Cap.18 Come un angelo

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Cerco di appiattirmi il più possibile al suolo per non essere scoperta. Sento i suoi passi farsi largo tra le foglie del giardino. Maledizione al mio cuore, batte così forte che ho paura che possa sentirmi. L'asciugamano è tutto sporco di terra e con esso tutti i miei capelli. Devo trovare il modo di rientrare in casa, recuperare la mia spada e aspettare Jace e gli altri. Nell'aria c'è un forte odore di rame e muffa. Demoni. Mi viene voglia di vomitare a contatto con le more selvatiche.

"Clary! Mi sono stancato di giocare!"sbraita Sebastian spaccando in due con un semplice calcio una parte della corteccia di un albero. Le schegge volano ovunque e il mio terrore sale sempre più. Chiudo gli occhi per un istante, fingendo che non sia successo niente, che io non l'abbia davvero schiaffeggiato e che ora non sia qui, svestita e nascosta in un giardino circondato al confine da demoni. Sogno di essere a casa, con Jace, Simon, Alec e Isabelle, ma purtroppo ora sono qui, e questo non è un sogno ma la realtà. Sto vivendo dentro un incubo terribile, da cui nonostante sia indissolubilmente coinvolta contro la mia stessa volontà, mi sento al tempo stesso irresistibilmente attratta.

E' come leggere un libro di cui non si riesce a smettere. Quel libro, sebbene sia come una droga che ti consuma ad ogni pagina, stipula inconsciamente con te un legame indissolubile da cui non puoi scappare. Ogni parola si imprime sulla tua pelle, senti l'inchiostro sviscerare nelle tue vene e bruci, vai a fuoco, bruciando dal desiderio di continuare, curiosa su come andrà a finire, nonostante gli infiniti segnali che ti spingono a mollare. Se da un lato volevo scappare e allontanarmi per sempre da lui, dall'altro non volevo che si spostasse di un solo centimetro.

Resto immobile nella mia postazione e quando le sento sempre più vicino, cerco di trattenere il fiato terrorizzata. E' una strana forma di terrore, quasi eccitante. Forse sto davvero impazzendo in questo posto. Lo sento avvicinarsi e poi un rumore dalla parte opposta cattura la sua attenzione e lo sento allontanarsi. Resto ferma alla mia postazione fino a quando non mi sento abbastanza sicura a proseguire. Ad un tratto sento dei rumori in fondo, quasi grida e poi colpi di combattimento. Svelta approfittando di quella distrazione mi precipito verso il luogo in cui mi era caduta a terra la spada. Quando arrivo il manico della lama angelica è ancora li buttato a terra. Lo raccolgo e senza voltarmi indietro salgo sul portico di casa, scavalcando a due a due quei gradini. La porta è ancora aperta ed entro barricandola. Di orsa mi precipito al piano di sopra alla ricerca del mio stilo. Una volta nella stanza, scavalco la porta buttata a terra e afferro i primi vestiti che trovo. Mi infilo i pantaloncini bianchi e la maglia verde scuro che era buttata a terra accanto al letto. Non ho tempo per pulirmi e poco mi interessa onestamente se sono più sporca di prima. Senza perdere tempo, con il cuore in agitazione e le mani in continua fase di sudorazione, apro la mia borsa e mi metto alla ricerca dello stilo. Una volta trovato nella tasca interna sul lato destro, volo letteralmente al piano di sotto. Mentre scendo le scale lo vedo correre come una furia in direzione della casa. Accidenti!

MI aggrappo alla ringhiera della scalinata e salto giù atterrando con naturalezza. Fortunatamente riesco a raggiungere la porta, ma appena traccio le prime linee di una runa di protezione lo sento fare pressione sulla porta che con un forte scossone, quasi non mi colpisce in faccia. Con tutta la forza che ho cerco di richiuderla e stringendo i denti e lo stilo nel palmo della mano, traccio le ultime linee. La runa è finalmente completata e la porta si sigilla, diventando impenetrabile agli attacchi di Sebastian.

"CLARY!"lo sento urlare da dietro la porta. "APRI!"continua. Finalmente posso respirare. Sono salva. Appoggio le mani sul legno accanto alla runa e lentamente mi volto di spalle scivolando a terra.

Lo sento urlare, gridare, prendere a pugni e a calci la porta, ma la runa resiste. Sento questo nervosismo frenetico farsi spazio nel mio stomaco. La luna che irrompe dalla finestra forma un cerchio perfettamente sferico sul pavimento del centro della sala.

"CLARY! CLARY! CLARY!" non penso di aver mai odiato così tanto il mio nome. Delle nuvole insidiose nascondono la luna, privandomi di quel barlume di speranza che divampava in me. E mentre l'oscurità prende il sopravvento della stanza, anche la mia mente pare abbandonarsi a un tale sentimento e lentamente sprofondo anche io nell'oblio e quel nodo che avevo in gola sale sempre più in su fino a trasformarsi in un frenetico singhiozzo che pulsa nelle tempie e fa bruciare gli occhi. Ancora prima che me ne rendessi conto, inizio a piangere sempre più forte.

"Clary ti prego"e all'improvviso le sue urla si attenuano. Trattengo i singhiozzi per ascoltare cosa ha da dire.

"Ti prego. Non lasciarmi fuori anche tu" continua. Il palmo della mia mano si muove automaticamente verso la mia bocca per calmare la sensazione di panico

"Ti prego. Non lasciarmi qui. NON LASCIARMI FUORI!" questa volta urla. So che non si riferisce a restare una notte all'aperto, ma non vuole semplicemente restare fuori dalla mia vita. E io voglio restare fuori dalla sua?

"Ti prego ... ti prego" e lentamente quel sussurro diventa un sospiro, un sospiro confuso che nel chiarore della luna piena perde la sua importanza. E' come la verità, fa male ogni volta con cui ne si viene a contatto, ma poi ti fa star bene, ti fa sentire bene. Tu stai bene.

"Se-sebastian"provo a sussurrare tremante scuotendo la testa. Non posso essere così idiota da continuare a restare con un tipo del genere. Eppure è stato così gentile con me fino a che non abbiamo aperto l'argomento Jace.

"Ti prego Clary. Io ... sei tutta la mia famiglia, tutto quello che mi resta, ti prego"

Provo con le mani a coprirmi le orecchie per non sentirlo, perché anche solo la sua voce, rende tutto più terribile e insopportabile.

"Clary io ti amo"sussurra quando la quiete aveva fatto padrona la notte. Ero con le braccia e la testa appoggiate sulle ginocchia quando sentii quella frase. Non ricordo che me l'avesse detta mai ultimamente. Fu come una lancia inflitta in fondo al cuore, che andava ad allargare la ferita che si era formata. Sollevo appena lo sguardo e una luce viola irrompe nella stanza. LA sua luce è così brillante che a confronto le stelle svaniscono dietro le nuvole per la vergogna. Quasi non mi acceca e sono costretta a distogliere lo sguardo, ma scatto quando sento qualcosa sfiorarmi la pelle.

Vestito nero, capelli arruffati, pelle bianca e guance arrossate. Si presentò a me come il mio angelo, il mio salvatore, e in un attimo, la sua forza e tutta la sua bellezza si fecero spazio nella mia mente donandomi una splendida sensazione di sollievo.

Non credo di aver mai apprezzato così tante qualità in Alec Lightwood prima d'ora in vita mia.

Schiava di un DemoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora