28.

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"Buongiorno." Entro in cucina salutando la nonna e Noah.
Prendo dallo scaffale una bustina di thè, scaldo l'acqua e dopo butto la bustina dentro la tazza.

Guardo l'ora; ho ancora dieci minuti di tempo prima che passi l'autobus.
Bevo velocemente il thè e vado in bagno a truccarmi, se così si può dire visto che non amo mettere molto trucco. Di solito metto solo un po' di mascara.
Esco dal bagno e prendo lo zaino.
"A dopoo." Grido per farmi sentire dalla nonna e da Noah.

La fermata è davanti casa quindi sono anche fortunata visto che mancano solo due minuti.

Vedo in lontananza l'autobus, lo fermo.
Oggi non è tanto pieno.

Cinque minuti dopo sono davanti scuola; spero di trovare Matilde.
Sto in ansia da ieri per quella cosa che deve dirmi.

Non trovandola davanti al muretto, la chiamo e dopo due squilli risponde.

"Hey." Sembra stia piangendo.
"Maty, tutto bene?" Non risponde.
"Dove sei, Matilde?" Sento dei singhiozzi sempre più forti.
"In bagno." La voce le si spezza.
"Arrivo." Dico per poi chiudere la chiamata.

Mi dirigo verso il bagno.
Apro la porta e la trovo accovacciata: le ginocchia al petto, le mani che coprono il viso e i capelli tutti arruffati.

"Oh santo cielo..." Mi butto per terra e le prendo il viso tra le mani.
"Che succede?" Le asciugo le lacrime che continuano a cadere incessantemente.

"È successo di nu-ovo, Tes-sa! È succ-esso di nu-ovo." Dice singhiozzando.
"Cosa? Che cos'è successo di nuovo?" Dico con le lacrime agli occhi.
"Mio padre...mi ha picchiata ancora." Dice scoprendosi le braccia piene di lividi.

Mi si gela il sangue.

"Vieni." Le porgo la mano per aiutarla ad alzarsi.
Geme dal dolore.
"Dio, mi dispiace così tanto. Ti prendo una camomilla, cosí ti calmi un po' e se vuoi mi spieghi com'è successo. Va bene?"
Le sorrido.
Lei mi guarda e annuisce.

***

"Ecco quí." Dico porgendole la camomilla.
Poco prima ho avvertito il professore di quest'ora che Matilde non stava tanto bene. Fortunatamente mi ha permesso di stare con lei.

Ora siamo sedute nella sala dei professori.
C'è l'hanno concesso solo per quest'ora; di certo non potevamo gironzolare per la scuola.

"Come ti senti ora?" Le chiedo sorridendo.
"Meglio." Sorride anche lei.
"Se non sbaglio dovevo dirti una cosa." Alzo lo sguardo e punto i miei occhi nei suoi.
"Si, ti ascolto." Le sfioro la mano per darle sicurezza.

"Beh, non è facile. Forse sei l'unica persona a cui lo sto dicendo. L'unica amica che sa di questa cosa."
Si ferma un attimo e sospira.
"Alle medie venivo presa in giro, per il mio aspetto fisico, perché andavo male a scuola e perché non avevo abbastanza soldi per permettermi i soliti vestitini alla moda.
Tutti mi prendevano in giro insomma, finché un giorno una ragazza mi rivolse la parola e in men che non si dica diventammo amiche.
Passate le medie, io e la mia amica, decidemmo di frequentare lo stesso liceo: il classico.
In secondo superiore iniziai ad essere completamente ossessionata da lei, ero gelosa e non capivo neanche perché."

Mi guarda un secondo e poi sorride.

"Beh, taglio corto.
Da lì ho capito di essere lesbica.
Io e quella mia amica, alla fine, ci siamo messe insieme ed io ero al settimo cielo finché..."

"Finché?" Le chiedo.
Sta fissando il vuoto, il che mi preoccupa.

"Finché un giorno mio padre lo venne a sapere.
Mi trovó nel letto con lei, ci stavamo baciando e...e..."
Cerca di dire, ma la voce le si spezza.

"E da quel momento mio padre iniziò a picchiarmi. Mia madre non diceva nulla, anzi gli dava ragione. Su tutto.
Qualche settimana fa ci siamo trasferiti.
E ora sono quí..."
Ha le lacrime agli occhi.

"Dio santo, vieni quí."
Mi alzo e corro ad abbracciarla.
"Ti prego non dirlo a nessuno..."
Dice sussurrando, quasi faccio fatica a sentirla.
Per rassicurarla la stringo più forte.

"Penso dovresti denunciarlo, non può continuare così."
Le dico seria.
Lei abbassa lo sguardo.

"Lo so..."

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