svezzata e la madre non può occuparsi di tutti i piccoli.»
Ci sedemmo uno accanto all'altra, ad ascoltare i cuccioli che facevano le fusa,
mentre la madre si addormentava. «Strano che non abbia soffiato» dissi. «Capisce che vogliamo aiutarla, non farle del male.» «Sei come il dottor Dolittle con i denti aguzzi,
tu.» Lui sorrise della mia battuta. «Allora la vuoi, la micina, o no?»
Annuii, entusiasto.
Harry sollevò tra le mani la minuscola gattina nera, che sembrava una pallina
di filo di lana. «Ecco, prendi» disse, allungando le mani verso di me. Mi ritrovai a
cullare il più piccolo gattino nero che avessi mai visto. Si leccò i baffi e mi guardò
come se volesse sorridermi.
«Posso davvero tenerla?»
«Volevo che tu avessi qualcosa per ricordarmi.» «Per ricordarti?» «Per farti
compagnia di giorno.» «È la cosa più dolce che tu potessi fare per me.» Guardai il
cucciolo, che ricambiava lo sguardo con i suoi occhietti verde acqua. «La chiamerò
Incubo.»

ℑ𝔩 𝔭𝔞𝔰𝔰𝔞𝔱𝔬 è 𝔱𝔬𝔯𝔫𝔞𝔱𝔬. Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora